Difendersi dalle brutte notizie
Difendersi dalle brutte notizie Difendersi dalle brutte notizie Brutta notizie all'uomo non gliene sono mai mancate. Anzi, il suo ingresso in questa valle non a caso detta di lacrime, parte proprio da una notizia che mi sembra addirittura pessima. Ve l'immaginate che faccia fecero Adamo ed Eva, beatamente a zonzo in quella specie di Hawaii ch'era il Paradiso It'rrestre, quando vennero a sapere che la pacchia era finita? « Da ora in poi, tu ti guadagnerai il pane col sudore della fronte e tu partorirai con dolore. Statemi bene ». Mica uno scherzo! Altro che aumento della benzina, blocco della scala mobile, rincaro postale, una tantum e via dicendo. Da quel primo annuncio le brutte notizie si susseguirono. L'elenco delle avversità, grandi e piccole, che l'uomo deve affrontare e superare per vivere, è praticamente inesauribile. E basta gettare un'occhiata in quella specie di « boite à surprise » ch'è il così detto tragico quotidiano, per constatare che le « brutte notizie ». in mezzo ai nostri innumerevoli nemici, hanno un posto rilevante. Sia che ci riguardino personalmente, sia che riflettano un malessere generale. Vaghe o precise. Assodate o ipotetiche. Ci arrivano da tutte le parti. Tutti i giorni. Strisciando, saltellando, rotolando, penetrando, malignamente, da tutte le fessure. Rapimenti, omicidi, rapine, violenze insensate, stupri, attentali, dirottamenti, disastri. Senza contare i rintocchi a martello della campana economica. Nazionale e mondiale. Moltiplicate dall'inarrestabile moltiplicarsi dei mezzi d'informazione (anche il progresso, come tutte le medaglie, ha il suo rovescio) ; rimbalzando dai quotidiani alla radio, dalla radio al video e dal video ai rotocalchi, le « brutte notizie » ci raggiungono, quotidianamente, dovunque e comunque. Caricandoci sul groppone, oltre ai nostri, anche i guai del nostro inguaiatissimo prossimo. Non obbligano, per esempio, noi squattrinati a immedesimarci, ora per ora, nelle ambasce del miliardario rapito da una banda di spietati ricattatori? Non ci coinvolgono, forse, con l'immaginazione, in una drammatica rapina di gioielli che non ci siamo mai sognati di possedere? Non ci sentiamo, di volta in volta, a seconda della brutta notizia di turno, dirottati, alluvionati, profughi e mitragliati? C'è poco da dire. Le « brutte notizie », un po' alla volta, diventano ossessive. Se non ci minacciano, addirittura, nella sopravvivenza, ci insidiano nel quieto vivere. Quindi, sono un nemico di più da cui difenderci. D'accordo. Ma come? Per i « nostalgici », nessun dubbio. Aveva ragione Mussolini. Il quale durante il suo (bruttissimo) ventennio, riparmiò agli italiani il fastidio delle « brutte notizie » proibendone, tout-court, la pubblicazione. Cosi che i suicidi si trasformarono in morti incidentali e gli omicidi in luttuosi disguidi. « Con il Duce e Farinacci - so' finiti li fattacci! » così cantavano gli squadristi romani, nel 1924, mentre Dumini e compagni massacravano Matteotti. Ma a dir la verità, non sono soltanto gli « orfani del Littorio » a essere convinti che certe » notiziacce ». per amor di patria e di popolo, andrebbero passate sotto silenzio. Molti rispettabili cittadini, che si autodefiniscono « benpensanti », sono del medesimo parere. « Dia retta a me! — mi diceva, giorni fa, Umberto C, gagliardo ottan tenne, generale d'Aviazione a riposo — Voi giornalisti, con la vostra smania d'informarla, la gente finite col deformarla! » e mi spiegò che, a suo giudizio, le « brutte notizie » andrebbero, se non proprio escluse, perlomeno ridotte ai minimissimi termini anche nei bollettini di guerra. Per non demoralizzare la truppa e non provocare altre... « brutte notizie ». « Quindi, lei, generale, nei bollettini ci metterebbe soltanto le buone notizie? ». « Certo! ». « Ma se poi, di buona notizia in buona notizia, si perde la guerra? ». « Voi giornalisti avete sempre voglia di scherzare! ». Secondo alcuni l'unica difesa è la casa. Anzi, la casa. Concepita come un tepido « bunker », eretto contro le gelide bufere del mondo. La sera, fatto l'appello, si chiude la porta, con tanto di ferro morto, e chi resta fuori, in balìa delle « brutte notizie », peggio per lui. Ma si tratta di una soluzione illusoria. Utopistica. E' possibile, oggi come oggi, immaginare una casa dove non entrino mai né quotidiani, né riviste? Sprovvista di televisore, di radio e, per massima precauzione, anche di telefono. Nella quale parenti ed amici (pochissimi e sceltissimi) vengano ammessi soltanto dopo aver giurato che parleranno solo del carnevale di Viareggio, di matrimoni giunti felicemente alle nozze d'oro e di padroni di casa favorevoli al blocco dei fitti. E' possibile? Direi di no. E allora? Se è impossibile tacerle, se è inutile minimizzarle, se non si può lasciarle fuori della porta, in che modo ci si può difendere da queste benedette (per modo di dire) « brutte notizie »? Cile volete che vi dica! Per me, l'unico modo è guardarle bene. Cercare di capire da dove saltano fuori e perché. Quindi (consentitemi una briciola di moralismo) darsi da fare, ciascuno come può, affinché diminuiscano di numero e diventino, possibilmente, un po' meno brutte. Gian Carlo Fusco
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