Nenni è ritornato a Madrid a quarantanni dalla guerra di Pietro Nenni

Nenni è ritornato a Madrid a quarantanni dalla guerra Partecipa al congresso dei socialisti spagnoli Nenni è ritornato a Madrid a quarantanni dalla guerra (Dal nostro inviato speciale) Madrid, 4 dicembre. Il vecchio Nenni è tornato in Spagna oggi pomeriggio alle 4. Ci mancava dal 2 febbraio del '39. Aveva la faccia tesa e stanca; con le mille rughe che gli segnavano a fondo le guance. Si è fermato un attimo in cima alla scaletta dell'aereo, appoggiato alla figlia. Muoveva lentamente la testa lungo 1 orizzonte brullo dell'altipiano, fermo sui piedi, senza una parola. Non è retorica dire che il suo sguardo andava lontano. Il canto dei ricordi non si mostrava sul bel volto di pietra. Un vento teso e freddo agitava il cappotto scuro, il basco faceva più bianco il pallore della fatica. E' stato un incontro della storia, 40 anni sono la vita di un'epoca. Nel '39 era un volontario della Brigadas Internacionales, oggi è il presidente del Partito socialista italiano. Sta a Madrid per guidare la delegazione che porta il saluto ai companeros del Partito Socialista Obrero Espanol, il Psoe di Largo Caballero e Pablo Iglesias; ma sta a Madrid soprattutto per testimoniare la speranza della democrazia, la fine autentica della dittatura. «Ho una grande emozione — ha detto — e molta felicità». La ricca cadenza della sua parlata romagnola si avvertiva appena nel tono basso della voce, gli occhi erano fermi. Un vecchio che ha fatto battaglie aspre e amare non rivela lacrime. E' uno degli ospiti d'onore del ventisettesimo congresso del Psoe, accanto a Brandt, Miterrand, Poot, Altamirano. Il socialismo da stasera domina i giornali di Madrid, la gente aspetta; c'è ansia e curiosità. L'importanza del franchismo muove ancora i ricordi recenti del costume politico, ma questi «ambasciatori speciali» dell'Europa democratica pongono domande nuove; nei popoli di Spagna c'è attesa, voglia di sapere, desiderio di capire, partecipare. Il congresso è una macchina enorme, cinquemila delegati, a riempire sale e corridoi di un grande albergo, tv a circuito chiuso, controlli severissimi ad ogni angolo, lasciapassare di varia forma e autorevolezza. E' una delle facce di questo Paese ancora incerto sul proprio futuro: ha avuto il permesso del regime, ma non potrà chiamarsi congresso del Psoe. Soltanto, convegno di studi socialisti. L'ipocrisia è lezione antica della diplomazia iberica, la libertà è una conquista da strappare ogni giorno. Convegno o congresso, comunque si fa. Può essere una data storica. Segna una svolta decisiva del processo di transizione cominciato nelle ambiguità di un Borbone ancora non affrancato dal franchismo. Il Psoe sarà probabilmente il più forte partito della Spagna democratica, già oggi è la forza leader dell'opposizione al «continuismo» incerto del regime: l'Europa dirà sì alla domanda di Juan Carlos solo quando lo permetterà il Psoe. Londra e Bonn gli fanno da tutore, Mitterrand lo alletta con i suoi programmi maggioritari, il modello dell'eurosocialismo ne segna l'ideologia e le ambizioni. Il dialogo con il governo del re è ormai avviato, la stessa decisione di accettare in silenzio lo spostamento della data del congresso (doveva essere un mese fa) è un episodio che dà conferma del negoziato. A novembre, il progetto di reforma politica del re doveva ancora essere discusso dalle Cortes. Il congresso socialista rischiava di creare troppe difficoltà al governo che ha scelto la strada del compromesso; oggi le Cortes hanno già votato la reforma, non ci sono rischi di radicalizzazione, i socialisti possono riunirsi. Si aggiunge un piccolo tassello al mosaico clandestino della democrazia. Nelle edicole si vendono edizioni speciali che commemorano il primo anno del regno di Juan Carlos I. Si fanno bilanci teneri, foto aggraziate, cerimonie di rispetto cortigiano. Ci sono ambiguità non chiarite, ma quel mosaico si rivela oggi a buon punto di realizzazione: Suarez ha un forte senso della politica, il re sta trovando coraggi insospettati, per la prossima settimana ci sarà il primo incontro ufficiale tra governo e opposizione. E nella delegazione che andrà al palazzo di governo siederà anche il senor Sanchez Monterò. Suarez farà finta di non conoscerlo, gli stringerà la mano come a uno qualsiasi degli altri nove «convitati»: ma Sanchez Monterò, quando non è un senor cittadino privato, è il numero due del partito comunista. Suarez e i suoi interlocutori giocheranno la commedia, i partiti ufficialmente non esistono, l'incontro è fra governo e rappresentanti in blocco dell'antifranchismo. Il pc aveva addirittura proposto Santiago Carrillo, ma era una designazione difficile da sostenere a fondo, la commedia non ac¬ cetta «attori» troppo compromessi. Anche con Sanchez Monterò, comunque, è già una mezza rivoluzione. Dice Nenni: «A Madrid ci dovevo venire». Ricorda la notte tremenda di quel 1" febbraio del '39, quando nel castello di Figueras Negrin annunciò che ormai era la sconfitta, la battaglia di Caraluna perduta; restava solo la speranza di Madrid. Ma fu inutile anche questa. Oggi c'è un'altra speranza. «A Madrid ci dovevo venire», ripete il «gran vecchio». Mimmo Candito i Madrid. Pietro Nenni con il segretario del ps spagnolo, Felipe Gonzales (Ap)