Graziani-Bettega allo specchio di Angelo Caroli

Graziani-Bettega allo specchio Graziani-Bettega allo specchio (Dal nostro inviato speciale) Fiuggi, 14 novembre. Il fango di Prosinone, appiccicoso ed infido, la pioggia ininterrotta caduta sull'allenamento azzurro di ieri, non hanno messo a disagio l'elegante manovra di Graziani e Bettega. Siamo molto prossimi al perfezionismo tattico, ad un'automazione di movimenti disinvolta, briosa, potente e tempestiva. Graziani e Bettega sono le nostre speranze e confortano i responsabili tecnici Bernardini e Bearzot, i quali, ieri al termine dell'ultimo test in Ciociaria, trasudavano soddisfazione. Don Revie, dall'Inghilterra, invia frattanto il suo messaggio antipatico, fatto di lagnanze, ormai stantie, sul gioco italiano ritenuto intimidatorio e violento, avaro e brutale. Però, il d. t. inglese ammette di temere i nostri due attaccanti. Nascono perciò le responsabilità, preoccupazioni, ansie nei due cugini torinesi, solleciti però anche nel percepire questo clima di sano entusiasmo che si sta creando attorno a loro. Graziani affronta l'argomento volentieri, come gli servisse di alleggerimento per la coscienza o per eliminare i sedimenti di una tensione nervosa comprensibile. Sorride, occhi che luccicano come due gocce d'acqua, il centrattacco di Subiaco mette a fuoco la situazione: « Non è giusto far ricadere ogni fardello su Bettega e sul sottoscritto. Meriti e demeriti vanno divisi in undicesimi; io rendo se i compagni ren¬ dono. Non esistono, nel calcio, fortune isolate; c'è una sorla di reazione a catena. Che poi ognuno debba assumersi precise responsabilità, mi pare ovvio. Don Revie ci stima? Grazie a Don Revie. Credo però che conosca meglio Bettega. Deve averlo visto tre o quattro volte. Però, ripeto, l'Italia non si riassume in Bettega e Graziani. Dobbiamo esprimere un collettivo che ci metta in condizione di emergere in campo internazionale in futuro». — Lei, a New York, mise a segno un doppietto, inutile per la Nazionale, ma molto significativo per le statistiche di Graziani. « Certo, e conto di fare il bis. Senza presunzione. E aggiungo che quella sconfitta ci servì tanto. Capimmo, all'indomani, che con gl'inglesi non hai mai vinto se non al novantesimo miuto. Vorrei aggiugere una cosa: Keegan, bravo ma molto ciarliero a quanto pare, sostiene che per l'Italia non c'è posto in Argentina. Io invidio questa sicurezza, però rispondo che in Argentina potrebbe anche non esserci posto per loro. A Roma possiamo batterli, a Londra possiamo pareggiare. Tragga lei le conclusioni... ». Roberto Bettega cammina a fianco del suo partner ed annuisce, in perfetta armonia d'idee. Percorriamo il lungo vialone principale di Fiuggi, in uno dei rari momenti di pausa che concede questo cielo sempre imbronciato, basso, piovoso, di una luce li¬ vida che mette tristezza. Bettega sviluppa i concetti di Graziani ed esordisce: « Attraversiamo un momento felice, la critica ed i tecnici ci elogiano e, in misura, crescono le responsabilità che noi non ••«.fiutiamo. Però, è superfluo aggiungere che siamo condizionati, nel bene e nel male, dalla squadra. Comunque, un po' di spavalderia da parte nostra non guasta! Tutti si aspettano molto da noi? Bene, cercheremo di dare molto ai tifosi azzurri. Però, attenzione, la partita, se la vinceremo, sarà vinta non soltanto da Graziani e da Bettega, ma da tutti. A Don Revie ed a Keegan vorrei non rispondere. Se sono sicuri, tanto meglio per loro. La sicurezza, però, a volte gioca brutti scherzi! ». — Lei, in base all'esperienza maturata contro le due squadre di Manchester, crede che gl'inglesi vi affronteranno a uomo oppure a zona? E ritiene il loro gioco duro oppure violento? « Fino alla trequarti di campo controllano a zona, poi passano ad un più attento pressing, soprattutto con i terzini d'ala e con la coppia centrale. Non sono violenti ma duri ed ostinati. Entrano in scivolate plateali, ma lo fanno in modo meno plateale del nostro, ecco perché riescono a crearsi alibi di correttezza. In quanto al risultato di mercoledì, diciamo che è giusto dilatare il problema. Parliamo di 180', cioè andata e ritorno: 50 per cento a noi ed il restante 50 per cento a loro ». Introspezione chiara, lucida, serena ed onesta. Niente sciatto qualunquismo, ma una laboriosa costruzione di concetti concreti, realizzabili già mercoledì all'Olimpico. Graziani e Bettega sono gli uomini più temuti dagli inglesi, Keegan e Channon gli elementi più rappresentativi di Don Revie. Quale tandem è da preferire? E quale dei due esprime maggior potenziale offensivo? Bernardini, che ieri pomeriggio a Frosinone aveva le lacrime agli occhi (per la felicità, s'intende) al momento di commentare la prova dei suoi arieti, aggiunge: « I due tandem sono diversi per costituzione. Keegan è un " nano " che toglie la palla ai giganti ed è pronto nel tiro e nell'impostazione. E' molto svelto. Channon invece è un falso centravanti, che costruisce per gli altri, ma è bravo a concludere egli stesso. Graziani e Bettega sono però un'altra cosa: è un lavoro sapiente il loro, una preparazione al gol efficace, calcolata e prepotente. La disinvoltura nel cercare e nel trovare la porta avversaria è stupefacente. Io preferisco i miei. La più bella coppia del mondo. E Don Revie mi fa sorridere quando ci consiglia di temere Keegan e Channon. Lui cosa deve fare pensando a Graziani e Bettega? Suicidarsi! ». Angelo Caroli