Un paese insanguinato dalle vendette attende il processo al "Fenaroli sardo,, di Filiberto Dani

Un paese insanguinato dalle vendette attende il processo al "Fenaroli sardo,, In Barbagia una tragica storia di passioni e di delitti Un paese insanguinato dalle vendette attende il processo al "Fenaroli sardo,, (Dal nostro inviato speciale) Nuoro, 10 dicembre. «L'attesa per il nuovo processo guasta il sonno a parecchia gente: il conto dei morti "sparati" a panettoni è ancora in sospeso e nessuno sa quando e come verrà "saldato"» dicono con rassegnato fatalismo i carabinieri di Borore, paese di 2500 abitanti ai margini della Barbagia, la roccaforte dei banditi sardi. Il nuovo processo, che si aprirà a Genova il 14 dicembre, riguarda il ragionier Francesco Lutzu, 47 anni (battezzato «Fenaroli sardo» dai cronisti giudiziari) che sta scontando l'ergastolo a Porto Azzurro perché riconosciuto colpevole di aver fatto uccidere la moglie, Domenicangela Atzas, per sposare l'amante. I giudici genovesi dovranno pronunciarsi su un'accusa che Francesco Lutzu ha lanciato, fin dal momento del suo arresto, nei confronti del cognato Antonio Atzas: «Egli è in qualche modo responsabile della morte di mia moglie». Denunciato per calunnia, il ragioniere s'è buscato quattro anni di carcere dal tribunale di Oristano ma la sentenza, confermata dalla Corte d'Appello di Cagliari, è stata annullata dalla Cassazione che ha ordinato un nuovo processo davanti alla corte d'assise d'appello di Genova. Francesco Lutzu, che da sempre si dice innocente, puniti tutto su questo giudizio che, se gli sarà favorevole, gli consentirà di chiedere la revisione del processo per uxoricidio. La storia del «Fenaroli sardo» comincia la sera del 19 luglio 1961 quando Francesco Lutzu, che allora aveva 32 anni, si presenta, stravolto, ai carabinieri di Borore. Spiega che, rientrando in auto da \ ospnlDrscmnleOristano con la moglie Dome-, , nicangela, era stato costrettolad \ i a rallentare a causa d'uno sbarramento di pietre; in quel momento qualcuno aveva sparato una fucilata, la donna era stata colpita a morte, lui era finito fuori strada, contro un muro a secco. Chi ha ucciso Domenicangela? Si fruga nella vita di Francesco Lutzu e si scopre che l'uomo ha un'amante. Margherita Sequi, maestrina di 22 anni alle scuole elementari della vicina Noragugume; si scopre anche che la maestrina è incinta, che il ragioniere ha più volte manifestato l'intenzione di «liberarsi» della moglie, sua ex domestica, per convolare a nozze riparatrici con l'amante. Emerge, nella prima puntata di questa storia, la figura del padre del ragioniere, Antonio Lutzu, un ex pastore che oggi ha 87 anni, diventato tenente colonnello di fanteria per i suoi atti di valore in guerra: in paese tutti sanno che egli odiava la nuora perché era stata serva in casa sua. Ecco, ora il quadro è completo. Padre, figlio e maestrina vengono arrestati sotto l'accusa d'aver fatto uccidere Domenicangela Atzas da sicari rimasti sconosciuti. Francesco Lutzu ritorce la stessa accusa contro il fratello della moglie, Antonio Atzas, ma nessuno gli crede, un tribunale lo bolla cerne calunniatore. , , la HiZ™?».?? ™%}t , a a e e a a o e dio (invece di due a causa di I una sentenza annullata) e, il 14 marzo 1970, la sentenza dej Unitiva: ergastolo per Fran| cesco Lutzu, 21 anni per il vecchio genitore, assoluzione con formula dubitativa per Margherita Sequi. Ma la vendetta, dice la gente barbaricina, non ha scadenza e questo proverbio sembra motivare quanto è accaduto negli anni successivi a Borore e, chissà, quanto potrà ancora accadere. Il 5 giugno 1972, Antonio Atzas, il cognato accusato dall'ergastolano, viene fulminato a colpi di lupara mentre si reca all'ovile. Indiziato per questo omicidio è Giovanni Battista Putzolu, nipote del tenente colonnello Antonio Lutzu; passano due mesi e, in pieno giorno e davanti agli occhi di tutti, cade sotto il piombo Pietrino Putzolu, omonimo ma non parente di Giovanni Battista, del quale però è amico intimo. Ad ammazzarlo è stato Salvatore Atzas, (fratello minore di Domenicangela e di Antonio) che dopo l'omicidio si dà alla rituale latitanza. Ma la storia non finisce qui. La notte del 6 novembre di quello stesso anno viene fatto fuori Giuseppe Caddeo, testimone d'accusa al processo. Chi sono gli autori del primo e terzo delitto se i Lutzu, padre e figlio, sono dentro da anni? E per conto di chi agiscono? Il clima di paura che ancora oggi si respira a Borore cuce le bocche, volta le spalle alla giustizia, si fa complice degli assassini. In mezzo a tanto silenzio, una sola voce: quella di Assunta Atzas, sorella di Domenicangela e Antonio, entrambi uccisi, e di Salvatore, l'uccisore di Pietrino Putzolu. La donna non ha dubbi: le vendette che hanno insanguinato il paese hanno la loro matrice nel processo Lutzu. Dice: «Antonio è stato assassinato perché probabilmente aveva scoperto i nomi dei sicari che hanno ammazzato Domenicangela. E così Giuseppe Taddeo che, forse, al processo non ha raccontato tutto quello che sapeva. Lo hanno eliminato per timore che parlasse dopo la morte di Antonio». Dal penitenziario di Porto Azzurro, Francesco Lutzu ha fatto sapere che lui non ha niente a che fare con questa catena di vendette. Adesso gioca tutte le sue carte, chiamando a raccolta una serie di nuovi testimoni, per convincere i giudici genovesi che Antonio Atzas, il cognato morto, è il vero responsabile dell'uccisione di Domenicangela. Pur non prendendo per oro colato l'accusa del «Fenaroli sardo», quei giudici hanno già accolto una richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento «essendosi ravvisata l'opportunità di espletare i dovuti accertamenti». Filiberto Dani i