"Ritorno a fare l'industriale" di Mario Deaglio

"Ritorno a fare l'industriale" "Ritorno a fare l'industriale" Ingegner De Benedetti, lei è stato, fino a pochi mesi fa, amministratore delegato della Fiat, la più grande industria italiana. Che cosa la spinge oggi ad occuparsi di un'impresa media come la Cir? «Nel mio recente viaggio negli Stati Uniti ho potuto rafforzare la mia convinzione che la mancanza di un tessuto adeguato di imprese medie è uno dei problemi generali della società industriale. I vincoli che pesano oggi sulla grande industria sono tali per cui la vera imprenditorialità non riesce a sprigionarsi, a manifestarsi. Se questo è vero per l'economia americana è doppiamente vero in Italia, dove i vincoli sono certo più pesanti ». Non le sembra, però, che l'ambito della piccola e media impresa sia alquanto ristretto? « Non si deve commettere l'errore di identificare la media industria con industria locale. Anzi. Oggi una industria anche piccola può avere rapporti d'affari a livello multinazionale. Oggi esistono le possibilità tecnologiche e manageriali per far uscire la piccola e media impresa dalla sua attuale condizione di inferiorità ». Tutti i giorni, però, sentiamo di imprese medie in difficoltà, costrette a chiudere o ad invocare assistenza pubblica. In che cosa la Cir differisce da imprese di questo tipo? « Le imprese di cui lei parla sono passate dalla dimensione piccola a quella media senza adeguato sviluppo manageriale, sovente sull'onda del " boom ". Non sono state aiutate e sostenute da un'adeguata struttura finanziaria. Spesso si trovano in crisi alla morte del proprietario. La Cir, invece, è un'impresa media fin da prima della guerra. Con i suoi settant'anni di vita appartiene all'aristocrazia dell'industria piemontese. E' un'impresa con una situazione patrimoniale valida, un conto economico attivo senza artifici; calcolando unicamente il capitale e le riserve palesi si ottiene un valore di 9500 lire per azione. Può inoltre essere un veicolo per altre iniziative in ambito industriale ». Quali sono queste iniziative? «Non posso ora scendere nei dettagli. Effettueremo, quanto prima, un aumento di capitale. Procederemo poi all'acquisizione ed allo sviluppo di imprese che si collochino e rimangano nella dimensione media ». Ha parlato di aumento di capitale. Crede dunque nelle prospettive del finanziamento attraverso la Borsa? « I denari vanno dove esiste l'aspettativa della miglior combinazione tra rischio e rendimento. Il problema di molte imprese italiane è stato quello di trascurare completamente i rapporti con la Borsa, inducendo così il risparmiatore a pensare che in questa combinazione tra rendimento e rischio vi fossero aspetti poco chiari. Per questo è più che ragionevole che si siano astenuti dall'investire in azioni di quelle società. La mia convinzione della validità della Borsa quale canale di finanziamento deriva anche dalla mia esperienza con la Gilardini. Quando abbiamo proposto degli aumenti di capitale, gli azionisti ci hanno sempre seguito. Bisogna però aggiungere che le nostre Borse non sono certo l'ambiente ideale per attirare risparmio ». In Piemonte lo sviluppo delle medie imprese si è spesso trovato condizionato dalla presenza della Fiat. I settori in cui intendete svilupparvi sono in qualche modo collegati con le forniture all'industria dell'auto? « Saranno totalmente svincolate dalla realtà Fiat. Ci svilupperemo nel campo dei prodotti industriali, ma con l'esclusione di beni di consumo. E con l'esclusione anche di operazioni puramente finanziarie. Fare l'industriale, e non il finanziere, è la mia vocazione. E oggi ritorno a fare l'industriale ». Quanto ha pagato per il pacchetto di controllo della Cir? « Esperienze recenti insegnano che i pacchetti azionari importanti, che comportano anche un potere decisionale, vengono pagati ad un prezzo molto differente da quello di Borsa ». Mario Deaglio

Persone citate: De Benedetti, Gilardini, Spesso

Luoghi citati: Italia, Piemonte, Stati Uniti