Stampa, radio-tv e cinema tre carte da giocare nel '77 di Antonio Ghirelli

Stampa, radio-tv e cinema tre carte da giocare nel '77 Come il mondo delle comunicazioni dovrà uscire dalla crisi Stampa, radio-tv e cinema tre carte da giocare nel '77 I giornali in attesa di una legge - Le onde libere vaganti - Trionfano invece i film « kolossal » Roma, 19 dicembre. Nella crisi generale del Paese, il 1976 ha ritagliato una crisi particolarmente grave che è quella dell'informazione. Stampa scritta, radio e televisione, cinema sono arrivati, ciascuno a suo modo, ad una stretta: o ritrovano, nel '77, un adeguato respiro o restano impantanati per un mucchio di tempo, con una perdita secca in termini di libertà e di cultura per tutti gli italiani. Se n'è già discusso su queste colonne ma da allora le cose non hanno fatto che peggiorare. Vediamo, per settori, a che punto siamo arrivati: STAMPA — Il governo ha negato l'aumento di prezzo, promettendo in cambio una legge che il sottosegretario Arnaud sta ancora studiando. Anche i partiti e le federazioni interessate sono al lavoro. Intanto però i costi, compresi quelli imputabili alla pubblica amministrazione (come le spese di trasporto), continuano a salire e le testate in apnea si moltiplicano. In Lombardia Brescia oggi si è salvato (e bene) con l'autogestione, come II Telegrafo di Livorno e (meno bene) Tuttoquotidiano di Cagliari: fatto sta che questa formula funziona solo in casi specialissimi, per taluni giornali locali. Gravi difficoltà si profilano per un grosso impianto tipografico, la Same di Milano. In Liguria, a parte i giornali dei Fassio. Il Mercantile e II Lavoro sono nei guai fino al collo. A Roma non si hanno più notizie del Giornale d'Italia e se ne hanno di poco tranquillizzanti per Paese Sera, il cui editore ha troncato le trattative con Carlo Caracciolo. Tutta la catena dei giornali di Monti rischia di naufragare o di essere inghiottita da Rizzoli, perché pare che il petroliere romagnolo tenda a sganciare dall'Italia le sue aziende. Le vicende del Mattino, uno dei primi dieci quotidiani nazionali, sono note: redattori e tipografi respingono il piano di drastico ridimensionamento che Rizzoli e la de vorrebbero imporre. I lavoratori del gruppo sono in lotta anche contro la conferma del vecchio direttore, che giudicano legato ad una certa corrente del partito di maggioranza relativa, proprio la più compromessa nel malgoverno della città. Tutti gli altri quotidiani o quasi hanno il bilancio in rosso; quelli della sera boccheggiano. A salvarci dalla catastrofe arriverebbe una legge sulla concessione a titolo gratuito da parte del governo della carta per le prime otto pagine, sulla chiusura anticipata alle ore 24, sulla trasparenza dei bilanci e sull'accertamento della proprietà, su altre facilitazioni, per esempio relativamente ai trasporti. Ma sarebbe pure necessario un accordo tra le categorie interessate in ordine all'ammodernamento tecnologico degli impianti e alla moltiplicazione dei punti di vendita; argomenti spinosissimi per le implicazioni negative sui livelli occupazionali e sui pioventi degli edicolanti. Bisogna trovare molto coraggio e molto realismo per affrontarli. RADIO TELEVISIONE — Dopo la sentenza della Corte costituzionale, le emittenti locali si sono moltiplicate come microbi: 900 radio libere, ol- tre 60 stazioni tv. In realtà gli aspetti della questione vanno accuratamente distinti. Per le stazioni radio esiste solo un'esigenza di sistemazione legislativa, soprattutto per il lavoro dipendente, ma in linea di massima non si profilano grossi problemi politici. Per le tv locali, il quiz fondamentale riguarda la reale disponibilità di frequenze e quindi, successivamente, la loro ripartizione secondo criteri di equità non ancora fissati né chiari. La Federazione editori ha proposto di assegnare un certo numero di tele-emittenti locali alle redazioni dei giornali, specialmente quelli della sera: una maniera di risolvere, indirettamente, la crisi della stampa scritta. La Federazione dei giornalisti non si dice contraria in linea di principio, ma vuole vederci chiaro per evitare che la minaccia della concentrazione delle testate, tangibile nel campo dei quotidiani, si estenda anche alla televisione privata. Ancor più inquietante, per l'editoria, la prospettiva di Iuna diffusione delle cosiddet- te tv estere; Montecarlo, che funziona già; Tele-Malta, che potrebbe funzionare presto; Tele-San Marino, che sta per nascere. I « privatizzatori che contano sull'appoggio del ministro Vittorino Colombo, sostengono che ogni limitazione è liberticida; i paladini del monopolio considerano queste emittenti due volte fuori legge: perché trasmettono su tutto il territorio nazionale e perché rastrellano pubblicità attraverso quella che in pratica è una fuga di capi- j tali. La battaglia non sarà né breve né incruenta, anche perché i satelliti artificiali potrebbero entro brevissimo tempo rivoluzionare tutto. CINEMA — Come è emerso anche dall'assemblea romana di ieri si riscontra una crisi di spettatori, di idee e di strutture. Nel '76 si è lamentata una perdita secca del 30 per cento negli spettatori e per giunta gli incassi si sono concentrati su pochi film di prima visione. Anche qui si invoca una legge di riforma che dovrebbe incidere soprattutto sulla distribuzione: ricostruire il circuito statale delle sale, intreccirndolo con i circuiti di base, in modo da garantire una vivace dialettica del mercato e quindi delle idee. A destra si saluta con piacere il trionfo del kolossal e della produzione americana; a sinistra si paventa una riforma elaborata in chiave di compromesso storico, che imporrebbe un unico «modello culturale» liquidando ogni tipo di esperimento ed ogni forma di effettivo pluralismo. Stampa, radiotelevisione e cinema: tre carte che si giocano tutte nel '77; tre scommesse decisive per il futuro della nostra democrazia. Teniamo gli occhi bene aperti. Antonio Ghirelli

Persone citate: Carlo Caracciolo, Fassio, Vittorino Colombo