L'ex braccio destro di Luther King ambasciatore degli Usa all'Onu di Vittorio Zucconi

L'ex braccio destro di Luther King ambasciatore degli Usa all'Onu Il "leader,, negro Andrew Young nominato da Carter L'ex braccio destro di Luther King ambasciatore degli Usa all'Onu (Dal nostro corrispondente) Washington, 16 dicembre. Andrew Young, il giovane leader negro che forse più di ogni altro ha contribuito alla vittoria di Jimmy Carter, sarà il nuovo ambasciatore americano presso le Nazioni Unite. Lo ha annunciato oggi Carter nella consueta conferenza stampa dalla Georgia e la notizia, che non ha sorpreso quanti conoscevano la stima e la gratitudine che legano il neo-presidente a Young, è un'altra misura della sapiente politica innovatrice del prossimo presidente. Young, quarantaquattrenne, fu braccio destro di Martin Luther King, per il quale diresse la Southern Christian Leadership Conference e dunque la sua assunzione ad un posto di governo così elevato porta non pochi significati simbolici positivi: attualmente è deputato della Georgia, dove è stato rieletto in novembre con maggioranza schiacciante. Le novità rappresentate dalla nomina di Young sono insieme esplicite ed implicite. Egli è il primo negro a rappresentare gli Stati Uniti all'Onu e già questo sarebbe segno importante. Più ancora, dietro la sua scelta c'è la decisione di Carter di cercare una politica africana finalmente comprensiva e diversa. Lo stesso Andrew Young, rientrato pochi giorni fa da un tour africano, non ha fatto mistero delle sue violente critiche alla «non politica» africana dei presidenti repubblicani, accusando — in una conversazione che avemmo con lui ad Atlanta subito dopo l'elezione di Carter — Kissinger di «razzismo». Non è stato facile per Car- ter convincere Young ad accettare il posto di ambasciatore alle Nazioni Unite, una carica che negli Usa è politica prima che diplomatica ed ha rango ministeriale (il rappresentante all'Onu è membro del gabinetto). Pubblicamente, il deputato negro aveva espresso il timore che la scelta di un leader di colore «sarebbe stata un gesto puramente di facciata, propagandistico» al quale avrebbe potuto «non corrispondere un reale mutamento nella politica verso l'Africa e il Terzo Mondo degli Stati Uniti». Evidentemente Carter ha dato garanzie sufficenti a Young e la pressioni su di lui è stata fortissima: persino l'ambasciatore uscente, William Scranton (un repubblicano moderato), ha scritto privatamente a Young esortandolo ad accettare. Young ha esitato a lungo, e infine ha detto «sì», anche per non mettere in difficoltà Carter con un rifiuto che sarebbe stato letto come una sconfitta per il neo-presidente, al quale hanno già risposto negativamente vari esponenti della minoranza di colore e varie donne: tra le sue promesse elettorali. ricordiamolo, era appunto l'assunzione di donne e rappresentanti di minoranze razziali a posti di responsabilità governativa. La scelta di Young è poi, da un punto di vista interno, di estrema abilità: con essa Carter offre alla comunità negra non solo l'investitura di un leader ormai di massima grandezza e di sentimenti moderati, ma ripaga in buona misura il debito di gratitudine con elettori che sono stati determinanti per la sua elezione. Al tempo stesso, non turba eccessivamente l'elettorato di destra con un portafoglio troppo vistoso ad un uomo di colore e, infine, dà all'Africa, al Terzo Mondo, a quel gruppo di Paesi emergenti sempre più inquieti verso gli Usa, il segno di un confortante mutamento. Altre due nomine sono state rese note oggi: si tratta di Zbigniew Brzezinsky, quarantottenne emigrato dalla Polonia (fu naturalizzato nel 1958) ed oggi uno dei «cervelli» americani più brillanti nel campo del pensiero diplomatico, che sarà «assistente del Presidente per la sicurezza nazionale» (il posto al quale Nixon chiamò Kissinger nel 1969, prima di farlo segretario di Stato), e di Charles Schultze, 52 anni, ex direttore del Bilancio sotto Johnson, che sarà il prossimo capo dei consiglieri economici del presidente. Brzezinsky e Schultze occuperanno dunque due posizioni «interne», ma dalle quali è possibile, forse ancor più che da portafogli minesteriali, influenzare e condizionare il Presidente, dunque l'intera politica americana. Vittorio Zucconi