L'ITALIA CONGELATA di Mario Salvatorelli

L'ITALIA CONGELATA Cos'è lo " sviluppo zero „ L'ITALIA CONGELATA Il governo afferma che lo «sviluppo zero» è una necessità, per eliminare il disavanzo dei nostri conti con l'estero e contenere all'interno l'aumento dei prezzi. Questa dichiarazione di emergenza, di stato di necessità, cade sotto un fuoco incrociato di critiche. Da una parte i sindacalisti, come Giorgio Benvenuto, e gl'industriali, come il condirettore generale della Confindustria, come Alfredo Solustri, accusano questa politica di follia suicida; dall'altra alcuni economisti, come Paolo Sylos Labini, non si nascondono che, al punto in cui stanno le cose, lo «sviluppo zero» potrebbe anche essere un obiettivo ambizioso. C'è da temere, e da evitare, uno sviluppo «sottozero», un passo indietro, come nel 1975, quando il prodotto nazionale italiano, in termini reali, cioè al netto dell'inflazione, scese del 3,7 per cento. Che cos'è dunque questo «sviluppo zero» che dovrebbe caratterizzare, nell'ipotesi intermedia, quindi migliore — se è vero che l'ideale sta nel mezzo — l'economia italiana nel nuovo, e ormai prossimo anno? In parole povere, grossolane, quelle che fanno inorridire gli economisti, «sviluppo zero» significa che nel 1977 il prodotto nazionale italiano rimarrà fermo sui livelli del 1976. Potrà esserci un aumento in lire correnti, quelle che corrono con i prezzi, ma al netto del tasso d'inflazione il prodotto nazionale rimarrà al li vello del 1976. Un esempio per tutti: se il mio stipendio passa da 100 a 120 lire (al minuto, all'ora, al giorno, non ha importanza, questo dipende da quello che uno guadagna, ma il discorso non cambia), e nello stesso periodo il costo della vita sale da 100 a 120, il mio stipendio è aumentato solo in lire, ma nella realtà è fermo al punto di prima. Così sarà, lo dice il governo, per il prodotto nazionale nel 1977: potrà salire solo di quanto saliranno i prezzi, ma come aumento effettivo, come sviluppo, «zero». Il motivo di questo «congelamento» si basa soprattutto nel rapporto tra prodotto nazionale e conti con l'estero. I «modelli econometrici», cioè i moduli costruiti applicando all'economia la matematica e i calcoli statistici e cercando di calarvi dentro la realtà, hanno stabilito che ad ogni punto percentuale di aumento del reddito nazionale corrispondono, oggi come oggi, almeno 500 miliardi di lire di disavanzo della nostra bilancia dei pagamenti (perché aumentano produzione e consumi, quindi le importazioni, più di quanto non possano salire le esportazioni). La nostra bilancia dei pagamenti chiuderà quest'anno con un disavanzo di oltre 2000 miliardi di lire, mentre il nostro prodotto nazionale registrerà un aumento reale del 4,5 per cento. Ergo: per riportare in equilibrio i conti con l'estero è necessario «azzerare» l'aumento del prodotto nazionale, cioè occorre ripiegare sullo sviluppo zero. C'è da rimanere scettici su questo collegamento stretto tra conti con l'estero e sviluppo, quando si pensa che per tutti gli Anni Cinquanta e buona parte dei Sessanta il reddito dell'Italia ha avuto un incremento medio annuo reale di oltre il 6 per cento, e la bilancia dei pagamenti, salvo rarissime eccezioni, ha chiuso sempre in attivo. Forse, allora, il collegamento tra reddito e conti con l'estero è diverso, non è tanto legato all'aumento del prodotto quanto all'andamento dei prezzi, alla produttività (rapporto tra occupati e volume della produzione di beni e di servizi), al comportamento dei capitali, ma anche degli individui. Solo così si spiega il fatto che in altri Paesi, in «tutti» gli altri Paesi nostri concorrenti, che fanno parte del gruppo di testa al quale, almeno fino ad oggi, anche noi apparteniamo, è previsto per l'anno prossimo un aumento del prodotto nazionale, partendo da un livello di produzione e di consumi interni già assai più alto che il nostro, e per essi la trappola della bilancia dei pagamenti non scatta a troncarne lo slancio. E' previsto, infatti, almeno per quanto riguarda i primi mesi del 1977 (secondo uno studio dell'Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici), che il reddito na¬ zionale aumenterà di oltre il 7 per cento in Giappone, del 4-5 per cento nella Germania Occidentale e in Francia, forse del 3 per cento anche in Gran Bretagna. E negli Stati Uniti, una economia che già vale 1500 miliardi di dollari l'anno (contro la nostra da 160 miliardi, un rapporto da 9 a 1, mentre per popolazione è di circa 4 a 1) negli Usa, dicevamo, si prevede un aumento del 6 per cento. E noi? Noi stiamo a guardare, arroccati nella difesa dello «zero», quindi degli attuali, bassi livelli di occupazione, d'investimenti, anche di consumi. Con il pericolo che succeda come nelle partite di calcio, quando la squadra che applica la tattica dello «zero a zero» finisce per andare a — 1, magari all'ultimo minuto. Mario Salvatorelli

Persone citate: Alfredo Solustri, Giorgio Benvenuto, Paolo Sylos Labini

Luoghi citati: Francia, Germania Occidentale, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti, Usa