Frecciate di Amendola ai compagni del partito

Frecciate di Amendola ai compagni del partito Ieri in un convegno alle Frattocchie Frecciate di Amendola ai compagni del partito i poggio di Berlinguer. A quan (Nostro servìzio particolare) Roma, 19 dicembre. Per un pei che si prepara alle sue imminenti battaglie come «partito di lotta e di governo», anche una celebrazione di un illustre dirigente scomparso può servire come momento di autocritica e di riflessione. Stamane, alle Frattocchie, scuola del pei, Giorgio Amendola ha chiuso il seminario sull'opera e il pensiero di Mario Alicata nella costruzione del partito nuovo. Lo ha fatto alla sua maniera e chi si attendeva un qualcosa tra il formale e il celebrativo è rimasto servito a dovere. Non solo Amendola non ha messo «parrucche» sul cranio dell'amico scomparso, ma ha approfittato della rievocazione per raccontare, in un paio d'ore, la storia del pei tra il '45 e il '60 in un modo così brillante e spregiudicato da togliere a chiunque qualsiasi velleità di confronto. Seduto tra Reichlin, Tortorella e Salinari, davanti a una platea di militanti, Amendola ha acceso un «fuoco d'artificio» per ognuno degli argomenti trattati, sullo sfondo, sempre ben presente, della sua grande preparazione storico-politica e di tanti ricordi vissuti da protagonista. «Posso non trovare molte difficoltà a riconoscere i miei errori di 30 anni or sono. Ma, certo, è più difficile fare l'autocritica per gli errori di oggi, a meno che non ci convincano che siano veramente tali». Lo ha detto in tono quasi scherzoso, ma il riferimento all'ormai famoso comitato centrale dell'ottobre scorso dove scoppiò il suo dissenso con Longo è più che evidente. Si è sempre detto che Amendola ne uscì vincitore, grazie anche all'ap- to pare, non sembra sia anda-1 ta proprio così. | I suoi rapporti con Alica-1 ta? « Eravamo grandi amici una amicizia che non impe diva che i contrasti tra di noi fossero esplosivi. Quando cominciavamo a litigare, i nostri collaboratori prudentemente sgattaiolavano via. Quando ritornavano, ci trovavano già d'accordo, pronti a criticare la loro vigliaccheria ». Gli errori del pei? « Ce ne sono stati tanti. Il più grave, negli ultimi 30 anni, è stato quello di non aver subito afferrato il carattere e la grandezza del processo di espansione monopolistica che si andava delineando all'inizio degli Anni Ciquanta, dopo la legge-truffa ». Il grande contrasto, nel '59, 1 tra i sostenitori del rinnova| mento del pei (il partito nuo1 vo di Togliatti) e il gruppo della vecchia guardia di Secchia? « Fu un contrasto gravissimo. Io dovetti lasciare la commissione organizzativa e suggerii a Togliatti, in un momento difficile, di mettere al mio posto un uomo molto preparato, che si chiamava Enrico Berlinguer ». Per Amendola, i leaders del pei di oggi sono forse un po' tutti suoi figli. « La regola — ha detto stamane — è di non formare correnti, ma di portare sempre il dissenso a forme decifrabili. Niente diplomatizzazione del partito! L'allargamento della partecipazione non deve mai soffocare il dissenso ». 1. g- Ciorgio Amendola: un intervento polemico

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