Clandestini verso la terra promessa di Giuseppe Mayda
Clandestini verso la terra promessa Clandestini verso la terra promessa Ehud Arviel: « Aprite le porte », Ed. Mondadori, pag. 359, lire 5.000. Per anni l'annientamento di sei milioni di ebrei per mano nazista fu presentato dalle cronache essenzialmente come una storia di uccisori e di uccisi e come se i due protagonisti — l'uno armato, l'altro inerme — avessero giostrato, da soli, su un pianeta altrimenti disabitato. Il primo passo per dare uno sfondo diverso al genocidio lo compì il libro crudele e, purtroppo, vero di Arthur Morse (Mentre sei milioni morivano, 1967) che documentava l'indifferenza, l'apatia e la solidarietà quasi sempre teorica dell'Occidente di fronte al crimine della «soluzione finale». Oggi quest'altro libro di memorie — dovuto ad Ehud Avriel, ex ambasciatore israeliano in Italia — aggiunge al tragico affresco della persecuzione un nuovo aspetto, tanto importante quanto finora sconosciuto nei dettagli, con la storia dell'immigrazione clandestina in Israele dall'Europa occupata, fra i mesi della «grande illusione» di Evian (1938) e quelli incandescenti dell'immediato dopoguerra (1945 - 1948). Di fronte infatti ai risultati negativi della conferenza internazionale di Evian-lesBains, quando le grandi nazioni posero il veto a una immigrazione di massa degli ebrei, che avrebbe significato la salvezza delle Comunità israelitiche d'Europa ma anche un insieme di non facili problemi per i Paesi ospitanti, sorse in Palestina, ad ini¬ ziativa dello Haganah, braccio armato dell'Agenzia Ebraica, un nucleo di uomini decisi a salvare i propri fratelli, ovunque si trovassero. Questa organizzazione, chiamata Mossad (ente per l'immigrazione parallela, che affiancava, cioè, quella ufficiale, legata ai soli visti di ingresso in Israele concessi col contagocce da Londra) ebbe protagonisti di eccezione (GoldaMeir, Moshe Dayan) e una vita estremamente avventurosa, a contatto di sinistri figuri come Eichmann e Wisliceny. Timbri e visti falsi, passaporti contraffatti, agentidel doppiogioco, contrabban dieri italiani, greci e jugosla-vi, navi neutrali, uomini dellaGestapo corrotti col denaro: tutto servì al Mossad per convogliare in Palestina i profughi ebrei tedeschi, polacchi, ungheresi, austriaci, romeni fra il turbine della guerra, contro la volontà inglese e sfidando l'ostilità degli arabi.Fu un lungo, sfibrante e coraggioso lavoro, talvolta mortale, che finì soltanto con la proclamazione dello Stato di Israele. Ancora nell'aprile 1946, nel porto di La Spezia, gli inglesi bloccarono il piroscafo «Fede» che, con mille ebrei scampati ai «lager» nazisti, era diretto ad Haifa. Il braccio di ferro durò 33 giorni; i profughi, guidati dagli uomini del Mossad, erano decisi, se gli inglesi non davano via libera, a lasciarsi morire di fame e a uccidersi sul ponte della nave. Ma il Mossad la spuntò ancora una volta e l'è maggio, anche per quelli del «Fede», si aprirono le porte di Erez Israel. Giuseppe Mayda
Persone citate: Arthur Morse, Ehud Avriel, Eichmann, Erez Israel, Moshe Dayan
Luoghi citati: Europa, Israele, Italia, La Spezia, Londra, Palestina
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