Nell'aula ventidue imputati (ma processata è la mafia) di Mario Bariona

Nell'aula ventidue imputati (ma processata è la mafia) Novara: in assise la banda che ha ucciso Cristina Mazzotti Nell'aula ventidue imputati (ma processata è la mafia) Domani si apre il dibattimento - C'è fra gli accusati chi cerca di scaricare il delitto su un'organizzazione del Nord, ma i fatti confermano: è l'anonima sequestri calabrese - Quanti sono i nomi che mancano ancora? (Dal nostro inviato speciale) Novara, 21 novembre. «... // gruppo calabrese, verosimilmente, costrinse Achille Gaetano a costituirsi affinché adombrasse una matrice "settentrionale" del sequestro... asserendo essere stata trattenuta al Nord ìa maggior parte del denaro del riscatto. La natura del comportamento del Gaetano è confermata dal rilievo che il Gaetano stesso non era personaggio tale da consegnarsi alla giustizia e confessare un delitio comportante una pesante pena detentiva per mero pentimento, o mancanza di mezzi per continuare la latitanza» si legge nella sentenza di rinvio a giudizio del processo per il sequestro-omicidio di Cristina Mazzotti. 11 processo di Novara si apre martedì mattina. Al di là della ricerca di giustizia per Cristina, è un procedimento direttamente contro la mafia calabrese, che regge i fili dell'Anonima sequestri. Il ramo settentrionale della banda, la manovalanza formata da ex contrabbandieri e ladri di Tir, gli Angelini, i Milan e i Ballinari non contano molto se non per quanto di feroce hanno fatto alla povera ragazza. I maggiori responsabili restano però quelli che ruotano intorno alle «famiglie» calabresi di Lamezia Terme, di Gizeria, di Sant'Eufemia Lamezia, di Locri, di Gioiosa Ionica, di San Luca. Questa è la parte della «storia» che va approfondita. Non ci sono dubbi sulla matrice ma- fiosa che trova almeno cinque i conferme. 1) Il «processo mafioso» a Giuliano Angelini che si svolge la notte del 7 agosto in un uliveto di Lamezia Terme, presidente quell'Antonino Giacobbe il cui arresto determinerà il primo segno di allarme reale nell'organizzazione mafiosa. L'Angelini era andato in Calabria per ritirare la parte di riscatto che toccava alla manovalanza del Nord. Pagina 50 dell'ordinanza: «Giunsero a bordo dì diverse autovetture numerose altre per¬ sone (sette-otto) che Franco gli disse far parie dell'organizzazio- ne. Fra queste si evidenziava per importanza un gruppo di quattro individui, uno dei quali suc- cessivamente riconosciuto per i Giacobbe Antonino. Con essi il Gattini (suo luogotenente), cui | in precedenza l'Angelini aveva i spiegato le circostanze della morte della Mazzotti, parlò per un certo tempo. Intanto l'Angelini si teneva a distanza e anche gli altri astanti parevano limitarsi ad osservare la scena, finché il Gattini fece avvicinare e presentò l'Angelini come colui che aveva provveduto alla custodia dell'ostaggio. All'Angelini venne addebitato di non aver voluto proseguire la custodia fino al termine fissato dai calabresi, di avere cagionato la morte della giovane e in sostanza, di averli costretti ad accontentarsi di un riscatto inferiore. Fra l altro, per imporgli il silenzio su tutta la vicenda, uno degli appartenenti al gruppo abbracciò l'Angelini e gli disse, indicandogli uno scavo nel terreno: «Bravo ragazzo, stai zitto, altrimenti potresti finire in quella buca"». 2) L'alibi di Antonino Giacobbe, per cui si dovette «arrestare per qualche ora» il medico del manicomio di Girifalco, Vittorio Passafari, prima di strappargli l'ammissione che l'alibi era falso («conosceva da oltre trent'anni l'imputato suo compaesano»). Scrive il giudice: «Il prevenuto era riverito, salutato e favorito in ogni maniera nell'ambito ospedaliero da sanitari infermieri e subalterni». Poteva entrare e uscire a piacimento e «tutti, portinai e infermieri, lo lasciavano circolare liberamente; era da tutti temuto e non aveva bisogno di esibire permessi». L'alibi secondo il giudice era una precauzione legata al fatto che «la situazione stava facen dosi pericolosa»: «Dal Nord giungevano sempre più allarmanti notizie sulle condizioni della Mazzotti che i carcerieri ritenevano sin dal 22 luglio "in pericolo di vita". E allora, "nel momento in cui sorgevano gravi difficoltà per l'organizzazione, in cui prendeva consistenza il rischio della morte dell'ostaggio e divenivano scarse le possibilità di un accordo immediato sul riscatto, l'imputato, uno dei capi dell'associazione, decise di inviare al Nord un suo uomo fidaio (il Gattini) per prendere in mano la situazione e si precostituì un alibi con il ricovero nel manicomio di Girifalco». 3) L'autoaccusa di Achille Gaetano, che il 12 settembre, prima di costituirsi, braccato dalla polizia e dai carabinieri di , I "}ezza l'alia si concede il lusso di una «conferenza stampa» in I un uliveto di Gizeria Lido. Presenta un testo scritto che è la ' versione mafiosa del sequestroomicidio di Cristina, e tende a riportare a Nord l'intera inchiesta. Per proteggere chi rischia l'ergastolo Achille Gaetano? 4) Il perfetto riciclaggio del denaro sporco del riscatto di Cristina. Si recuperano soltanto 127 milioni del miliardo e 50 milioni pagati dalla famiglia. Chi è il tecnico del «riciclaggio»? Quanti imputati non identificati mancano a questo prò? cesso 5) Il misterioso episodio rap I presentato àaM'injortunio occor- so all'ex capo della mobile di Novara Aldo Madia che all'epoca dell'inchiesta era impegnato a scavare a fondo nel marcio dell'Anonima sequestri. Un ex carcerato, Silvano Villa di 28 anni, racconta ai carabinieri che due fratelli di Palmi, Antonio e Umberto Sbordone, gli avrebbero proposto un «lavoro sporco»: pilotare un auto con a bordo un uomo che avrebbe collocato un ordigno esplosivo nella caserma dei carabinieri di Arona. In quella occasione sarebbe giunto in casa degli Sbordone, l'ex dirigente della «Mobile», Madia, con un pacco contenente sei bombe a mano. Il Villa, secondo il racconto fatto ai carabinieri. non avrebbe accettato ed avrebbe riportato il pacco con le bombe all'ex dirigente della «Mobile». In seguito alla misteriosa faccenda sulla quale non è stata fatta completamente luce il dottor Madia veniva inviato in missione alla questura di Torino. Mario Bariona bb Ahill Novara. Antonino Giacobbe e Achille Gaetano, due degli imputati al processo (Ansa) l' ll