Non sono contestatori i 200 vescovi assenti? di Filippo Pucci
Non sono contestatori i 200 vescovi assenti? I L'omelia del Papa al Convegno ecclesiale Non sono contestatori i 200 vescovi assenti? Roma, 31 ottobre. Non è «un torneo accademico» il convegno ecclesiale italiano riunito a Roma in questi giorni, ma espressione della «sorte stupenda e drammatica» della Chiesa, a tutti i livelli, di annunciare il Vangelo nella società profana che l'av- | volge, la stimola e la turba «con la sua vertiginosa e complessa evoluzione» che sembra mettere da parte il tema religioso «indebitamente giudicato superfluo, estraneo, ostile, superato per la vita moderna». Paolo VI così s'è espresso nell'omelia rivolta ai 1500 partecipanti al Convegno, nel corso della messa di questa mattina in San Pietro. Il pontefice, lanciando questo suo invito alla mobilitazione cattolica nel Paese, ha indicato il punto debole dell'umanità del nostro secolo nell'essere «inebriata per le sue conquiste, ma folle e stanca e miope nel suo rischioso cammino». Nel pomeriggio i convegni- \sti, riuniti per la seconda giornata di lavori nel Palazzo della Tecnica all'Eur, hanno ascoltato un lunga relazione del dott. Giuseppe De Rita, presidente del centro di ricerche sociologiche. Cinquantaquattro pagine dattiloscritte, poco meno di due ore di lettura. Il tema da lui affrontato è stato «Tensioni e speranze ! della società italiana di oggi». De Rita ha chiesto ai cattolici di ogni parte d'Italia di rendersi responsabili e coscienti, ad assumere anche singolarmente, nei rispettivi ambienti, movimento ed iniziativa, a non lasciarsi incapsulare in schemi altrui né tanto meno a lasciarsi andare ad un comodo «giuoco di rimessa». «Facendo i monaci delle cose e non i dottori delle ideologie, potremo creare consapevolezza collettiva di quanto la nostra società — ha affermato — sia difficile da capire e difficile da governare». Bisogna, a suo dire, avere «il vigore psichico ed il coraggio civile di sporcarsi le mani per di\stricare nel quotidiano gli squilibri, le tensioni, la contraddittorietà e l'ambiguità» e non agire come tanti cattolici che «hanno fatto dell'impegno sociale e politico un cinico tran tran dell'empirismo o del pragmatismo di potere» o di altri che «preferiscono le scelte di schieramento di impronta morale o emotiva», di altri ancora che «spingono per una riproposizione di valori non sempre incarnata nella realtà quotidiana del Paese o che ricercano e seguono diversi gonfaloni e stendardi di combattimento». E' parso così che De Rita disapprovi il conformismo dei cattolici italiani, sia che confluiscano nella de o nel pei o che accolgano le soluzioni dei problemi prospettate dall'opinione pubblica circostante. De Rita è stato chiaro e deciso: «Non dobbiamo aver paura della politica — ha affermato — se ad essa non diamo, per indulgenza o vizio, la dimensione puramente partitica e di unitarismo onnicomprensivo del potere: se infatti politica è operare nello spazio sociale e civile in cui tutti gli individui elaborano interessi ed idee, dibattono problemi, avanzano iniziative e proposte, prendono posizione, mobilitano o manifestano consensi e dissensi, allora si può dire tranquillamente che non spio noi cattolici, ma la stessa organizzazione ecclesiale ha diritto a far politica. Ha cioè il diritto di ispirare ed orientare la società e il suo sviluppo, in dialettica, e nel caso in conflitto, con le altre posizioni correnti nell'attuale momento». Non ha avuto alcun seguito apparente negli ambienti del convegno il rilievo fatto da alcuni giornali relativo all'assenza di circa duecento vescovi alle riunioni. Sono stati trattenuti nelle loro diocesi - è stato precisato da don Ceriotti, segretario della Cei — dagli impegni liturgici delle festività dei Santi e dei Defunti. L'arcivescovo di Milano, Card. Colombo, poi, non potrebbe disertare Milano per la festività di San Carlo Borromeo, quattro novembre. Nessuna perplessità, quindi, nessuna contestazione verso la riunione romana, ha affermato, mentre la generale partecipazione del laicato'cattolico ha trovato facilità nel «ponte festivo», che è stato, al contrario, per i vescovi, un impedimento. Filippo Pucci
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