Drogata di gioielli

Drogata di gioielli Drogata di gioielli Monica Guerritore, protagonista giovanissima, secondo il regista Bolchi, si disintossica con l'amore ■ Partner, la promessa Giovanni Crippa (Nostro servizio particolare) Roma, 14 novembre. Sandro Bolchi — Sandrino per gli amici — sta facendo le valigie per Alba, dove resterà fino a Natale per girarvi «La paga del sabato», tratto dal romanzo omonimo di Beppe Fenoglio. E' la prima volta che Fenoglio appare in tv. Le trattative con la famiglia Fenoglio, gelosa custode della memoria del proprio congiunto, sono state lunghe e difficili. Alla fine il nome di Bolchi è sembrato la miglior garanzia per il rispetto dell'opera dello scrittore scomparso. Il telefilm è in tre puntate, andrà in onda a maggio, a colori. Racconta la storia di un partigiano tornato alla vita civile, il suo disadattamento, la sua nevrosi, il tentativo di trasformarsi in un bandito, la presa di coscienza, il ritorno alla vita di lavoro, la morte in un incidente banale. Bolchi, che si è appassionato al tema del reduce, girerà per sei settimane a Alba, a S. Stefano Belbo, in varie località delie Langhe, ma soprattutto nella casa di Fenoglio, sempre ad Alba, un piccolo museo ormai, che il Comune gli ha messo a disposizione. Gli attori saranno Lino Capolicchio (Ettore, il protagonista), Jenny Tamburi la sua ragazza, Mario Valgoig (Bianco, il capobanda ex partigiano), Gianna Piaz, Nino Pavése. Altre facce saranno scelte sul posto. Della troupe di Bolchi fanno parte, oltre l'operatore Giuliano Giustini, la figlia di Sandrino, Susanna Bolchi, che debutta come aiuto regista del padre. Più che di Fenoglio però, ancora tutto da fare, Bolchi preferisce parlare della sua Manon, comparsa sui teleschermi, che definisce «un romanzo da camera, con otto attori, tutto chiuso in una stanza (lo Studio 3 di Milano), un inferno alla Sartre, senza porte né finestre, da cui due ragazzi tentano la fuga. La fuga dal mondo degli adulti, delle convenzioni, del perbenismo». I due ragazzi sono Monica Guerritore e Giovanni Crippa. «Lei, un mostro di bravura, una bestia teatrale, di una prepotenza animalesca, che corre l'unico pericolo, forse, di fidarsi troppo delle sue qualità naturali. Ma, indubbiamente, la giovane attrice di maggior talento di questi ultimi anni. Lui, Giovanni Crippa (Des Grieux), tutto il contrario: un ragazzo che arriva attraverso il ragionamento, lo studio accanitissimo, una specie di freddezza che però sa sciogliere: quindi, due personaggi che si compensano molto bene». Com'è questa Manon? «La via più semplice forse era quella del melodramma. L'italiano medio al nome dì Manon rievoca subito l'acuto, le trine morbide, Massenet, Puccini. E invece, niente di tutto questo. Parole scarne, musiche dei Pink Floyd, uno straordinario complesso pop americano. La vicenda è quella di un'iniziazione: la storia di una ragazza soave e perfida, Manon, che riesce a iniziare un suo coetaneo a una specie di easy rider, una fuga su questa motocicletta truccata da carrozza che è un po' il lo ro veicolo trainante». Si recita in crinolina o in abiti moderni? «Gli abiti sono del 700, ma non c'è grande sartorìa, né tutto quel bric à brae che accompagna di solito queste operazioni pompose. La ricerca è piuttosto sui personaggi, e ovviamente sul personaggio di lei: una fanciulla che si droga di gioielli, che ha bisogno di smeraldi come dell'e roma. E poi, quando è sazia e prova bisogno di disintossicarsi, torna dal suo ragazzo povero». Ci sono scene audaci in questa Manon televisiva? «Tutti gli amplessi di Manon non li vediamo. Assistiamo invece alla presenza reiterata di un orrido vegliardo, pieno di colesterolo e con altissima azotemia (Gigi Ballista), che è un po' il compendio dell'animale uomo, questa bestia vecchia e logora». Fabrizio Del Dorigo pcdqbduCcrtuppM Il regista Sandro Bolchi e la sua giovanissima « Manon »: Monica Guerritore

Luoghi citati: Alba, Milano, Roma