Con Pani amara parabola di un insegnante idealista

Con Pani amara parabola di un insegnante idealista Lo Stabile triestino in scena a Milano Con Pani amara parabola di un insegnante idealista Il lavoro teatrale, di Fulvio Tomizza, è ricavato da un romanzo dello scrittore sloveno Cankar - Regìa di Francesco Macedonio (Dal nostro inviato speciale) Milano, 15 dicembre. «Teatro di frontiera», come spesso viene definito, lo Stabile di Trieste ha gettato e continua a rafforzare tra la cultura mitteleuropea e quella italiana un ponte che unisce le nazioni nostre confinanti con tutti quei centri della penisola che il teatro triestino tocca con il sistema degli scambi fra gli Stabili o con proprie « tournées ». Così è a Milano (a Torino verrà più tardi, ma con un altro lavoro) per presentare al teatro dell'Arte, nel quadro della rassegna degli Stabili organizzata dal «Piccolo», uno spettacolo che rientra perfettamente nel suo programma istituzionale: la riduzione teatrale di un romanzo del maggiore scrittore sloveno, Ivan Cankar, del quale quest'anno ricorre il centenario della nascita. Se si aggiunge che l'autore dell'adattamento è un istriano, Fulvio Tomizza, come dell'Istria è il regista Francesco Macedonio, si capirà anche meglio l'importanza e la funzione culturale che le rappresentazioni dell'«Idealista», come s'intitola il dramma di Tomizza, assumono e assumeranno sia da noi, sia in Jugoslavia dove la compagnia s'appresta a compiere un lungo giro. Si ripeterà allora un confronto fra due letterature e due drammaturgie che è incominciato sin dalla «prima» a Trieste del novembre scorso, alla quale hanno assistito spettatori e critici italiani e sloveni. «L'idealista» è la riduzione fedele, e drammaturgicamente chiara e scorrevole, di «Martin Kacìur» che forse è il capolavoro narrativo di Cankar anche per un suo respiro europeo che ha persuaso lo Stabile di Trieste a metterlo in scena anziché rivolgersi a qualcuno dei sette testi composti da Cankar appositamente per il teatro. Del resto, non è la prima volta che «Martin Kaciur», pubblicato nel 1907, arriva sui palcoscenici e da esso è stato tratto recentemente anche un film. Semplicisticamente, si potrebbe definirlo il romanzo di un maestro se il titolo italiano, derivato dal sottotitolo originale, « Biografia di un idealista », non suggerisse un ritratto di maggiore ampiezza: quello cioè di un intellettuale, tout court, della fine del secolo scorso in un paese arretrato e governato dallo straniero. Di questo intellettuale il romanzo racconta una «via cru- cis» che, nella riduzione di Tomizza, si compendia in tre stazioni, vale a dire i tre villaggi nei quali il protagonista svolge la sua opera di insegnante percorrendo una parabola che dai giovanili entusiasmi per una società nuova, e dai tentativi di strappare i contadini all'abbrutimento della miseria, della fatica, dell'ignoranza e del vino, giunge allo sconforto e alla disperazione di chi non ha più la forza di tener testa all'implacabile ostilità dei poteri costituiti: sindaci, parroci e i loro lacchè. Tra questi ultimi vi è un amico di Martin che, con il suo opportunismo, lo scavalcherà nella carriera ammantandosi delle stesse idealità sociali che erano un tempo del collega ma, prudentemente, solo quando essere liberali e progressisti sarà diventato un nuovo conformismo. E' nel contrasto fra le due figure che si ravviva un po' quella dialettica che scarseggia nella prima parte dove tuttavia la figura della moglie infida di Kaciur offre qualche spunto di risentita drammaticità. Con questo non si vuole accusare «L'idealista» di staticità ma soltanto notare un eccessivo ritegno nello sfruttare taluni appigli tipicamente teatrali. Ritegno che per fortuna non ha avuto Sergio d'Osmo nel disegnare un impianto scenico che visualizza le tre tappe del fallimento di Martin Kaciur (bella la scena tutta in bianco dell'ultimo tempo contro la quale fa macchia il nero dell'apostolo decaduto), e non ha avuto neanche Francesco Macedonio anche se la sua regìa, corretta e funzionale, non si distingue per particolari e illuminanti invenzioni. Al pubblico, che ha applaudito con molto calore, è piaciuto, e anche a noi, Corrado Pani che approfondisce e modula su diversi toni il suo personaggio (forse con qualche insistenza sul patetico). E sono piaciuti anche i suoi antagonisti: un efficace Carlo Cattaneo e Leda Negroni, che tratteggia con sensualità e sottigliezza la moglie perfida e infedele, mentre gli altri interpreti non sembrano elevarsi al di sopra di un onesto mestiere. Alberto Blandi

Luoghi citati: Jugoslavia, Milano, Torino, Trieste