Chi sono i folli assassini che sfidano le istituzioni

Chi sono i folli assassini che sfidano le istituzioni Chi sono i folli assassini che sfidano le istituzioni Con Martino Zichitella erano forse Graziano Mesina, da bandito diventato terrorista, e un terzo complice ■ Il "gruppo" voleva colpire il funzionario dell'Sds per creare panico nel Paese ■ Roma, 14 dicembre. In una tranquilla strada della collina di Montevcrde è giunta di colpo la morte. Prisco Palumbo, agente di polizia, stroncato al volante di un'automobile di servizio: si sarebbe dovuto sposare fra pochi giorni. Il responsabile del Servizio di sicurezza del Lazio, l'ispettore Alfonso Noce, ferHo al torace, salvato dalla morte dalla guardia del corpo che gli ha fatto da scudo. Un terzo uomo della polizia anch'egU ferito, ma non in gravi condizioni. A terra, sull'asfalto, un terrorista, le braccia aperte, il mitra a poca distanza, parrucca e baffi posticci, documenti falsi intestati a tale Muller. E' Martino Zichitella. L'identificazione avviene in poche ore, grazie alle impronte digitali. Un'altra catena si aggancia all'onda del crimine politico e dell'eversione che non vuole finire. Zichitella, ucciso dal fuoco di risposta della polizia, doveva assassinare Alfonso Noce, condannato a morte dalla follia, dì uomini isolati, bollati dall'opinione pubblica e da tutte le forze politiche democratiche. Il cadavere di Martino Zichitella è la «firma» senza discussione degli autori dell'attentato: ì «Nap», i Nuclei armati proletari che | con un'etichetta dell'estrema sinistra sono nati come colle- \ gamento di «ideologi» del terrorismo a gruppi interni alle carceri, pregiudicati comuni che si sono votati alla «rivoluzione». Nel nucleo armato che aveva teso Pngguato contro Noce, Zichitella aveva altri complici, forse due. Tra questi si parla di Grazianeddu Mesìna, ex «re» del Supramonte di Orgosolo, evaso il 20 agosto scorso dal carcere di Lecce, proprio insieme allo Zichitella e ad altre nove versone. Non è solo questo fatto a collegare la presenza di Mesìna, con Zichitella e un terzo uomo, davanti alla casa di Alfonso Noce per far scattare la trappola omicida. Pochi giorni dopo l'evasione di Lecce, alcuni giornali pubblicarono una dichiarazione con cui Mesina, gettando la maschera del bandito sardo, aderiva ai Nap. L'attentato di stamane si incastra nella strategia del terrore. L'obiettivo di uccidere Alfonso Noce era una sfida allo Stato, come una sfida alla giustizia è il processo che si sta svolgendo a Napoli e che vede sul banco degli imputati molti tra i più famosi nappisti insultare, minacciare, assalire, giudici e avvocati. La. sfida alle istituzioni sembra essere il fatto centrale dell'attività dei Nap dalle lo-j ro origini come movimento terrorista ad oggi. Colpire Noce, uomo dei Servizi di sicurezza che ha condotto e conduce indagini contro le bande fasciste che hanno assassinato il giudice Occorsio e contro i gruppi terroristici che si autodefiniscono di estrema sinistra, vuol dire gettare nel panico il Paese, allarmare l'opinione pubblica, favorire possibili svolte autoritarie. Zichitella chiude oggi, dopo aver scaricato il mitra contro Noce e i suoi uomini, una lunga carriera di crimini. Quarant'anni, torinese di adozione, gestore di palestre di giorno, ladro d'auto e rapinatore di notte, è un uomo della mala fino alla primavera del '65. Già allora era evaso due volte e due volte ripreso (nell'ultima fuga si era rotto una gamba). Nel carcere di Volterra viene avvicinato da Pietro Sofia e Giorgio Panizzari. Sofia è uno dei capi dei Nap: Panizzari si è «politicizzato» in carcere. Nei primi giorni di maggio i tre vengono trasferiti al carcere di Viterbo. Il 6 maggio alle 23,15 scompare il giudice Giuseppe Di Gennaro, consigliere di Cassazione. Tre giorni dopo Zichitella, Panizzari e Sofia annunciano dal carcere (si sono procurati un arsenale di armi) che Di Gennaro è stato rapito dai Nap. Mostrano una sua foto a colori «polaroid», incatenato. Il nucleo esterno si definisce «29 Ottobre»: chiede la scarcerazione dei tre in cambio della vita del giudice; poi si accontenta di un loro trasferimento nelle carceri del Piemonte. Di Gennaro viene liberato. I Nap hanno dimostrato una certa organizzazione; si sono fatti pubblicità e soprattutto hanno rivelato di avere notizie di prima mano, di poter controllare con chissà quali collegamenti gli spostamenti della polizia. Martino Zichitella rientra nell'ombra. Ai 16 anni che doveva scontare in precedenza si assomma il nuovo reato: concorso nel rapimento Di Gennaro. Spostato da un carcere all'altro, Zichitella, l'estate scorsa, finisce a Lecce. Qui incontra Mesina e Giuseppe Sofia, fratello di Pietro. L'evasione riesce il 20 agosto. Tra i fuggitivi c'è anche Maffeo Bellicini, capo con Bergamelli e Berenguer dell'anonima sequestri. Da allora, uno dopo l'altro, gli evasi di Lecce sono stati quasi tutti ripresi. Mancavano Zichitella e Mesina. Quattro mesi dì latitanza e i Nap (forse anche Mesina) si sono ripresentati armati e organizzati per compiere un criminale attentato. Non è un gesto di disperati: è il segno che ci sono i mandanti, disposti a pescare nel torbido del terrorismo e dell'eversione. f. c.

Luoghi citati: Lazio, Lecce, Napoli, Orgosolo, Piemonte, Roma, Viterbo, Volterra