Aveva in tasca un'agenda cifrata il nappista Zìchitella ucciso a Roma di Fabrizio Carbone

Aveva in tasca un'agenda cifrata il nappista Zìchitella ucciso a Roma Una delle piste per risalire ai capi dell'organizzazione Aveva in tasca un'agenda cifrata il nappista Zìchitella ucciso a Roma Gli inquirenti indagano su una lista di pregiudicati sospettati di agire in comune con i Nap Roma, 15 dicembre. «Ci aspettavamo qualcosa, ma nulla di quanto è accaduto»: le parole di Emilio Santino, vicecapo della polizia e responsabile del servizio di sicurezza del ministero dell'Interno, confermano quanto già si era saputo ieri, a caldo, dopo il sanguinoso agguato di via Bellicini. Le centrali del terrorismo si sono messe in movimento: i fatti di Roma e di Milano lo dimostrano con precisione. Ora è scattata la risposta dello Stato democratico e le indagini sono partite da Roma verso ogni angolo d'Italia. Per il tragico assalto contro il responsabile dei servizi dì sicurezza del Lazio, Alfonso Noce, e contro la sua scorta ci sono numerose piste da seguire: l'agenda trovata in tasca a Martino Zìchitella, il nappista ucciso dai colpi di risposta dell'agente Renato Russo; la «Lancia Beta» marrone con cui due o tre killer del commando sono fuggiti; una lista di pregiudicati che il Servizio di sicurezza teneva sotto controllo perché sospettati di agire in comune coi Nap; l'episodio, finora oscuro, avvenuto dieci giorni fa al quartiere Aurelio e di cui è stato protagonista (è stato riconosciuto da un testimone) Martino Zìchitella. Evaso da Lecce il 20 agosto, Martino Zìchitella, passato da Torino, era arrivato a Roma — dice la polizia — per riorganizzare le fila dei Nap, scombussolate dalla scoperta di numerosi «covi» e dall'arresto di alcuni capi. Vediamo una per una le piste imboccate dagli inquirenti, guidati dai magistrati Luigi Ierace e Claudio Vitalone. L'agenda che Zìchitella teneva in tasca cdnpbsuè piena di indirizzi e numeri I telefonici, probabilmente in codice. Su questo materiale il Servizio di sicurezza, l'Ufficio politico e la Mobile stanno lavorando insieme perché convinti che Nap e malavita co- mune abbiano concertato Il'agguato al vicequestore No-1 ce e alla sua scorta. Punto due: la «Lancia Beta» marrone con cui sono fuggiti i complici di Zìchitella era stata rubata a Roma nella primavera scorsa in un garage di via Tripolitania. Si era trattato di un furto multiplo, circa dieci automobili di media e grossa cilindrata. Con una di queste, marca «Opel», un nucleo nappista il 21 aprile scorso attentò alla vita del presidente dell'Unione petrolifera, marchese Giovanni Theodoli, ferendolo alle gambe. E' un fatto importante: dimostra che i Nap, autori del furto di automobili, hanno posti sicuri a Roma per nascondere le vetture da usare nelle loro criminali imprese. E questa pista si aggancia alle perquisizioni in massa fatte questa notte in un giro di pregiudicati comuni: tranne due, spariti nel nulla, gli altri hanno dato prova della loro estraneità all'agguato; ci sono quindi due nomi «interessanti» da verificare. Ultimo punto: dieci giorni fa, nel quartiere Aurelio furono sorpresi due uomini mentre tentavano di rubare un furgone. I banditi aggredirono un portiere e si allontanarono in macchina alla vista di una Volante della polizia, sparando contro gli agenti. Uno dei rapinatori era Martino Zìchitella: evidentemente cercava il pulmino (poi trovato) per il progetto di assassinare Alfonso Noce. Sono particolari che portano ad un unico filo: Zìchitella aveva assoldato criminalità comune (oppure «politicizzata» alle idee Nap) per eseguire la condanna a morte contro gli uomini della polizia. Chi invece afferma di essere estraneo all'attentato è Grazianeddu Mesina, evaso I con Zìchitella e altri nove dal carcere di Lecce e ancora latitante. Un uomo ha telefonato ad un giornalista sardo a no- tilt! Ufci uuIkUìvj i*1 vji£UàUlO: ha spiegato che Mesina si trovava in tutt'altra zona al mo- I mento del delitto, 1 Mesina non c'entra? Al mi- nistero dell'Interno, gli esperti del Servizio di sicurezza tendono a questa ipotesi, anche se non escludono «sorprese». «Potremmo — dicono — essere smentiti dai fatti. Che Mesina abbia interesse a far dire che non c'entra è chiaramente spiegabile». Il lavoro prosegue senza intervalli. Si fanno riscontri sulle tre auto usate dal commando omicida. E' stato accertato che la «Mini» grigia e nera rimasta, in un primo momento, coinvolta nella fuga appartiene a una persona estranea al delitto. I magistrati Ierace e Vitalone hanno interrogato Alfonso Noce e Renato Russo in ospedale, il capo del Servizio di sicurezza del Lazio e l'agente che, pur ferito, è riuscito a colpire a morte Martino Zìchitella. Noce e Russo hanno fornito tutti i particolari in loro possesso: nulla è trapelato circa queste deposizioni. C'è poi un diverso canale di ricerca, non proprio una pista. L'ipotesi è che, come per le «Brigate rosse», anche i Nap abbiano il loro superclan: i mandanti che non compaiono, i reclutatori, gli «ideologi» del terrorismo. Sono trapelate le iniziali di uno di questi «invisibili» : G.M. oppure M.G. Ma alle domande gli investigatori non rispondono. La cronaca delle prime 24 ore dopo l'assalto omicida dei Nap si chiude con le note dolorose dell'arrivo a Roma, da Nocera Inferiore, dei genitori e dei parenti di Prisco Palumbo, la guardia di polizia stroncata al volante della «Giulia» di Alfonso Noce. Fiora vante e Ida Palumbo, 54 anni autista lui, 55 anni casalinga lei: persone semplici, distrutte dal dolore, incapaci di parlare senza piangere. Con loro è la figlia Filomena, 21 anni, e la fidanzata di Prisco, Gaetanina, diciottenne. Domani assisteranno ai funerali di un ragazzo del Sud, entrato nella polizia per non emigrare. Fabrizio Carbone