Fra le Langhe di Bruno Marchiaro
Fra le Langhe TAVOLA IN PIEMONTE □ Fra le Langhe Cucina e vino di casa: per i langaroli è un motivo di orgoglio. Sono due componenti della loro vita, elementi della tradizione, della civiltà e della cultura di questa gente. Quante volte su queste colline ho sentito dire con fierezza dagli uomini: « / taiarin come quelli della mia donna nessuno li sa fare ». Ma a quanto pare la cucina langarola attraversa un periodo di crisi. Me lo dice Gian Bovio esigente proprietario del « Belvedere » di La Morra. « La buona tradizione si sta perdendo, sono in pochi ormai ad essere ancora fedeli ai vecchi piatti, vogliono seguire il gusto dei più giovani incantati da menù anonimi e in questo modo la nostra cucina viene imbastardita ». Non sono in grado di giudicare se il pessimismo del bravo albergatore sia del tutto giustificato, tuttavia gli chiedo cosa si potrebbe fare per impedire che si perda questo importante patrimonio della Langa. « Dovrebbero essere le donne a tornare ai fornelli — spiega Gian Bovio — ma sin dal mattino presto, come si faceva una volta; e non accendere la stufa alle 10 e mezzo. La pasta va fatta a mano, i sughi devono essere preparati con cura, altro che scatole. Eppoi anche il cliente dovrebbe essere più esigente. La cucina della Langa è abbastanza semplice, ma non ci sono chef internazionali che la sappiano fare... ». Di fronte all'esperienza dell'amico della Morra mi è difficile replicare anche se devo ammettere che raramente sono ritornato deluso dai miei frequenti « giri » nelle Langhe. Seguiamo, ad esempio, la strada del Barolo: il ristorante « Enoteca » di Grinzane, il « Real Castello » di Verduno, « Felicin » di Monforte, l'« Italia » di Serralunga, « La Brezza » di Barolo e nella stessa La Morra, oltre al « Belvedere », il « Bel Sit » di Giovanni Cogno sono tutti locali di meritata fama che si sforzano di mantenere in vita l'antica cucina langarola. Cucina semplice — come ha detto Gian Bovio — che però non si può imitare e che va fatta dai langaroli, così come la si trova anche a Benevello, sulla strada del Dolcetto, da « Milio » Aimasso. Pochi piatti: agnolotlini o tajarin, naturalmente a mano, coniglio alla cacciatora, pollo, capretto, peperoni e vino buono. In maggioranza i piatti langaroli sono quelli della cucina piemontese in genere; ci sono però alcuni cibi tipici quali la minestra del « bate '1 gran » (che i contadini mangiavano sull'aia con gli operai della trebbiatura), le lasagne al sangue di maiale (una ricetta semplice ma piuttosto lunga a descrivere) , l'arrosto di maiale al latte, le grive delle Langhe, il brasato al vero Barolo, la toma e il bruss. Ma c'è sempre quel qualche cosa di più che si chiama tartufo ad esaltare quasi ogni portata. E infine, complemento non trascurabile, c'è il vino. Un esperto mi ha consigliato questi nomi: per il Dolcetto, Cogno e Ratti; per il Nebbiolo, cantine Pronotto, Carretta e Ratti; per il Barolo, Montezemolo, Cogno, Ratti, Oddero, Costamagna, Barale (e qui ha precisato Tanna '67), Pira e Giulio Mascarello. Bruno Marchiaro
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