I re magi da Breznev di Livio Zanotti

I re magi da Breznev RITI E POLITICA PER I 70 ANNI DEL SEGRETARIO I re magi da Breznev I segretari dei partiti amici gli recano medaglie e discorsi d'ossequio: è la consacrazione d'un potere oggi senza rivali - Ma Breznev è "leader" in modo diverso da Stalin e Kruscev: più burocratico e meno dispotico (Dal nostro corrispondente) Mosca, 18 dicembre. Sulla cuspide dell'iperbole c'è il bulgaro Zhivkov. Appunta sul petto di Breznev le due massime onorificenze del suo Paese e declama: « Una volta il mondo misurava i bolscevichi a partire da Lenin, oggi giudica i comunisti e il popolo sovietico basandosi su di lei, stimato compagno Leonid Illich. Il suo nome risuona nel mondo con la stessa forza e bellezza con cui risuonano le parole pace e socialismo ». Così, con qualche anticipo, sono cominciate le celebrazioni per il settantesimo genetliaco del segretario generale del pcus, che cade domani. Ventisette anni dopo quello di Stalin, a dodici da quello di Kruscev. I feticismi verbali della tradizione, le immagini-specchio della propaganda sono un rituale che in queste circostanze segna un'epoca. Film-documentari, libri rievocativi, biografie, album fotografici: Breznev giovane, camicia e cravatta, in posa con la famiglia, padre, ma¬ dre, fratelli e nipoti nella natia Dnjepropetrovskn in Ukraina; gli anziani combattenti della diciottesima armata che lo ricordano sui fronti della seconda guerra mondiale; i pionieri delle « terre vergini » che ne rievocano l'epopea nel Kazakistan; poi Breznev primo segretario in Moldavia, Breznev al Cremlino, Breznev al vertice del partito e dello Stato. Continua la sfilata dei segretari: il tedesco Honecker, il mongolo Tsedembal, il cecoslovacco Husak, il polacco Gierek, l'ungherese Radar, Raul Castro in vece del fratello Fidel: ciascuno un discorso e una medaglia. Una folla di re Magi. Appaiono sui giornali, alla televisione insieme ai ritratti dei segretario generale tracciati da artisti e scrittori, Ghiorghi Markov in testa. E' una «sitcom» politica, una rappresentazione (gestuale) del pubblico potere, con note marziali in luogo di countrymusic. E' anche il ritorno al «culto della personalità»? Sono in molti a domandarselo. I direttori dei giornali, della radiotelevisione, delle agenzie d'informazione e del cinema, qui a Mosca, lo hanno fatto nella loro ultima riunione con l'incaricato del partito per la « stampa e propaganda » (in effetti esiste la funzione e non l'ufficio in organigramma), l'ex direttore della Pravda Mikhail Zimjanin, cooptato nella segreteria con il venticinquesimo congresso: « Come tratteremo la ricorrenza? ». Per tutta risposta, il diri- ] gente bielorusso ha preso una collezione della Pravda e si è messo a sfogliarla a ritroso nel tempo. Giunto sulla prima pagina del 21 dicembre 1949, dedicata a Stalin, ha detto: « Cosi, no... E cosi, nemmeno », ha commentato sul numero del 17 aprile 1964, che celebrava Kruscev. La direttiva adesso è « associare sempre il partito al nome del suo segretario generale ». Entriamo nella cittadella del sincretismo liturgico, tra aulicità, realismo socialista e necessità politica. Storico e politologo non bastano, gli scouts del « sociale » servono tutti: Lévi-Strauss, Wright Mills. Umberto Eco. Di Novaja Zhizn, una nuova vita, quasi si è smesso di parlare. La lotta è per una vita migliore. TrotzH e Bucharin sono personaggi dei libri dì, storia occidentali. Stakanov fa la settimana corta. Nessun Kirov ha da temere per la propria vita. Bey turchi, feudatari svedesi, signori giapponesi e principi tedeschi non si affacciano più sulle frontiere con i labari nazisti. Tacciono Kocetov ed Evtushenko. Nekrasov, Solgenitzin, Kornilov, qui chi se li ricorda? I sommovimenti seguiti alla morte di Lenin e di Stalin non sono comparabili con quanto è accaduto con il rovesciamento di Nikita Kruscev. Basta guardare la data di nascita della maggioranza del Politbjuro Per rendersi conto del cambiamento. Un breve sobbalzo e alla società del terrore è succeduta quella del quietismo, effldentista per aspirazione, immobile nella pratica istintiva del giorno per giorno. Gerarchia, burro e cannoni. L'apparato celebra il proprio capo e propone il ritratto di se slesso. Ed è autentico. « Una delle migliori qualità di Leonid Illich è quella di non vestirsi con il mantello di "superman"», ha detto E. A. Shevardnadze, il segretario del partito in Georgia, all'ultimo congresso. Almeno a partire dal 1970, Breznev è il numero uno sovietico nella politica interna e in quella estera; tranne il suo, l'elenco dei nomi degli appartenenti all'Ufficio Politico viene dato in ordine alfabetico. Ma non usa l'enorme potere accumulato per schiacciare gli avversari. Al contrario ricorre volentieri alla delega, mantiene sempre entro certi limiti gli scontri interni al gruppo dirigente. « Con lui non solo si è rafforzato il principio del rispetto fisico degli oppositori, ma anche quello del loro "status". Un dirigente che dà battaglia e la perde non finisce confinato alla direzione di una centrale elettrica in qualche luogo sperduto della Siberia, conserva invece un certo rango e le relative prerogative anche materiali », scrive Jerry Hough su Problems of Communism, ciò che aiuta a comprendere le ragioni della stabilità e della longevità dell'attuale gruppo dirigente sovietico. « Tishe tovarishi, tishe », zitti compagni, zitti, era il modo più frequente per Stalin d'interloquire nel corso delle riunioni. Fermo, scandendo le sillabe. Diritto, la giubba abbottonata fino al collo. Ancora nell'aprile '63 Kruscev proclamò: « E' do¬ vere di ogni cittadino sovietico comportarsi come un vigile poliziotto ». Breznev ha un tratto gioviale e rispettoso in pubblico come in privato, ha fatto dimenticare il gusto del suo immediato predecessore per le crisi, i confronti improvvisi, gli ultimatum perentori (come quello per Berlino). I cittadini sovietici con lui mangiano e vestono meglio. Non gli si conosce una cupido dominandi, bensì uno stile di chi riesce a coprire senza strepito concessioni, annessioni e distorsioni. Uno stile, non un impianto obiettivo di gestione del potere capace di garantirlo comunque, anche dopo. Quello che il partito vuol fotografare è dunque un ritratto-tipo; e oltre che fissarlo lo canonizza, perché così vuole la liturgia. Lenin è ormai l'etica più che la politica, di Stalin preferiscono non parla..", di Kruscev hanno difficoltà a farlo. Ecco la nuova immagine, modello e identità per il funzionario. Già adesso si ripete: «Come ha detto il compagno Breznev... ». Livio Zanotti

Luoghi citati: Berlino, Georgia, Kazakistan, Moldavia, Mosca, Siberia, Ukraina