Bolzano: l'autonomia tra ricordi e delusioni di Giuliano Marchesini

Bolzano: l'autonomia tra ricordi e delusioni A 30 anni dall'accordo di Parigi Bolzano: l'autonomia tra ricordi e delusioni L'ex ministro austriaco Grueber ha rievocato la firma del documento e la figura di De Gasperi - Magnago, leader della Volkspartei: "Le speranze riposte non si sono in parte realizzate" (Dal nostro inviato speciale) Bolzano, 7 dicembre. Il 5 settembre del 1946, a Parigi, sedevano ai lati opposti di un tavolo Alcide De Gasperi e Karl Griiber, allora ministro degli Esteri austriaco: i due uomini di Stato gettavano la basi, con la firma di un documento, dell'autonomia in Alto Adige. Da quel giorno ad oggi, la questione alto-atesina si è dilatata, è esplosa con il terrorismo degli Anni Sessanta, è rientrata nel canale della diplomazia con le trattative che hanno condotto all'approvazione del «pacchetto». Sono passati trent'anni, e i problemi dell'Alto Adige non sono ancora tutti risolti: la popolazione di lingua tedesca della provincia di Bolzano sta aspettando l'attuazione di certe norme che giudica di fondamentale importanza. Della lunga, a tratti logorante vicenda alto-atesina, s'è parlato durante il dibattito promosso dal Circolo della stampa in occasione del trentennale dell'accordo De GasperiGruber. Incontro che ha richiamato un gran pubblico, anche perché vi partecipava il protagonista austriaco dell'intesa di Parigi: Karl Griiber è stato puntuale all'appuntamento, ha portato il suo bagaglio di ricordi. Nell'introdurre la discussione, il direttore del quotidiano Alto Adige, Gianni Faustini, ha osservato come in questo periodo si sia risvegliato l'interesse per la sofferta questione alto-atesina, che dovrebbe essere ormai poco lontana dalla conclusione. La rievocazione dei primi passi per la composizione della vertenza era affidata al prof. Pietro Pastorelli, ordinario di Storia dei trattati all'Università di Roma. L'opinione dello storico sul patto siglato a Parigi, all'uscita dall'immensa tragedia del conflitto mondiale, è largamente positiva: prima di tutto, dice Pastorelli, l'accordo offriva una soluzione tale da garantire ai sud-tirolesi la conservazione delle caratteristiche etniche, in secondo luogo poneva le premesse per il ristabilimento di un'autentica amicizia tra Italia e Austria. E Karl Griiber, nell 'attingere alle sue memorie, rende omaggio allo statista che ebbe di fronte nella trattativa parigina. «Io credo — dice — sia stata una grossa fortuna per l'Europa che allora fossero all'opera uomini come De Gasperi, gente consapevole della necessità di aprire una nuova era, della ricerca di un modo di vivere tra popolazioni vicine. Un accordo come quello dell'Alto Adige non vive soltanto sulle norme, ma anche sulla speranza». L'ex ministro degli Esteri austriaco ricorda certi brani dei colloqui avuti con De Gasperi: «Ci parlavamo con franchezza, c'era un certo scetticismo da una parte e dall'altra. Lui diceva che il successo di una trattativa come quella dipendeva anche da una visione europea. Questo va ripetuto oggi, anche se molti illusioni sono sfumate e la fede nell'Europa vacilla. Forse ci vorranno generazioni, ma la situazione qui a Bolzano dimostra che anche in condizioni difficili si può imparare a convivere. E io ho fiducia nei giovani». Intanto, trent'anni non sono bastati a chiudere la vertenza dell'Alto Adige. Silvius Magnago, leader della «Volkspartei», esprime quel malumore e quell'amarezza che aveva già manifestato nell'intervista al nostro giornale. «Oggi — dice il presidente del partito Sud-tirolese — si celebra qui l'anniversario dello accordo di Parigi ma noi non festeggiamo un compleanno. Speranze risposte in quell'intesa sono andate in parte deluse, alcuni dei provvedimenti fondamentali non sono ancora stati attuati. L'accordo di Parigi non è un trattato commerciale: serve esclusivamente alla tutela dei sud-tirolesi, esige un'applicazione generosa e deve garantire una salvaguardia permanente delle minoranze linguistiche dell'Alto Adige. E occorre una reciproca comprensione per risolvere certi problemi». Davvero non se la sente, Silvius Magnago, di festeggiare questo «trentennio». Anche se per una parte consistente del bilancio non ha motivi di lagnanza: «Viviamo questa giornata — dice — anche con soddisfazione, ma con il volto segnato dalle rughe della preoccupazione». La risposta alle inquietudini del leader della «Volkspartei» viene dal democristiano on. Alcide Berloffa, presidente della «Commissione dei Dodici», cui è affidato l'incarico di definire le norme di attuazione del «pacchetto». Il patto siglato al tavolo delle trattative di Parigi, replica Berloffa, non è stato merce di scambio: tutto quello che è avvenuto dopo è stato pesantemente condizionato da riluttanze a considerare confermato il confine del Brennero e dalla difficoltà nel crearsi una mentalità adatta a stabilire rapporti tra popolazioni di lingua diversa. Il presidente della commissione dà atto a Magnago che lo Stato non ha saputo avere subito questa mentalità. Ma lo Stato democratico, aggiunge, non finirà mai di crescere: c'è una volontà d'incontro. Alcide Berloffa dice che con l'approvazione del «pacchetto» vi è stata una ripresa di credibilità reciproca. «Ora questa lunga vicenda deve servire ad aiutarci a gestire insieme i poteri autonomi». E' sentita da tutti, assicura il parlamentare, la necessità di chiudere al più presto la vertenza. «Così avremo un punto dì riferimento, e anche la tranquillità. Ma non si deve sfuggire mai alla realtà della presenza di tre gruppi linguistici in Alto Adige: essa resta il fondamento accettato nello statuto di autonomia. Occorre, quindi, affrontare insieme i problemi che emergono nella vita d'una comunità provinciale composita». In conclusione, l'on. Berloffa rivolge un invito al superamento graduale dei «contrasti etnici». Giuliano Marchesini