Malavita organizzata di Clemente Granata

Malavita organizzata I morti ammazzati della "Torino nera Malavita organizzata Sono sempre più frequenti i "regolamenti" mortali fra i clan che si sono ripartiti i vari settori del mercato dell'illecito: gioco, prostituzione, droga e contrabbando C'è Rosario Cazzo, catenese, che quattro giorni dopo capodanno bagna col suo sangue il marciapiede di via Capellina a due passi da via san Donato; ci sono i quattro morti della notte di Santa Rita (22 maggio): Giovanni Pistrorio e Antonino Ardlzzone, catanesi anch'essi, che cadono nell'agguato di via Santa Giulia; Mustafà, alias Alssa Bouherraua, che è trafitto dal prolettili in un bar di via San Tommaso; Franco Imperio, foggiano, che crolla sotto i colpi del mitra sul tavolo di un ristorante in via Germanasca nel più classico del tragici epiloghi dì storie di ■ mala •. E poi in autunno giunge l'ora di Giuseppe De Caro, napoletano, e di Albert Franconi, italofrancese. Tutti pregiudicati. Che cosa succede nella Torino » nera »? Da qualche tempo II quadro era quello solito. Furti e scippi, rapine e sequestri, sparatorie e uccisioni. Insicurezza e paura. Sono eventi che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, consuetudini della delinquenza cittadina ormai consolidate, esperienze quotidianamente sofferte. Ma ora c'è qualcosa di più. Una tale sequenza di esecuzioni, talune condensate nello spazio di poche ore o ricalcanti spietati rituali, non s'era mai registrata. Gli avventurieri Che cosa succede dunque nella Torino - nera »? Il dott. Montesano, capo della Criminalpol, pur invitando a non drammatizzare troppo, afferma che » la città è sempre più grande e quindi costituisce un polo d'attrazione per avventurieri d'ogni risma. Il sovraffollamento dei delinquenti determina inevitabilmente una lotta per la sopravvivenza ». « E' una legge biologica », aggiunge e cita Lorenz. Il dott. Bonsignore, dirigente del commissariato Mirafiori, è pessimista: « Ho paura che ci ridurremo a fare i notai degli atti della malavita ». Il dott. Maddalena, giudice istruttore, scuote il capo, prevede che la catena non è finita, che « Ci saranno altri morti ». Il dott. Marciante, sostituto procuratore, ricordando il giurista Santi Romano, afferma che « L'organizzazione criminale ha leggi e sanzioni come un qualunque ordinamento giuridico • e che « Il regolamento costituisce la sanzione tipica ». Ma il punto è questo: quale consistenza hanno le organizzazioni che operano nella nostra città? Vantano agganci con i « clan • di altri centri italiani o esteri, sono pedine di un gioco più vasto? Gli inquirenti si rigirano tra le mani e consultano fascicoli con un nome, una data, una croce. Tentano di ricostruire probabili gerarchie, ruoli, d'inseguire attraverso fatti apparentemente spezzettati il filone di una logica (sempre che esista), la quale permetta di spiegare lotte intestine, regolamenti, colpi risolutori di lupara, di risalire al mandanti, se mandanti ci sono. Non è un lavoro Inutile perché, a volte, grazie a quelle indagini analitiche, s'assestano ai • clan » poderose spallate (pensiamo alla banda dei Tir colpita dai carabinieri, al numerosi autori di sequestri di persona finiti in carcere, alla banda dei catanesi scoperta dalla polizia). I ■ clan » però risorgono dopo qualche tempo come l'araba fenice, i tessuti si rigenerano, i vuoti si riempiono. C'è una notevole capacità di ricambio, sintomo di vitalità, di una certa efficienza. Il fatto è che queste organizzazioni hanno saputo infiltrarsi nei gangli del mercato « nero » del nostro centro: bische, alcuni circoli privati, prostituzione, droga, armi, contrabbando. E' il risultato di un processo, che parte di lontano e di cui è possibile Indicare le tappe più significative. All'Inizio e ci riferiamo a una ventina d'anni fa, troviamo il delinquente che agisce in modo Isolato e in ristrettissimi gruppi non comunicanti tra loro o comunicanti in modo saltuario. E' la fase dell'organizzazione artigianale della delinquenza, cui corrisponde peraltro un tipo di malvivente (In genere borsaiolo o scassinatore). che sa compiere con una certa competenza il suo lavoro, non supera alcuni limiti, calcola con oculatezza i rischi, punta a colpire II patrimonio, non la persona. Ha quel che si chiama una « deontologia professionale ». Può apparire un paradosso parlare di « deontologia professionale » a proposito della delinquenza ed, in effetti, esiste II rischio di cadere in facili mitizzazioni, frutto di giudizi generalizzati e superficiali. Ma è indubbio che se paragoniamo i ■ modelli di comportamento » della malavita di questo periodo a quelli che diventeranno poi pratica costante, la differenza è evidente. I colpi di pistola che nell'ottobre del '70 echeggiano nel negozio dell'orefice Baudino in corso Agnelli, scandiscono ufficialmente il passaggio alla seconda fase della storia criminale della nostra città, rappresentano il biglietto di visita con cui il « nuovo » delinquente compare sulla scena. E' giovane, è spietato nella stessa misura in cui appare inesperto, la legge del ■ tutto e subito » diventa la sua legge. Alle spalle ha la tumultuosa, caotica trasformazione della città, di fronte note- ! voli incentivi, insperate possibilità di arraffare un buon bottino senza particolari rischi. Ma sino a questo momento è ancora isolato. La banda, il « clan » appaiono fatti rari. Colpi di pistola E' difficile individuare il momento in cui il fenomeno associativo prende consistenza e diventa regola, inaugurando la terza fase della storia del delitto, quella della malavita organizzata e industrializzata. Si tratta probabilmente di un'evoluzione lenta, della graduale aggregazione attorno a un nucleo costituito dalla base etnica. Ne scaturiscono i gruppi che diventano i protagonisti della Torino violenta: il clan dei catanesi (bische e circoli privati), il clan del marsigliesi, originari della Sicilia e approdati nella nostra città dopo peregrinazioni in Tunisia e a Marsiglia (droga, armi, contrabbando), Il clan dei foggiani (prostituzione), Il clan dei calabresi che con elementi piemontesi ha compiuto alcuni sequestri. Nella pratica, la ripartizione del mercato Illecito non è così netta. Ci sono parecchie sfumature e zone grigie. Ma le linee di tendenza sono queste. E le rispettive « zone d'influenza » garantiscono tra I vari gruppi e all'interno di essi un sostanziale equilibrio. All'Inizio dell'anno l'equilibrio si rompe. CI sono scotimenti, sussulti. Arrivano le esecuzioni. Gli inquirenti cercano di ricostruire con molta pazienza possibili mosse e motivazioni. Per Gazzo e i quattro morti della notte di santa Rita, dice il dott. Vinci della squadra mobile, si trovano » spiegazioni plausibili ». Sono regolamenti che rientrano nella « logica della delinquenza torinese ». Per De Caro e Franconi, no. Quella logica va stretta. E allora ci si domanda con inquietudine se le due esecuzioni significano che nella nostra città si è aperta una quarta fase: quella della malavita internazionale. Clemente Granata

Luoghi citati: Marsiglia, Sicilia, Torino, Tunisia