Angelini testardo rifiuta di rivelare chi erano le "menti,, del rapimento

Angelini testardo rifiuta di rivelare chi erano le "menti,, del rapimento Quinto giorno di interrogatorio del "carceriere,, di Cristina Angelini testardo rifiuta di rivelare chi erano le "menti,, del rapimento Sostiene: "E' evidente che esistono ma noi siamo soltanto la manovalanza" - Poi difende il boss Giacobbe, accusando la polizia: "Durante il confronto in questura un commissario mi indicò chi dovevo identificare" L'imputato ha ricevuto un "avviso di reato" per il sequestro Riboli - Domani interventi della parte civile (Dal nostro inviato speciale) Novara, 7 dicembre. Quinta giornata di interrogatorio di Giuliano Angelini. Il presidente ha esaurito le domande e le contestazioni da rivolgere all'imputato e ha passato la mano al p.m. che gli ha rivolto le proprie; giovedì (domani non c'è udienza) toccherà alla parte civile. Angelini ha, nonostante tutto, spirito ancora gagliardo, risponde con prontezza e apparente sicurezza anche quando dice cose illogiche, assurde. Va avanti per la sua strada già chiaramente tracciata, quella della difesa dei personaggi mafiosi. Calca maggiormente questa linea; per smantellare ancora di più l'accusa al presunto boss Antonino Giacobbe arriva a dire che nel corso di quella ricognizione cui partecipò, alle 23 dell'8 settembre '75 al commissariato di Lamezia Terme, riconobbe il Giacobbe non solo perché il commissario Antonino Surace lo invitò pesantemente a farlo, ma anche perché lo stesso Surace poco prima di metterlo davanti a tre persone, tra cui c'era il Giacobbe, gli disse quale era la posizione di colui che doveva identificare. Il commissario di ps Surace figura nell'elenco dei 150 testi, ma sarà sentito dalla Corte soltanto tra un paio di mesi. C'è da presumere che Surace, in questa attesa, reagisca a distanza con una denuncia per calunnia contro l'Angelini. L'avvocato Pecorella di parte civile ieri l'altro aveva sollecitato il p.m. a chiedere l'incriminazione dell'Angelini per questo reato in modo che egli venisse giudicato nell'ambito del processo. Né il p.m. né il presidente hanno accolto la proposta ed ora si va avanti dovendo ritenere valida l'affermazione accusatoria di Angelini contro uno degli inquirenti. «Perché non l'ha detto l'altro giorno, questo particolare della posizione?» chiede il presidente. «Mi sarà sfuggito» risponde Angelini. «Sulla pistola, cosa ha da dire? La Petroncini ne era a conoscenza?». «La comperai e la nascosi, la Petroncini non ne conosceva l'esistenza». «Ci sono due passi in lettere che lei inviò alla Petroncini in cui parla di pericoli, nell'ora d'aria e poi dopo il processo; in che cosa consistono questi pericoli?». La domanda del presidente cerca di conoscere qualcosa di più sulle minacce e gli interventi della mafia, ma Angelini non cede su questo punto: «Alle Nuove accadeva un accoltellamento al giorno, potevo incappare anch'io in qualche matto. Se dopo il processo verrò mandato in un carcere grosso, posso trovare chi mi aggredisce, anche solo per questioni di sentimenti viscerali». «A proposito degli incontri del 12 e del 14 luglio ha detto che assieme ad Achille Gaetano e a "Franco" c'era un al tro, descritto alto, di corpora tura robusta, capelli ricci, accento meridionale. Poteva es sere Sebastiano Spadaro? Lo ha mai visto? Guardi queste foto per vedere se lo riconosce». Il presidente Caroselli gli mostra la foto segnaletica e quelle che furono scattate allo Spadaro 1*11 luglio a Varese, quando usciva da una cabina telefonica dalla quale aveva appena telefonato alla I famiglia Mazzotti per chiede re il riscatto di 5 miliardi dando la parola d'ordine «Il Marsigliese». Angelini le guarda: «No, non l'ho mai visto quest'uomo». Il presidente gli legge un brano del suo memoriale dove dice che gli imputati sono tanti e tra essi c'è almeno un «innocente estraneo». «A chi si riferiva?». «A Luigi Gnemmi». «Lei scrìve