Costruirci un futuro di Carlo Casalegno

Costruirci un futuro Costruirci un futuro Non è facile avere pensieri allegri in questo Natale, neppure volendovi raccogliere nei problemi personali e familiari. Nessuno si sente al riparo della crisi, economica e politica, che investe il Paese; e le prospettive del futuro non appaiono chiare nemmeno a chi rifiuta la rassegnazione del pessimismo, fidando nelle grandi risorse anche morali di noi italiani. Sta finendo un anno non buono, né si può escludere che il 1977 sia anche peggiore: nonostante alcuni segni positivi, la prosperità non è dietro l'angolo della strada. Oggi, in Italia, alle gravi difficoltà congiunturali si sommano le pesanti conseguenze delle questioni accantonate e delle riforme mancate. La crisi economica diventa crisi di ordine pubblico e crisi istituzionale, più che in altri Paesi europei con problemi simili ai nostri. C'è una ripresa allarmante di violenza politica, che in gran parte dobbiamo ritenere manovrata e diretta in un piano di attacco allo Stato, ma che nei suoi aspetti « spontanei », nella consistenza delle frange che la fiancheggiano, è la spia d'un malessere diffuso e preoccupante. Ci sono i segni d'una crescente debolezza o disgregazione della macchina pubblica: non giovano alla forza delle istituzioni le proteste pur legittime della polizia, la polemica al massimo livello sulle responsabilità della magistratura, i compromessi tra il potere e l'illegalità (come nella conclusione, pacifica ma ingloriosa, della rivolta nel carcere fiorentino). Ci sono le prove quotidiane di un profondo e mal definibile travaglio politico. In forme diverse, una crisi di trasformazione e di adattamento non risparmia nessuno dei partiti. Essa investe con la massima asprezza le due estreme: il msi si è spaccato, si frantumano i gruppetti a sinistra del pei. Ma non risparmia i tre grandi partiti, incerti nella strategia e nei programmi; e tocca anche i sindacati, su cui si rovesciano da un lato le impazienze della base, dall'altro le pressioni dei partiti. Come osserva La Malfa, è paradossale e non incoraggiante che il « moderalo » Lama sia « messo in minoranza dai socialisti della Cgil e della UH e dai democristiani della Cisl ». Questi essendo i fatti, il governo Andreotti appare qualcosa di più d'una soluzione di emergenza: può essere interpretato come lo specchio fedele della realtà politica. La grande alleanza delle astensioni evita le scelte, sdrammatizza i contrasti, concede una pausa di meditazione, raggruppa i consensi necessari per compromessi accettabili, Può durare, purché « non sia divorato dalla crisi », e trovare soluzioni eque per tanti problemi nuovi o ereditati dalle precedenti legislature: l'aggiornamento del Concordato, l'aborto, la riforma dei servizi di sicurezza e della polizia, la revisione dei codici civili e militari, l'equo canone, la legge urbanistica... In sei mesi d'intenso lavoro, Andreotti ha rispettato quasi per intero il cumulo pesantissimo d'impegni assunti in luglio; ha camminato con molta bravura sulla corda tesa dei nuovi equilibri; ha guidato con sufficiente autorità un'equipe monocolore ma indisciplinata, con ministri che tendono a discutere in pubblico i contrasti interni: ultimo episodio la polemica tra Pandolfi e Stammati sulla ricerca dei miliardi per pagare gli aumenti al pubblico impiego. Il presidente del Consiglio è riuscito anche ad adottare, in tempo e con un largo consenso, le misure finanziarie più urgenti. Potrà affrontare con successo la prova decisiva, finora evitata, dei provvedimenti — impopolari ma indispensabili — per ridurre la spesa pubblica e il costo del lavoro? Per il governo, e per tutti noi, s'avvicina la scadenza più ardua: le medicine usate finora non bastano per bloccare l'inflazione, evitare il ristagno economico e preparare la ripresa. La proposta di La Malfa, che i sei partiti si raccolgano con Andreotti in un « vertice » dedicato ai problemi economici, nasce da un giudizio senza illusioni sulle resistenze "La Stampa" sospende le pubblicazioni per le feste. Riprenderà ad uscire martedì 28. politiche e corporative, psicologiche ed elettorali, che impediscono di adottare misure risanatrici necessariamente dolorose; e dalla speranza che, in una riunione plenaria, i partiti trovino il coraggio d'assumersi collettivamente i rischi dell'impopolarità, rinunciando a far prevalere, nel dibattito parlamentare, gli interessi dei loro clienti. La Malfa ha suggerito una tecnica operativa, motivata dal timore che la pietà dei medici faccia precipitare la crisi; nelle prime risposte degli altri partiti prevalgono le preoccupazioni politiche. I comunisti sono cauti. I democristiani sono perplessi su un metodo, che rischia d'introdurre il pei nella maggioranza e di trasformare in supergoverno il « direttorio » delle sei segreterie. I socialisti forzano il significato del « vertice » come momento di passaggio al governo d'emergenza, e preparazione del dopo-Andreotti. Come sempre, nelle dispute sulle formule le preoccupazioni valide si mischiano con manovre settarie. Prima di Capodanno sapremo in che modo i partiti affronteranno la fase decisiva della lotta contro la crisi. Per ora c'è una sola certezza: i rinvìi, le mezze misure, le astuzie per evitare le « scelte giuste anche se difficili » chieste da Lama, preparerebbero per tutti un futuro peggiore; e il prossimo Natale rimpiangeremmo le inquietudini d'oggi. L'avvenire non è ancora pregiudicato: la caduta o la ripresa dipendono dagli sforzi collettivi nei prossimi mesi. Carlo Casalegno

Persone citate: Andreotti, La Malfa, Lama, Pandolfi, Stammati

Luoghi citati: Italia