Andreottì non pessimista sulla nostra difficile crisi

Andreottì non pessimista sulla nostra difficile crisi Rispondendo in tv alle domande di otto giornalisti Andreottì non pessimista sulla nostra difficile crisi I problemi più ardui: ordine pubblico, uno sforzo intenso in un accordo generale dei partiti - Economia, qualche segno di schiarita ma bisognerà affrontare il tema del costo del lavoro e imporre nuove tasse, che siano meglio distribuite ■ Il nostro quadro politico attuale è in grado di dirigere efficacemente il Paese (Dalla redazione romana) Roma, 28 dicembre. Andreotti, un bilancio era il tema dell'incontro tra il presidente del Consiglio e sette direttori di grandi quotidiani: Afeltra del Giorno, Possati del Messaggero, Levi della Stampa, Letta del Tempo, Montanelli del Giornale, Ottone del Corriere della Sera, Scalfari della Repubblica. Andreotti ha risposto alle domande impegnative, non accomodanti, dei giornalisti in un dialogo fitto e intenso, toccando tutti i maggiori problemi del Paese. Ha tracciato un consuntivo dei suoi cinque mesi di governo, nella crisi più diffìcile del dopoguerra; ha indicato le grandi linee del programma e abbozzato un preventivo per il 1977; ha riassunto il suo giudizio sulla situazione. E' un giudizio che non indulge alle previsioni ro see, ma rifiuta la disperazione; un giudizio sostanzialmente sereno, con una fiducia di fondo nel futuro del Paese, se tutta la collettività nazionale farà gli sforzi necessari. « Giudico noioso e presuntuoso un uomo politico che si dichiari ottimista o pessimista — ha detto Andreotti —. Lasciamo le profezie al Barbanera. Ma posso affermare che se non siamo usciti dalle difficoltà, non mancano i segni positivi: la nostra economia, compiendo i passi necessari, può guarire ». E rispondendo alla battuta conclusiva di Arrigo Levi (« Lei ha condotto una conferenzastampa ottimistica, di fronte a un Paese non ottimista»), ha affermato: « Il mio metro di giudizio è da trent'anni il Parlamento, specchio fedele della realtà politica italiana. La larga non belligeranza realizzata nelle Camere, che nasce da un solido impegno comune e non da ignava neutralità, mi consente di affermare che la crisi è sotto controllo e che può essere superata, purché prevalga in tutti, politici e cittadini, il senso dello Stato, anche nel costume morale quotidiano ». Il primo problema affrontato nel dialogo, durato oltre un'ora, è stato quello dell'ordine pubblico: all'unanimità i giornalisti hanno espresso le gravi inquietudini dei cittadini. Andreotti ha riconosciuto la serietà della situazione, le carenze vecchie e recenti, ma insistito su alcuni elementi positivi e sulle prospettive di miglioramento. Nel vertice dei sei partiti si è raggiunto un largo accordo sulle misure che saranno discusse alle Camere in gennaio. La riforma dei servizi di sicurezza dovrebbe accrescerne l'efficienza e prevenire le deviazioni del passato. La nuova legge di polizia può migliorare il rendimento e lo spirito degli uomini senza intaccarne la disciplina. Sarà compiuto un grande sforzo collettivo per sveltire le procedure giudiziarie, coordinare meglio le varie forze di polizia, controllare gli abusi nelle carceri. Con uno di quegli appelli che sono tipici del suo stile di governo, da una parte discreto e quasi disincantato, dall'altra conscio dell'importanza delle piccole opere quotidiane e di una certa tensione morale, ha invitato politici, sindacalisti, giornalisti, cittadini a «dedicare il 1977 ad una campagna collettiva, non rettorica, non ambiziosa, ma modesta e convinta, per la propaganda contro tutte le violenze, in tutti i campi », rompendo con le indulgenze, le distrazioni o la scarsa consapevolezza degli scorsi anni. I problemi economici hanno occupato la parte più ri- levante del dibattito, toccando quattro punti principali: i segni incoraggianti e le gravi difficoltà che ancora ci attendono; le misure di emergenza per contenere l'infrazione, ridurre il costo del lavoro, sostenere la produzione; la necessità d'accrescere il gettito fiscale, con una distribuzione più equa dei sacrifici; i conti dello Stato e degli enti pubblici. D'interesse immediato per il pubblico sono alcune affermazioni del presidente, anzitutto, sulle ipotesi di razionamento. Il governo non esclude che diventi necessario, soprattutto quello della carne, se il consumo non diminuisse e i conti con l'estero impedissero larghe importazioni; sono state predisposte le misure tecniche, nessuna decisione è stata presa. Sul costo del lavoro, e in particolare sulle riforme della scala mobile, Andreotti ha evitato giudizi precisi, sperando ancora che sindacati e imprenditori raggiungano un accordo consensuale su misure efficaci, per uno o due anni; il problema, comunque, deve essere affrontato in modo costruttivo, perché accantonarlo condannerebbe l'economia italiana a una disastrosa decadenza. Sulle misure di risanamento e di rilancio, più difficili che i provvedimenti congiunturali degli ultimi mesi, il presidente del Consiglio ha parlato di sostanza e di metodo. Egli non rifiuta consultazioni tra i sei partiti su singoli problemi, ma ha fiducia nella possibilità di larghi accordi in Parlamento, sviluppando l'esperienza di questi mesi. Sulla sostanza, ha toccato tre punti di particolare rilievo. Per esigenze indifferibili (sostegno dell'agricoltura, Friuli, aziende da risanare) « sono prevedibili nel 1977 altri sacrifici fiscali». La lotta contro l'evasione, parziale o totale, dei privilegiati sarà condotta a fondo; dal 1° gennaio incominceranno gli accertamenti a scandaglio, con decreto ora alla firma: «Stavolta ci siamo sul serio». Sul controllo della spesa pubblica. Andreotti ha difeso vivacemente il suo partito sulle accuse di dilapidazione e corruzione, ma ammesso «un serie di pecche» nel settore pubblico, promettendo un maggior rigore. Quanto al quadro politico, il presidente ha parlato del suo governo con molta sicurezza: non ha dato certo la impressione di sentirsi in pericolo. La formula del monocolore con astensioni « non è eterna, ma per ora insostituibile; è una risposta d'emergenza a una situazione difficile e nuova; tentar di rafforzarla con alleanze formali metterebbe in luce le profonde diversità tra i partiti, che oggi cercano soprattutto i denominatori comuni ». Il pei fa la sua parte, senza chie¬ dere al governo « né in pubblico né in segreto » nulla di inaccettabile; collabora all'opera comune in parte per i profondi mutamenti degli ultimi anni, in parte per l'interesse di tutti a superare l'attuale crisi economica e civile. « Poi, quando la situazione sarà risanata, ognuno cercherà di far valere.il suo contributo alla salvezza »: è nella logica della politica.

Luoghi citati: Friuli, Roma