Le «detenute femministe»

Le «detenute femministe» Donne radicali, questione femminile, diritti civili Le «detenute femministe» L'ultima sortila è clamorosa, in 1 perfetto stile radicale. La mattina di giovedì scorso, Emma Bonino e Adele Faccio si presentano alla porta delle «Murale», a Firenze. Vogliono far visita' al medico Conciani, incriminato per l'attività del Cisa e da mesi in attesa di giudizio. Sono parlamentari, possono entrare in cella. E vi si insediano. Quando l'imbarazzato secondino fa notare che il colloquio ha superato tutti i tempi della ragionevolezza, dichiarano di non voler uscire. La guardia forse pensa di non aver capito Ma a sera inoltrata, le due onorevoli insistono: non se ne andranno. C'è di che terrorizzare il secondino prima, il direttore del carcere poi: se le evasioni (per la porta principale, come talvolta accade) fanno paura, non meno preoccupante appare questa inattesa invasione. Che fare? Interviene il magistrato che infine deve ammettere: «Sono parlamentari, hanno diritto di entrare. Non è detto quanto possono restare lì. Stiano pure, se vogliono». L'obiettivo, ancora una volta, è raggiunto: con questa singolare iniziativa, s'intende sottolineare l'iniquità della carcerazione dei detenuti in attesa di giudizio non colpiti da mandato di cattura obbligatorio, che a volte si prolunga per anni, e chiedere l'immediata applicazione della riforma carceraria. Lo stesso giorno, intanto, a Napoli, nel corso di un polemico congresso, Adelaide Aglietta, 36 anni, torinese, diventa segretario del partito. E' la prima donna ad assumere questa carica, in tutta la storia dei nostri partiti. Dice: «Questa è la prova che tra i radicali c'è spazio politico per le donne, se si impegnano, perché il femminismo non si chiuda nel ghetto delle questioni particolari, ma affronti tutte le tematiche politiche». Una dichiarazione che potrebbe anche suonar nebulosa (e non piacere ad un certo femminismo che da anni accusa le «donne-politiche» di aver assunto cervello maschile e di sacrificare alla logica del potere i temi di fondo che riguardano la donna) se non provenisse da un partito sempre in prima linea — con metodi a volte contestabili, spesso contestati — sulle tematiche più specificamente femminili: divorzio come aborto, come contraccezione, come consultori, come diritto a una libera sessualità. Se non provenisse da un partito che, prima del 20 giugno, nella «Carta del'.e libertà» (che costituiva il suo programma) ha dedicato pagine e pagine ai «diritti delle donne». Se non provenisse, infine, dall'unico partito che rispecchia nella rappresentanza parlamentare la composizione dell'elettorato. Ma chi sono, effettivamente, le donne della «base» radicale? Difficile tracciarne un ritratto: si conoscono attraverso le manifestazioni, attraverso l'attività del Centro per la sterilizzazione e l'aborto, attraverso il lavoro del Movimento di liberazione, l'Mld. Numerosissime, giovani per lo più, e combattive, disposte alla resistenza passiva e ai digiuni, alle manifestazioni plateali, come alla provocazione degli slogan e della disobbedienza civile. Ciascuna sostanzialmente simile alla Bonino, appunto, e alla Faccio e alla Aglietta. Nate dai movimenti femministi più che dalla militanza in gruppi politici diversi, sono loro ad aver portato e a mantener viva nel partito la voce di una «maggioranza oppressa» qual è quella femminile. La battaglia sul divorzio e soprattutto quella — non ancora conclusa — sull'aborto sono note. Ma il loro programma è ben più complesso. Che cosa chiedono, in sostanza? «La donna — sostengono — è discriminata a tutti i livelli e non può uscire dal ruolo che la società patriarcale e la cultura maschile le impongono. Confinata nel ghetto domestico, partecipa marginalmente a un mondo del lavoro dove compiti e funzioni sono rigidamente separati per sesso». Individuato nella discriminazione sul lavoro, che la esclude dal ciclo produttivo, uno dei grandi ostacoli da abbattere per la liberazione della donna, la componente radicale femminile ha formulato dunque un programma in dieci punti che potrebbero trasformarsi in altrettanti articoli di legge e che — se accolto e attuato — potrebbe significare la rivoluzione. Il più importante (e certo il più utopistico) riguarda appunto «l'eguaglianza nelle opportunità tra i sessi nel lavoro». Prevede che «tutti i nuovi posti di lavoro, sia nel settore del pubblico impiego sia nell'impiego privato, per le aziende a più di cinque dipendenti, devono essere rigorosamente ripartiti a metà tra i due sessi, nei limiti delle candidature esistenti». Sulla stessa linea il «divieto di discriminazione tra i sessi nelle offerte di lavoro» secondo cui «in lutti gli avvisi che contengano offerte di lavoro è vietato fare riferimento al sesso del personale, salvo eccezioni autorizzale dal ministero». Parallelamente le donne radicali comunali (una o più lavanderiestirerie, una o più mense, uno o più asili nido aperti 24 ore per ogni quartiere), la parità negli assegni familiari e nel trattamento pensionistico, il divieto della discriminazione tra i sessi nelle scuole. Sulla scia dei recenti provvedimenti adottati in Svezia, poi, esigono che le facilitazioni previste dalla legge in materia di maternità vengano estese anche al padre e che le «scuole materne» si chiamino «scuole per l'infanzia» e prevedano l'impiego di uomini e non di personale esclusivamente femminile, come oggi avviene. Ma, se le tematiche per la liberazione della donna costituiscono una parte importante nel loro programma, le donne radicali non intendono — come sostiene la stessa Aglietta — limitarsi ad essa. E sono dunque in prima linea «nella difesa di tutti i diritti civili» anche quelli che sembrano non toccare direttamente la donna. La manifestazione di ieri a Firenze — cui le donne hanno partecipato numerose — può essere un esempio. Eleonora Bertolotto

Persone citate: Adelaide Aglietta, Adele Faccio, Aglietta, Bonino, Conciani, Eleonora Bertolotto, Emma Bonino

Luoghi citati: Firenze, Napoli, Svezia