L'ultimo cronista d'assalto di Arturo Rampini
L'ultimo cronista d'assalto L'ultimo cronista d'assalto Arturo Rampini ci ha lasciato - Pronto, abile, coraggioso affrontava il mestiere come una battaglia - Tra le molte "imprese" la cattura di un omicida - Una grande passione: la montagna - Conquistò cime anche in Perù e in Anatolia L'ultimo cronista d'assalto se n'è andato. Il nostro collega Arturo Rampini è morto ieri alle 14 alla clinica Pinna Pintor, vinto da un male incurabile. Aveva 46 anni, era nato a Brescia. Il suo male si era manifestato all'inizio dell'anno: si era fatto curare, sembrava essersi ripreso. Una settimana fa la ricaduta e poi il rapidissimo declino. Bra un personaggio simpatico e inimitabile, nel mondo dei oronlsti torinesi: le sue imprese, alla caccia della notizia o della fotografia, erano famose, il suo era diventato un modo di fare del giornalismo, legato a tempi di continua corsa ad arrivare primi per avere « tutto e subito » su un fatto. In dieci anni trascorsi a « La Stampa » Rampini ha vissuto i risvolti più drammatici della cronaca cittadina dai piccoli ai grandi episodi. Delitti, tragedie, sciagure: diceva di averci fatto il callo, si mostrava spavaldo. Ma era un modo di vincere la sua timidezza e la solitudine che lo opprimeva. Una sua impresa rimane em blematica. Il 10 febbraio 1970 catturò da solo Giancarlo Sanna, l'omicida dell'industriale Giuseppe GiaJ Baudlssard, crivellato di colpi nella sua villa di Gìaveno. Rampini lo cercò e lo trovò in via Roma, aveva ancora la pistola in tasca. Poi lo convinse a seguirlo al giornale e lo consegnò al dott. Montesano. Fu il primo, nel '69, ad entrare alle Nuove in rivolta, precedendo le forze dell'ordine in un tentativo di mediazione con i detenuti. Rampini era giunto al giornalismo dopo essersi dedicato per tanti anni alla montagna. Impie gato alla Riv, trascorreva tutti 1 suoi giorni liberi sulle cime. Favorito dalla sua corporatura minuscola, tutto muscoli e nervi, prima allievo e poi istrut¬ tore della scuola di alpinismo « G. Gervasutti ». partecipò nel '61 alla spedizione del Cai di Torino, organizzata in occasione del centenario dell'unità d'Italia nella Cordillera Bianca (Perù) al Pucahjrca Central, l'ultimo inviolato « seimila » della zona. In quel viaggio insieme con gli accademici Fornelli, Garimaldi e Miglio, conquistò due vette che chiamò Superga (5200 m.) e Italia 61 (5300 m.). L'anno dopo raggiunse l'Anatolia centrale dopo 7 mila chilometri in motocicletta e con Paolo Bertini tracciò la « prima » della Torre Torino. Rampini iniziò a scrivere per la rivista « Scendere » del Cai, collaborando per alcuni anni con pezzi sulla tecnica alpinistica anche all'» Unità ». alla « Gazzetta del Popolo », a «La Stampa ». e a « Stampa Sera ». Sua e anche una monografìa sulle palestre torinesi di arrampicamento e in particolare sulle « Dolomiti della Valle Stretta ». Nel '65 incominciò a collaborare in modo continuativo al nostro giornale come corrispondente dalla Val di Susa, nel '66 fu assunto come cronista e nel '68 divenne giornalista professionista. Il suo è stato un lavoro spesso sconosciuto al pubblico dei lettori, ma tutti abbiamo imparato da lui. Lo abbiamo temuto quando era in un giornale concorrente, lo abbiamo seguito quando partiva all'assalto. Ma è sempre stato un amico per tutti, un cronista «di grinta » da imitare. g# (j^ Arturo Rampini
Persone citate: Arturo Rampini, Gervasutti, Giancarlo Sanna, Giuseppe Giaj, Miglio, Montesano, Paolo Bertini
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