Si può andare avanti però cambiando tutto di Maurizio Caravella

Si può andare avanti però cambiando tutto Il ciclismo deve rinnovarsi; vediamo come Si può andare avanti però cambiando tutto Bisogna seguire l'esempio dell'automobilismo : Grandi Premi per il "mondiale" Nascerà il Giro d'Europa? - L'importanza del Totociclo - Corse nelle grandi città Mantenere una grossa squadra ciclistica, oggi, costa circa un milione al giorno, e in qualche caso l'approssimazione forse è per difetto. I corridori ormai sono agenti pubblicitari montati su due ruote: reclamizzano gomma da masticare, gelati, cucine componibili, e anche lampadari, televisori, mocassini. Merckx — che pedalando ha già fatto abbondantemente un viaggio Terra-Luna — è passato dai salumi alle automobili, dopo l'Infelice episodio delle mortadelle allo sterco; Bilossi ha lasciato I lampadari per le cucine, l'anno scorso i materassi a molle volevano Moser. Se un corridore si ritira perché la sera prima, anziché andare a letto presto, ha perso tempo tendendo agguati ad una cameriera, può anche farla franca: ma se viene invitato alla televisione e dimentica II berretto (con la scritta, in bella evidenza, della ditta che lo paga), sono guai grossi. Lino Marusi, direttore generale della Scic, dice: •Consideriamo il ciclismo come una delle attività aziendali. Stiamo per iniziare il nono anno consecutivo: evidentemente crediamo in questo tipo di pubblicità. E' un messaggio continuo, che comincia a gennaio e finisce a ottobre. Un messaggio che rimane». Eppure molte ditte, dopo anni, si sono ritirate, preferendo altri tipi di investimento: alcune hanno fatto la figura delle meteore: una stagione, due al massimo, e poi via di corsa. Se I professionisti sono soltanto un centinaio, su sessantamila tesserati, Il motivo è soprattutto questo: le industrie disposte a spendere certe cifre per il ciclismo sono poche: quindi, non c'è spazio per altri professionisti. E' semplicemente una questione di posti di lavoro. La manodopera ci sarebbe: «Venticinquemila ragazzi fanno ciclismo agonistico», dice Renato Di Rocco, segretario Ucip. E' la dimostrazione più evidente che il ciclismo, da molti ritenuto — secondo noi Ingiustamente — sport anacronistico, per sopravvivere e sperare di riavviclnarsi al livelli del passato deve rivedere le sue strutture dalla base. Rivoluzione, oppure declino, lento ma Irreversibile. Ormai I mecenati non esistono più, chi paga vuole una contropartita ed è giusto, perché lo sport non può e non deve vivere su elemosine. PRIMO PUNTO: / Grandi Premi. Se diventa campione del mondo il signor Kuiper, Il tifoso dice che non è giusto; se lo diventa Ottembros, che è una burla. I corridori gareggiano per più di cento giorni l'anno, campioni come Moser e Maertens (che nel '76 ha vinto 52 volte) sono arrivati a 130 ed anche più. Possibile che la maglia iridata venga assegnata In sole sette ore? Possibile che ad un campionato del mondo venga ammesso l'oscuro corridore delle Bahamas, che riesce a stento a tenersi in sella, e che invece De Vlaemlnck debba restarsene a casa, in castigo? Nello sci vince la Coppa del Mondo chi si è dimostrato più torte durante tutto l'arco della stagione: nell'automobilismo anche. Nel ciclismo il titolo va a chi è stato il migliore 'quel- giorno, ma non è detto che sia II vero campione del mondo. Certe volte quella maglia iridata sta un po' troppo larga, vero Basso? De Vlaemlnck dice: «Ci vorrebbero almeno tre prove, per essere certi di un risultato sincero». Ma il problema non è soltanto quello del 'risultato sincero». Oggi il calendario è pieno di corse e corsette che non valgono nulla; I campioni si trovano tutti insieme cinque o sei volte l'anno, poi si disperdono, impegnati ad accontentare gli organizzatori e le proprie tasche. E allora perché non adot¬ tare — come propone Sergio Neri del « Corriere dello Sport » — la formula del Grandi Premi, tipo l'automobilismo? Dieci o dodici corse, nei vari Paesi europei (e magari anche extra-europei, per tentare di dare al ciclismo una dimensione veramente mondiale). Ovviamente, si tratterebbe di un •mondiale- per squadre di marca, non per nazionali, e le ditte ricaverebbero da questi Grandi Premi una pubblicità molto maggiore. D'altra parte la maglia azzurra non ha più il fascino di una volta. Che significato ha mettere insieme, forzatamente e solo per un giorno, corridori che sono rivali per tutta la stagione? SECONDO PUNTO: Giro e Tour. Torrianl e Levitan si tanno la guerra, cercano di accaparrarsi con tutti I mezzi I corridori più forti. I francesi non vengono in Italia (Poulidor ha quarantanni e il Giro non sa che cosa sia); gli Italiani spesso mandano in Francia solo una sparuta rappresentanza (e tre anni fa, ad esempio, non mandarono neppure quella). E allora, perché non fare una sola grande corsa a tappe, chiamata magari Giro d'Europa ed aperta a tutti i più forti? Certe ditte, è vero, non hanno grossi Interessi oltre I confini, ma questo a ben guarda¬ re non significa nulla. Una grossa vittoria all'estero vuol dire molto spazio sui giornali Italiani e alla televisione. E' un buon affare comunque. Ma dicono che sia più facile mettere d'accordo Moser e Baronchelll che far diventare amici Torrianl e Levitan: se non litigano, loro, non si divertono TERZO FUNTO: // Totociclo. Esiste già una proposta in tal senso della Federazione al Coni: l'attuazione avverrebbe nei mesi che va in vacanza II Totocalcio, per evitare una concorrenza che sarebbe controproducente. Bisognerebbe scegliere alcune grandi corse e magari le tappe domenicali del Tour, puntando soprattutto sui grossi nomi per Interessare di più la gente. In Italia si scommette, anche se non ufficialmente, persino sul pallone elastico e sul tamburello: perché una schedina sul piazzamenti di Gtmondl, di Moser, di Merckx e degli altri campioni non dovrebbe avere successo? Il ricavato andrebbe al Coni, Tre idee, ma non è che l'inizio. Il dottor Lauro Grossi, presidente della commissione di studio, ha lanciato Interessanti proposte per un ciclismo veramente «nuovo» (ne parleremo diffusamente nella prossima puntata). Franco Cribiori, direttore sportivo della Brooklyn, ha detto: «lo sarei favorevole ad un Giro d'Italia sempre avventuroso, sempre duro, ma strutturato In maniera diversa. A che cosa servono dieci tappe pianeggianti, dove per più di 150 chilometri si fa del cicloturismo, andando a 33 di media? Facciamo un circuito di 200 chilometri a Milano, poi a Bologna, poi a Firenze. Circuiti selettivi, scelti bene, con la gente che paga perché assiste ad un vero spettacolo ». // Tour con carosello finale ai Campi Elisi, il Giro d'Italia che si conclude nella piazza del Duomo, dopo un circuito nel cuore della città; la Milano-Torino con traguardo In via Roma, l'anno scorso, e al Valentino, quest'anno (e poi la •kermessein collina): tutti grossi successi, dal punto di vista dello spettacolo e del pubblico. Se la gente non va più come una volta sulle strade del ciclismo, bisogna portare Il ciclismo in mezzo alla gente: confinato in vicoli e vicoletti, rischia di soffocare. Maurizio Caravella (2 - continua) Merckx è passato dai salumi alle automobili