I comunisti annunciano a Madrid che si asterranno sul referendum di Mimmo Candito

I comunisti annunciano a Madrid che si asterranno sul referendum Visita nella sede del pce guardata a vista dalla polizia I comunisti annunciano a Madrid che si asterranno sul referendum (Dal nostro inviato speciale) Madrid. 9 dicembre. La sede del partito comunista spagnolo è in Calle Feligro 8, al terzo piano. Peligro significa pericolo, il partito comunista è illegale e clandestino, la targa sulla porta bianca dice «Circulo de estudios y investigaciones sociales»; ma nella stradina che taglia dal traffico di Alcalà robusti signori in abito borghese fanno la ronda. Il governo vigila sull'incolumità di uno strano circolo culturale, poliziotti e dirigenti comunisti ormai si conoscono a memoria; la Spagna che non è più franchismo ma non è ancora democrazia governa la transizione con l'ambiguità tollerante dei regimi. Il partito comunista sta diventando arbitro di un giudizio sulla natura politica del regno di Juan Carlos, riconoscere o no al pce il diritto di agire pubblicamente come qualsiasi altro partito è oggi lo scontro di fondo tra governo e opposizione; socialisti e democristiani subiscono di malavoglia questa radicalizzazione che finisce per farli apparire forze soltanto strumentali, ma la gabbia che Suarez ha preparato per i suoi avversari rischia di chiudere anche le speranze di Juan Carlos. La polemica sulla natura dittatoriale dei comunisti è l'eredità più pericolosa del franchismo, l'opportunismo dilatorio del re ha ostacolato un effettivo chiarimento; quello che doveva essere solo un falso obiettivo — al di sotto del quale far procedere rapidamente il corso della democratizzazione — si sta cambiando in discriminante unica della democrazia. Per quarant'anni gli spagnoli sono stati abituati a pensare a comunisti e socialisti come ai responsabili della guerra civil e della tragedia di un milione di morti. Rojo era sangue e violenza. Dopo la morte di Franco, constatato che senza l'opposizione non si poteva governare il cambio politico, un'abile operazione doveva portare al recupero dell'immagine del socialismo, e successivamente ad una rottura tra socialisti e comunisti. La rrima parte è stata realizzata, e ha avuto la sua più brillante conclusione pubblicitaria con il congresso del psoe; la seconda è fallita. Almeno finora e nonostante le simpatie note di Willy Brandt. Il fallimento rischia di essere definitivo. Perché? Ci risponde l'esecutivo del pce, nella sua sede: «Abbiamo scelto dì scendere in piazza e farci vedere dalla gente per come siamo. Facciamo manifestazioni pubbliche, riunioni nei teatri, incontri net circoli di quartiere, assemblee in fabbrica; qualche volta ci arrestano, ma altre no. Vinciamo le diffidenze e le paure, conquistiamo la legalità giorno dopo giorno». In due settimane di meeting simili a piccoli e improvvisati «festival dell'Unità», la Federazione di Madrid ha distribuito quattordicimila tessere; quasi duecentomila in tutta la Spagna. «Arriveremo a trecentomila prima del riconoscimento legale». Gli arresti sono meno di centocinquanta, sono stati pagati 130 milioni in cauzioni per libertà provvisoria La tessera è un piccolo carnet a colori, arancione e rosso, con una falce e martello in nero; lo ha disegnato il pittore Juan Genovés, reca la firma del presidente Dolores Ibarruri e del segretario Santiago Carrillo. Non c'è il nome, solo un numero progressivo, l'idicazione dell'età, sesso, la località. Il partito si dice molto forte a Madrid, nella Catalogna di Barcellona, in Galizia, Asturie e Paese Basco, anche tra i campesinos dell'Andalusia. «C'è molta unità tra la nostra base e la base del psoe, uno sposta¬ mento a destra dei socialisti gli farebbe perdere molti consensi; Felipe Gonzalez ne è consapevole». Brandt ha tentato una integrazione della tattica socialista nella linea Suarez: ha anche fatto incontrare, ad un party nell'ambasciata della Germania federale, i ministri franchisti e il segretario Gonzales. Ma al congresso del psoe uno degli applausi più lunghi e più forti è andato al comunista che rappresentava Coordinacion Democratica e la sua strategia unitaria. Questa unità ha portato alla decisione comune di non votare nel referendum di mercoledì sul progetto di Reforma politica. « E' una astensione attiva, rifiutiamo di partecipare ad un plebiscito manovrato dal governo senza garanzie, ma denunciamo anche che la Reforma è una trappola se non riceve il controllo delle opposizioni democratiche». Il voto in bianco potrebbe essere manipolato senza difficoltà nelle urne, la richiesta della rinuncia a votare (una rinuncia pesante dopo quarant'anni di silenzi) rompe con le astuzie del regime e della monarchia. «Ci aspettiamo un quaranta per cento di astensioni». L'esecutivo comunista è un gruppo di uomini ormai anziani; messi insieme, è gente che ha fatto più di cento anni di carcere nelle galere fran¬ chiste. Ci sono molti tesserati giovani, «manca, purtroppo, l'età di mezzo, cancellata dalla repressione e dalla dittatura». Dicono ancora: «Chi crede nella democrazia sa che siamo il partito che ha pagato di più nella lotta al regime. E non molliamo». Rifiutano, per questo, di mettersi da parte nella commissione antifranchista che dovrebbe negoziare con Suarez (ed è un negoziato ancora fermo per una protesta socialista: la lettera da portare al premier era stata preparata in assenza del psoe, riunito a Congresso, Gonzalez fa l'offeso e dice che ci deve meditare su). Ma rifiutano soprattutto di restare esclusi dalle elezioni politiche della primavera: «Se gli altri partiti democratici decidono di parteciparvi anche qualora il pce non fosse stato legalizzato, allora faremo elezioni parallele: andremo davanti ai collegi elettorali e faremo propaganda per i nostri "candidati"; come se le liste comuniste fossero nell'elenco generale. Non temiamo la galera, e le elezioni si trasformeranno in un voto sulla finta democrazia». E' una tattica che il regime non aveva previsto, davanti all'Europa che guarda attenta sarebbe difficile chiamare democratica quella Spagna. «E non accettiamo nemmeno di partecipare con liste e simbolo modificati: la democrazia non vuole maschere, ciascuno ha la sua faccia». Santiago Carrillo vive a Ma- drid da febbraio, protetto dal-la clandestinità e — forse — dalla stessa polizia. Presto apparirà in pubblico. Mimmo Candito