Guerra di navi nel Mediterraneo di Arrigo Petacco

Guerra di navi nel Mediterraneo Guerra di navi nel Mediterraneo Arrigo Petacco: >< Le battaglie navali del Mediterraneo nella seconda guerra mondiale», Mondadori, Milano, 1976, pag. 235, lire 5000. Il dilemma inglese nella guerra navale in Mediterraneo era: distanti da Malta 900 km, sia partendo da Gibilterra che da Alessandria, come possiamo tenere l'isola e spezzare il flusso dei trasporti fra l'Italia e l'Africa? Per gli italiani il problema fu inverso: come chiudere al nemico il canale di Sicilia e continuare a rifornire la Libia di armi, benzina, uomini? La risposta si ebbe con le battaglie di Punta Stilo, Capo Teulada e Matapan, con le incursioni della «notte di Taranto» e di Genova, con gli attacchi dei «maiali» alle basi di Suda, Gibilterra, Alessandria. Perché, poi, la vittoria premiò gli inglesi emerge chiaramente dall'analisi di queste battaglie, che Petacco ha ricostruito minuziosamente con documenti inediti, fotografie e nitidi grafici. Da parte britannica vi furono preparazione, tenacia, decisione e, sul piano tecnico, i preziosissimi apporti del radar e della macchina «Ultra» che decrittava i nostri messaggi in codice. La flotta italiana, che nel suo passato aveva solo la pagina nera di Lissa, fu condannata dall'inesperienza e dalla mancanza di programmazione: rifiutando le portaerei (affermava l'ammiraglio Cavagnari che «la marina italia¬ na rinuncia alle portaerei perché, come dice il Duce, tutta l'Italia è una portaerei») non seppe sostituirle con una rete di aeroporti nel Meridione e una strategia combinata fra marina e aviazione. La prima battaglia, quella di Punta Stilo, combattuta il 9 luglio 1940 davanti alla costa jonica della Calabria, è illuminante. I nostri aerei giunsero con due ore di ritardo e bombardarono a caso, colpendo anche navi amiche; malgrado la squadra di Cunningham fosse stata avvistata 30 ore prima dello scontro, mancò un agguato di aerosiluranti e, infine, l'estrema prudenza (per non dire altro) di Supermarina fece perdere l'occasione forse decisiva: le due squadre erano in parità ai forze (gli inglesi avevano la portaerei «Eagle» e noi la corazzata «Giulio Cesare») e se nello scontro fossero intervenute le supercorazzate «Littorio» e «Vittorio Veneto», che a Taranto, in previsione della battaglia, già avevano acceso i fuochi, gli inglesi avrebbero perso metà della flotta del Mediterraneo. Invece lo scontro finì, pur senza perdita di navi, con lo sganciamento della squadra italiana e con la «Giulio Cesare» raggiunta da un colpo di 381 sparato dall'eccezionale distanza di 24 km. Ha ragione Petacco quando, a commento di questa battaglia, scrive che essa rivelò subito «quanto poteva essere pericoloso il mancuto coordinamento fra le varie nostre armi ». Giuseppe Mayda

Persone citate: Cavagnari, Cunningham, Duce, Giuseppe Mayda, Lissa, Mondadori, Petacco, Suda