Champagne o spumante? di Piero Cerati
Champagne o spumante? Champagne o spumante? / francesi accusano gli italiani di fare concorrenza sleale allo Champagne con gli spumanti a doppia fermentazione in bottiglia, cioè ottenuti con il «metodo champenois »: questa dizione, si sostiene Oltralpe, deve scomparire dalle etichette. La risposta dell'Istituto spumante italiano « metodo champenois » (la sede è a Milano, i soci sono dieci delle più note e migliori Case vitivinicole) è stata pronta: nulla impedisce di rinunciare alla dizione che spiace ai francesi, anzi si porrà fine a una gravosa e inutile sudditanza. La definizione « metodo champenois », infatti, favorisce lo Champagne, perché sembra sottintendere la derivazione da questo vino dello spumante italiano, che invece ha caratteristiche proprie dovute al terreno, alla lavorazione dei vigneti e all'uva. L'unico punto in comune è la lavorazione, cioè la doppia fermentazione naturale in bottiglia con tutte le lunghe pratiche che essa comporta. Champagne e spumante « metodo champenois » sono due vini uguali per lavorazione, simili per qualità e consumo, diversi per gusto. Quale dei due è migliore? Ripetiamo che gli champagnes non millesimati (quelli di smercio più comune, sulle 6-8 mila lire) non possono fare concorrenza allo spumante italiano «metodo champenois » (tutte bottiglie d'annata; i soci dell'Istituto si autocontrollano per garantire la genuinità del prodotto; costo 3500-4000 lire). Si discute sulla nuova dizione che distinguerà dagli altri spumanti (metodo citarmal, a fermentazione in grandi contenitori) quelli ottenuti con il « metodo champenois ». Alcune proposte sono già state fatte: si parla di « metodo classico in bottiglia », di « spumante classico »; si deve fare comprendere al consumatore come questo spumante sia di qualità superiore, quindi di prez¬ zo più alto per la lunga lavorazione (è immesso sul mercato 4 anni dopo la vendemmia). Poiché l'inizio della produzione di spumante italiano « champenois » risale alla seconda metà del secolo scorso (con Gancio in Piemonte e Carpenè nel Veneto) si potrebbe coniare la dizione « spumante tradizionale di bottiglia », con buona pace dei francesi e senza interferire con gli appellativi «classico» o «superiore» già in uso per altri vini. Non vi sarà quindi una guerra tra spumante e Champagne, non si ripeterà la causa che alcuni anni or sono L'Institut National des Appellations d'Origine (Inao) intentò a un gruppo di produttori della Catalogna che chiamavano Xampaii il vino ottenuto a Sud-Ovest di Barcellona. L'Inao vinse e da allora lo « champagne » spagnolo si chiamò «Codorniù». Né si ripeterà l'errore di quel produttore veneto che chiamò un suo vino « Shampagne ». Il consumatore sa che « Champagne » non è un particolare pregio, un appellativo di qualità, ma è un vino: nel 1976 ne sono stati prodotti 1.300.000 ettolitri (nel 1975 le bottiglie furono 180 milioni) e le riserve previste prima della vendemmia del 1976 sono pari a 490 milioni di bottiglie (nel 1975 la Francia ne ha vendute all'interno e all'estero 122.173.580; nel 1974: 105.500.000; nel 1973 furono 124.500.000; nel 1972 si arrivò a 123 milioni). Di fronte a queste cifre vi sono gli 80 milioni di bottiglie di spumante italiano (di cui 40 milioni di moscato): di esse il 4% sono «metodo champenois ». Due considerazioni: la Francia è un colosso, ma oggi ha paura dei nostri spumanti; la quantità rischia sempre di andare a scapito della qualità: e non è certo per causa della prima che i francesi temono la concorrenza. Piero Cerati
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