La droga sulla "Raffaello,, Inchiesta negli Stati Uniti

La droga sulla "Raffaello,, Inchiesta negli Stati Uniti La droga sulla "Raffaello,, Inchiesta negli Stati Uniti Un'auto piena di cocaina spedita a New York (Dal nostro corrispondente) Genova, 20 dicembre. (g. b.) «E' stato un viaggio molto utile, che ci ha consentito di raccogliere le prove decisive per concludere l'istruttoria», ha dichiarato il sostituto procuratore della Repubblica dottor Franco Meloni, al ritorno dagli Stati Uniti dove si è recato nei giorni scorsi, insieme al giudice istruttore dottor Gianfranco Bonetto, per fare piena luce su un traffico di droga svoltosi tra l'Italia e il Nord America in vari periodi. La magistratura genovese, peraltro, limita la sua inchiesta a un singolo episodio, un «trasporto» di cocaina compiuto nel 1971, per mezzo di un'auto imbarcata sulla «Raffaello» e spedita a New York. In Italia, le indagini furono avviate dalla magistratura romana, che mise sotto accusa alcuni esponenti della mafia italo-americana, tra cui Gerlando Alberti e i fratelli Badalamenti, per traffico di droga che, proveniente dal Medio Oriente e raffinata in Francia, veniva poi avviata dall'Italia agli Stati Uniti. L'accusa, però, si basava su una serie di intercettazioni telefoniche che vennero dichiarate illegali, per cui in istruttoria il procedimento si concluse con il proscioglimento degli imputati. Venne però stralciato l'ultimo invio di droga, quello effettuato dal porto di Genova e scoperto dalla polizìa americana all'arrivo della «Raffaello» a New York. Negli Stati Uniti i componenti dell'organizzazione vennero arrestati e processati, e attualmente è ancora in carcere Lorenzo D'Aloisio. La magistratura genovese apri quindi un procedimento contro i responsabili dell'ultimo invio di droga, 90 chili di cocaina pura nascosti a bordo di una macchina di grossa cilindrata che era stata imbarcata sulla «Raffaello» dal D'Aloisio, da Giuseppe Giacomazzo e da Francesco Rappa. Il valore della droga venne calcolato in circa un miliardo. Insieme ai tre vennero incriminati Calogero D'Anna e Philippe Berdin, considerati pedine più importanti dei «corrieri». I giudici Meloni e Bonetto, per portare a compimento l'istruttoria, si sono quindi recati negli Stati Uniti per interrogare gli imputati che si trovano colà. D'Aloisio, sentito in carcere, non ha «collaborato» con i magistrati genovesi, mentre invece Giacomazzo e Berdin, che hanno già scontato la pena inflitta loro dal tribunale di New York, hanno praticamente vuotato il sacco, consentendo ai magistrati genovesi di raccogliere le prove definitive per il rinvio a giudizio dei cinque imputati, dei quali soltanto Rappa e D'Anna sono attualmente in Italia, a piede libero per scadenza dei termini di carcerazione preventiva. L'unica cosa sulla quale i tre uomini interrogati negli Stati Uniti hanno taciuto, è il nome del capo dell'organizzazione mafiosa che dirigeva il traffico di droga; la paura di rap presaghe da parte dell'ambiente di «cosa nostra» è stato troppo grande. Lo stesso Berdin, che pure sulla vicenda ha scritto un libro che sarà presto pubblicato in Italia, e che è quello che ha fornito i maggiori particolari, su questo tasto si è rifiutato di rispondere.