anche che ve ne sono altri più colpevoli di lei, chi sono?». «Achille Gaetano». «Ma parla al plurale e accenna alle menti. Lei quindi sa chi sono». «E' evidente che ci sono le menti, noi non abbiamo mica organizzato il sequestro e la riscossione, noi siamo manovalanza, gli altri sono superio ri a noi». Il presidente ribatte: «Le menti sono scomparse perché la ricognizione di Giacobbe per lei non ha valore e Francesco Gattini non lo ricono sce». Si parla di soldi. Il presidente dice che sono stati sequestrati nella cascina di Ca; stelletto Ticino circa 10 miliò ni, trovati su indicazione della Petroncini. «Qual è la parte che era rimasta a lei degli 87 milioni?». «Circa 30 e devono essere stati sequestrati tutti perché erano in un cuscino». «No, solo 10» risponde il presidente. «E' impossibile. Ls farò pervenire un rendiconto scritto», ribatte Angelini. Il p.m. dottor Corrado Can fora cerca, con le sue doman- jde, di annientare il castello difensivo che Angelini ha creato per sé e per i suoi: I«Lei dice che i gioielli non li jrapinò, ma li tolse a Cristina per restituirli a lei o alla fa- ■miglia; come mai il 3 settem jbre un anello era ancora in jpossesso della Petroncini?». «Credevo che nel contemto re fosse stato messo tutto». [«A Lamezia Terme ha ac I quistato pesce» (il p.m. allu- de al fatto che Francesco Gae tano disse di avere conosciu to l'Angelini solo perché una volta andò da lui a compera re del pesce). Angelini risponde: «Non ho mai acquistato del pesce, ho comperato dell'olio, se le inte ressa». «Perché ha scritto alla co- guata, a due cappellani di caicere, a un detenuto che il Già cobbe è innocente, cioè è an dato alla ricerca frenetica ditestimoni e non ha pensato di scriverlo al giudice istruttore o al presidente della Corte?» «Nella prima fase dell'i struttoria sapevo di essere nelle mani della polizia e non mi fidavo». Il presidente interviene , do l'istruttoria è sommaria è diretta da un magistrato, la polizia non c'entra». «Avevo paura che il giudice non mi credesse». Tra le altre domande del p.m. una concerne la parteci I pazione della Cristiano alla energicamente: «Anche quan- é e 7 e é l ò custodia. «Come la spiega, visto che lei dice di non avere fatto agire la Petroncini perché non voleva che Cristina sì accorgesse che c'era una donna?». «La Petroncini doveva andarsene dalla cascina». Angelini ammette che la presenza di una donna fra i custodi era necessaria essendo l'ostaggio una ragazza. E poiché già in una riunione che si tenne alla cascina il 14 giugno egli aveva cercato di ingannare Luigi Gnemmi, convivente della Cristiano, perché questa potesse allontanarsi da casa per fare la custode, è evidente che già allora si prevedeva di rapire una donna. Nell'udienza di oggi s'è accesa una miccia. L'avv. Sarno difensore di Giuseppe Milan, ! l'avv. Cocco difensore di Achille Gaetano, e l'avv. Celiento difensore di Alberto Menzaghi hanno fatto istanza alla Corte di richiedere alle Procure di Lecco e di Varese notizie sulle posizioni processuali dei loro difesi in merito ad altri sequestri di persona. Per il sequestro Stucchi (15-10-1974) Milan e Achille Gaetano hanno ricevuto un mandato di cattura, Menzaghi e Spadaro un avviso di reato; per il sequestro Riboli ( 14-10- 1974) Angelini, Menzaghi e Carpino hanno un avviso di reato; per il sequestro De Mi- cheli (13-2-1975) Achille Gae-tano ha un avviso di reato, Questi difensori cercano forse di creare le premesse per ottenere la connessione soggettiva dei due procedi- Remo Lugli menti ( poco probabile perché sono in due fasi molto diver se) o la sospensione per la presenza della associazione per delinquere (altrettanto poco probabile per l'esistenza di imputati ignoti)? La parte civile è pronta a parare even tuali 0Oipi di questo genere. Vuole a tutti t costi che u processo vada avanti. Novara. Loredana Petroncini, detta « Pupetta » (F. Rossi)

Luoghi citati: Lamezia Terme, Lecco, Novara, Varese