Come i romani maltrattano i monumenti di Raffaele La Capria

Come i romani maltrattano i monumenti Come i romani maltrattano i monumenti Roma, dicembre. A Roma c'è una doppia moralità nei confronti delle « antiche pietre ». C'è una moralità da sottosuolo per cui, con danni che non so ben calcolare, si sospendono per giorni e giorni i lavori della metropolitana (o di una fognatura) non appena scavando ci s'imbatte nel più Insignificante reperto archeologico. E poi c'è una moralità da superfìcie che trascura e maltratta i monumenti, riducendoli nelle condizioni pietose in cui li vediamo. E questo senza la minima considerazione non già di ciò che essi significano come opera d'arte o come memorie (che sarebbe pretender troppo), ma come pura e semplice fonte di reddito. Perché, dopotutto, se i turisti arrivano in frotte portando nelle casse dello Stato diversi miliardi di valuta estera (che, insieme con le rimesse degli emigranti, sono tra le maggiori entrate del nostro bilancio) ciò si deve in gran parte, appunto, ai monumenti. Qualche giorno fa, alla Minerva, nei pressi del Pantheon, erano parcheggiati una decina di mastodontici autobus turistici. Il povero elefantino di Bernini con l'obelisco sulla groppa, nel centro concavo della piazzetta, era completamente subissato dalla mole di quei dinosauri motorizzati, e i turisti faticavano parecchio a trovare uno spiraglio, tra un autobus e l'altro, per fotografarlo. Se gli stessi turisti inquinano con la loro pre- senza il campo d'azione che si sono riservato (non potrebbero girare a piedi, almeno?), noi certo non sfiguriamo! Sono pochi a Roma i monumenti godibili a colpo d'occhio. Sono tutti sciancati, bendati, puntellati: insomma se la passano male. E ora sono pure inverdoliti dall'ossido di rame, come l'Altare della Patria. In genere vengono usati come spartitraffico: vedi il Colosseo, ridotto a una gigantesca pedana da vigile. Ma possono servire da mercatino, vespasiano, deposito d'immondizie, luogo di convegno per coppiette improvvisate (o scippatori, ladri, pataccari). Sono anche convenienti come capolinea, zona di parcheggio, dormitorio, abitazione, cacatoio di piccioni o di cavalli da carrozza (guai a toccarli i cocchieri romani!) e, d'estate, come piscine per fare un bagno. Sono un ottimo supporto per la segnaletica stradale, per cartelloni, manifesti e, in periodo di campagna elettorale, per castelletti di tubi Innocenti con gigantografie e luminarie. Sono molto indicati per l'istallazione di cabine telefoniche, torrette del- | la polizia, antenne televisive ed altri accrocchi. E sono infine ricercatissimi dalle nuove generazioni per scriverci sopra, con effetto pubblicitario di sicura efficacia, emblemi, slogan e graffiti allo spray rosso o nero, indelebile. Il mezzo è il messaggio, si sa, e con la scelta del mezzo (il monumento) gli autori delle scritte forse vogliono dirci molto più di quanto ci dicono con le parole dell'ideologia. Una scritta sull'Arco di Tito o sull'Ara Pacis invece che sul solito muro anonimo: vuoi mettere? Ossame della Storia, carogne del « glorioso passato » in preda al formicaio, ecco cosa sono i monumenti. Sotto Natale, Piazza Navona è tutta occupata dalle caratteristiche baracchette dei venditori di giocattoli (intoccabili, anche loro, come i cocchieri). Chissà la gioia di chi è venuto con corone svedesi o con dollari americani per vedere soltanto la piazza! La piazza sarà invisibile fino all'Epifania. E dopo, quando le baracche saranno smontate, verranno gli ambulanti, i pittori espositori, i caricaturisti col cavalletto, i caldarrostai, i pallonari, gl'indovini, gli hippies con le pelletterie stese in mostra sul marciapiede e il sacco a pelo per la siesta. Anche sulle scale di Piazza di Spagna si può ammirare lo spettacolo. A dir la verità, il viaggiatore è avvertito appena scende alla Stazione Termini. Lì lo accoglie l'allegro esotico bailamme, la festosità disordinata e petulante, medioorientale, che ormai predomina nella Capitale del Nuovo Terzo Mondo in via di Sottosviluppo. Dirigendosi verso le chiese, le piazze e i monumenti, avvolto dal simpatico odore di escrementi cavallini (i cavalli sono le nostre vacche sacre), il viaggiatore ritroverà sempre intorno alle mura e gli archi e le colonne la stessa corte dei miracoli, il mercatino, il souk, il caravanserraglio, la fiera di paese e l'accampamento zingaresco. Quando la Sovrintendenza ai monumenti si occupa dei monumenti, allora viene il peggio. Di solito li affida a una Ditta, la Car Ben, i cui lavori sono più eterni della Città Eterna. Ho visto obelischi incappucciati per anni dalle implacabili impalcature di questa Ditta (quello del Pantheon, quello della Minerva, quello di Piazza del Popolo, che è tuttora ingabbiato...) e certo c'è voluto meno, molto meno, per estrarli in un solo blocco dalla roccia di provenienza, che per restaurarli. A volte viene il sospetto che i signori della Sovrintendenza siano discepoli di Christo, lo scultore, quello che imballava nel cellophane i monumenti per nasconderli e farcene così « sentire l'assenza » (visto che la presenza passava del tutto inosservata). In qualche modo l'effetto è stato raggiunto. Per esempio mi è stato nascosto per parecchi mesi il frontone del Pantheon, e ora che è venuto fuori dalle impalcature, fresco come una noce appena sgusciata dal mallo, me ne sono sentito davvero... gratificato. Attendo invece con impazienza la liberazione dell'obelisco di Piazza del Popolo, prigioniero da un anno e più. Sono certo che quando finalmente cadranno tutti i ceppi e le armature della Car Ben mi apparirà più insostituibile di prima, al centro della piazza, come un bel punto d'ammirazione! Raffaele La Capria

Persone citate: Bernini

Luoghi citati: Roma