Soldati: nazionalismo e sport
Soldati: nazionalismo e sport Soldati: nazionalismo e sport La mia finestra aperta del 1° dicembre ha suscitato, da varie direzioni, un certo interesse dei lettori: telefonate affettuose o rabbiose, lettere di consenso o di protesta, alcune delle quali pubblicate su queste colonne nella rubrica I lettori discutono. Ringrazio anzitutto, nella serie positiva e fra le lettere pubblicate, la signora Wanna Nocerino, che ha avuto parole quasi di entvsiasmo. E chiedo scusa, nells. serie negativa, ad Alberto Pozzo, se non mi sono sufficientemente dilungato nella dichiarazione della mia stima e del mio affetto per suo padre Vittorio. Ma mentre io ho peccato di una relativa reticenza, lui, Alberto Pozzo, è stato addirittura ingiusto con me. Sono costretto a citarmi: « Vittorio Pozzo », dice testualmente il mio articolo, « era un bravissimo uomo e un autentico sportivo: il raptus sciovinisti¬ co che lo aveva travolto e da lui trasmesso alla maggioranza dei nostri giocatori, era un effetto fatale della dominazione fascista: fatale dato che in qualche misura tutti gli italiani ebbero a sopportarlo, se non altro con un'esagerazione in senso contrario, estendendo la passione politica allo sport... ». Ammetto che, non trovandomi negli spogliatoi della Nazionale avrei dovuto precisare: « Si racconta che Vittorio Pozzo... ». E anche di questo chiedo scusa al figlio. Ma un personaggio leggendario come Vittorio Pozzo provoca e giustifica queste ellissi fantastiche. E se persino lui, nella sua dirittura e nella sua onestà, aveva ceduto al fanatismo nazionalista dell'epoca fascista, così come vi cedettero gli stessi antifascisti con un'esagerazione in senso contrario, questo significa soltan¬ to che il nazionalismo è una brutta bestia. Infatti, gli altri che si sono sentiti urtati dal mio articolo non capiscono che bisogna sempre distinguere tra nazionalismo e politica. Basta un momento di riflessione per rendersi conto che tutto, a questo mondo, è politica: anche ciò che ne semDra escluso: anzi, di più, forse, quando ne sembra escluso. Quindi, è politica anche lo sport. Ma il nazionalismo no: il nazionalismo deve essere superato, inglobato dalla politica. Esistono molte persone (chi non ne conosce?) che amano sinceramente la loro patria ma concepiscono l'amore di patria come una parte o un momento del loro amore per l'umanità intera. E' da questo senso di fratellanza universale che nasce l'ideale democratico, di libertà e giustizia, per tutti gli esseri umani nessuno escluso. Proprio per questo, dirò, rispondendo così alla sostanza di tutte le altre obiezioni che mi sono state rivolte, proprio per questo non è possibile paragonare la dittatura di Pinochet e le altre dittature di destra al totalitarismo momentaneo (anche se il momento dura troppo) delle Repubbliche sovietiche: le Repubbliche sovietiche non hanno mai rinnegato quell'ideale, benché non siano state capaci di realizzarlo, benché lo abbiano tradito, e benché, a volte, abbiano finto di seguirlo. Pinochet, lo esclude. Infine, al signor Nicolò Casalini, dirò che se nel '34 Azaria non era più al potere e se vi tornò solo nel '36, Franco però non era ancora in marcia, e la Repuoblica spagnola poteva ancora sperare nel socialismo, come vi spera oggi: per questo eravamo dalla sua parte. Mario Soldati
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