Tutti i grossi nomi americani a colloquio con Jimmy Carter di Vittorio Zucconi

 Tutti i grossi nomi americani a colloquio con Jimmy Carter Sfilata di industriali, sindacalisti, banchieri Tutti i grossi nomi americani a colloquio con Jimmy Carter (Dal nostro corrispondente) Washington, 9 dicembre. Insediato nella stessa residenza che ha ospitato Andreotti per due giorni, la Blair House dove alloggiano gli invitati d'onore del presidente, Jimmy Carter sta accelerando da Washington, e non più dalla Georgia, i tempi della transizione. Manca ormai poco più di un mese a quel 20 gennaio che lo vedrà sfilare per le vie della capitale verso l'insediamento ufficiale alla Casa Bianca, e le sole nomine fatte rimangono quelle di Vance alla Segreteria di Stato, del banchiere georgiano Lance all'ufficio che prepara tecnicamente il bilancio nazionale e del portavoce Powell. Attendere ancora a far conoscere i nomi per le altre ■ posizioni chiave (segretario ! al Tesoro, alla Difesa, al Com- 1 mercio ecc.) accresce soltan- to il nervosismo della nazione e dà spazio alle pressioni già fortissime dei «gruppi» di potere che appoggiano i vari candidati. Nella Blair House, posta esattamente di fronte alla Casa Bianca, sul marciapiede opposto di Pennsylvania Avenue, Carter sta così setacciando capillarmente gli ambienti economici, politici, sindacali per il sondaggio d'opinione decisivo sui nomi dei «finalisti» ai posti più importanti. E la misura di quanto ampio e importante sia questo sondaggio viene soltanto dalla lista degli ospiti che si stanno succedendo nel suo studio. Tra ieri e oggi sono sfilati Henry Ford (presidente della Ford Motor) e i presidenti di Ibm, Coca-Cola, Xerox, First National Bank di Chicago, Du Pont de Nemours (colosso della chimica), General Electric, American Telephone and Telegraph, Occidental Petroleum; i finanzieri Petterson (presidente della Morgan) e Batten (presidente della Borsa di New York); i sindacali sti Meany (presidente della Confederazione generale AflCiò) e Woodcock, capo dei sindacati dell'auto. E' dunque un Who's Who di chi conta davvero in America, e dimostra come Carter, il ragazzo della Georgia arrivato alla Casa Bianca «cantando le lodi del signore e di se stesso», come disse un commentatore, oggi stia lasciando i jeans dell'agricoltore georgiano per il doppiopetto dell'uomo d'affari. Così come i magnati dell'industria e della finanza hanno deciso di scendere di persona a conoscere e misurare l'uomo che gestirà l'America per i prossimi quattro anni almeno. Tra un consiglio e una rac¬ comandazione, si riduce la lista dei candidati ai posti di governo. Improvvise opposizioni si manifestano intorno a concorrenti in testa mentre nomi nuovi si aggiungono grazie a qualche potente patrono. Si dice a Washington ad esempio che le azioni di Zbigniew Brzezinski, già tra i possibili segretari di Stato, oggi siano in ribasso anche per la carica di «consigliere per la sicurezza nazionale», un posto interno nella Casa Bianca ma assai importante (fu occupato da Kissinger per 4 anni). In Senato, soprattutto, sono sorte opposizioni alla sua nomina e Carter, che lo considera sempre il più qualificato a tale carica, ha rinviato l'annuncio. Al contrario di Brzezinski, l'appoggio di un gruppo di influenti senatori è servito invece a riportare a galla per la carica di ministro della Difesa un nome già scartato, quello di Paul Warnke, mentre il candidato di testa, Harold Brown, è in difficoltà. Sono nomi che ancora non dicono molto al di fuori dei circoli specializzati, quasi tutti acca¬ demici eminenti (come Brown) o ex funzionari di governi democratici precedenti (come Warnke), ma intorno ai quali si è scatenata una sorda e segreta battaglia di influenza che ha al centro colui che dirà l'ultima parola, Carter. L'industria, la finanza, i sindacati, gli specialisti diplomatici e il Parlamento hanno, ciascuno, interessi precisi investiti nei vari concorrenti a posti come la Difesa o il Tesoro dai quali dipendono scelte diversissime che coprono la distensione e le commesse militari, la politica fiscale e i rapporti economici internazionali. Per la difesa, ad esempio, si vuole qualcuno che sia flessibile abbastanza per appoggiare la strategia diplomatica della distensione (e non sabotarla segretamente come faceva Schlesinger con Kissinger) e per muoversi tra le promesse di riduzione delle spese fatte da Carter e le pressioni per nuove commesse provenienti dall'industria. Per il Tesoro, Carter cerca una persona in grado di secondarlo nell'opera di gra¬ duale rilancio dell'economia attraverso spese pubbliche, ma senza allarmare i gruppi più conservatori della finanza. Per la successione di William Simon al Tesoro si fa così il nome di Michael Blumenthal, presidente della Bendix Corporation, dunque un uomo gradito al grande capitale ma vicino a Carter nelle convinzioni neo-keynesiane. Dall'entourage di Carter viene detto che il presidente (ancora chiamato per ragioni costituzionali semplicemente «governatore») renderà note le sua scelte non prima della prossima settimana e saranno i posti determinanti per la «sfera della sicurezza nazionale», dunque Difesa, Tesoro, consigliere alla Casa Bianca, forse anche direttore della Cia. Carter, che nelle settimane scorse ha dovuto rimettere ordine nel suo stesso staff diviso dalla feroce rivalità fra due dei suoi «ragazzi prodigio», il trentaduenne Jordan e il trentottenne Watson, viene descritto come «molto concentrato» nell'impegno delle scelte ministeriali. Vittorio Zucconi

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