In Giappone il partito di governo teme una "punizione elettorale,, di Mario Ciriello

In Giappone il partito di governo teme una "punizione elettorale,, Oggi si vota dopo lo scandalo Lockheed a Tokyo In Giappone il partito di governo teme una "punizione elettorale,, (Dal nostro corrispondente) Londra, 4 dicembre. Le molte suspense elettorali del 1976 non sono ancora finite. Dopo il Portogallo, l'Italia, la Svezia, la Germania e gli Stati Uniti, è la volta del Giappone, dove settantotto milioni di votanti sono stati chiamati a scegliere i 511 deputati della Camera Bassa. Sono elezioni, quelle di domani, che meritano di essere seguite ed analizzate da tutti, in tutte le parti del mondo, perché il momento è veramente eccezionale. Domani, infatti, il partito che governa il Giappone dal 1955, il partito liberal-democratico, potrebbe perdere la sua superiorità parlamentare e si aprirebbe così un periodo di instabilità politica con possibili ripercussioni in campo economico. Non si riesce neppure ad immaginare quali alleanze potrebbero riempire il vuoto di potere creato da una sconfitta liberal-democratica. Sarebbe un viaggio verso terre ignote. Sono proprio queste incertezze, queste paure, che potrebbero salvare domani i liberal-democratici da quella «punizione elettorale» che pareva inevitabile ancora poche settimane fa, quando il partito vacillava sotto i colpi dello scandalo Lockheed e di laceranti lotte intestine. C'era stato l'arresto dell'ex premier Kakuei Tanaka e di altri esponenti liberal-democratici, tutti coinvolti nella vicenda «Rokidou» (la pronuncia nipponica di Lockheed). Si erano avute nuove rivelazioni sugli ambigui rapporti che per anni avevano legato il partito al big business, pareva che neppure i nobili sforzi del premier Takeo Miki potessero fermare il declino, morale e politico, del grande movimento conservatore. Tale era lo sdegno che si sminuivano persino le vittorie di Miki contro l'inflazione, abbassata in due anni dal 25 al 19 per cento. E non era poi un decennio che la supremazia liberal-democratica perdeva terreno? E' un costante regresso che ricorda quello di un partito sotto certi aspetti simile, quello democristiano in Italia. Tredici anni fa, i liberaldemocratici giapponesi avevano il 54,7 per cento dei voti. Nove anni fa. il 48,8. Sette anni fa, il 47,6. Quattro anni fa, il 46,8. Non basta. Sia per reazione aH'«affarismo» del partito governativo, sia per desiderio di un'amministrazione più sensibile ai problemi so¬ ciali, con una visione più «morale», si manifestavano nuove tendenze verso un centro inclinato non tanto verso una sinistra politica quanto verso valori diversi. E' uno dei motivi del costante rafforzamento del Komeito, di ispirazione buddista, il cosiddetto «partito per un governo pulito». Questi aneliti, queste irrequietezze esistono tuttora, ma — come abbiamo detto — potrebbero trovare domani una barriera psicologica, e quindi elettorale, nel timore di un salto nel buio. Facciamo l'ipotesi che i liberal-democratici (con 265 seggi fino a ieri) non riescano, come è quasi certo, a conquistare i 271 seggi necessari per avere il controllo completo della Camera e di tutte le principali commissioni; e che non riescano neppure ad assicurarsene 256, la metà più uno. Che avverrebbe? Nessun commentatore, nessun politico sa dare una risposta. Non esistono precedenti. Il guaio è che il Giappone non ha un'opposizione vera e propria, non ha neppure un robusto partito comunista come l'Italia. Ci sono diversi partiti ma che, \ finora almeno, si sono mostrati incapaci di presentare un fronte unico, e perfino di convergere. I principali partiti dell'opposizione sono quattro. Il più sostanzioso è il partito socialista, che aveva 112 seggi nella Camera ora disciolta. Lo seguono il partito comunista (uno dei più moderati del mondo) con 39 seggi, il Komeito con trenta seggi e il partito socialdemocratico con diciannove. In teoria, una sconfitta liberal-democratica dovrebbe stimolare questi quattro movimenti a formare una coalizione, ma soltanto il partito socialista sembra disposto a governare con i comunisti e sarebbe un'amministrazione dalla vita assai breve. Più probabile, invece, un altro compromesso: cioè un ritorno al potere dei liberal-democratici con l'appoggio, interno o esterno, del partito socialdemocratico (che si considera l'equivalente nipponico del laborismo britannico) e forse anche del Komeito, i due «fa¬ voriti» nella gara elettorale. Meglio non fare pronostici ed attendere i risultati, anche perché non sono queste le sole incognite. Alcuni liberal-democratici incriminati per lo scandalo Lockheed e adesso a piede libero in attesa di processo, partecipano alle elezioni come candidati «indipendenti» e hanno ottime possibilità di tornare in Parlamento perché sono candidati in collegi remoti o rurali, dove le loro pecche non infiammano gli animi. Il più famoso è Tanaka. Un certo numero di conservatori «indipendenti» è sempre eletto in Giappone e, questa volta, potrebbero essere dieci o dodici. Questi seggi, aggiunti a quelli dei liberaldemocratici, permetterebbero al partito di Miki (o del suo eventuale successore Fukuda) di restare al timone, sorretto da una maggioranza di 171. Ma sarebbe soltanto un rinvio. L'anno prossimo, si voterà per la Camera Alta, che in Giappone ha vasti poteri. Ed i liberal-democratici dovranno riaffrontare una nuova, rischiosissima prova. Mario Ciriello

Persone citate: Fukuda, Kakuei Tanaka, Takeo Miki, Tanaka