Dei ritratti che parlano di Stefano Reggiani

Dei ritratti che parlano I "primi piani,, di Domenico Porzio Dei ritratti che parlano Domenico Porzio: « Primi piani », Ed. Mondadori, pagg. 282, L. 4000. Per capire com'è difficile l'«incontro» giornalistico, basta pensare ai nostri incontri di tutti i giorni. Tante volte sprechiamo centinaia di parole inutili, per non dirci niente, con persone che ameremmo conoscere davvero; tante volte stiamo imbarazzati e in silenzio, noi e l'interlocutore, chiusi in una impenetrabile atonia, cerne in un supplizio. Certo, l'incontro giornalistico è diverso, l'occasione è prestabilita, le parole sono d'obbligo, l'incontrante e l'incontrato hanno il desiderio, il dovere di fare bella figura. Ma appunto questa di¬ versità non facilita l'incontro, se non superficialmente; in realtà lo complica. C'è l'intervistatore che sa tutto, fa le domande e si risponde: ogni incontro è una autobiografia non richiesta. C'è l'intervistato che gioca a nascondersi, se non deve rispondere su problemi concreti, ma prestarsi al « ritratto ». Domenico Porzio è di quei ritrattisti che non prevaricano: serio, attento, ironico, indulgente, perfino religioso e generoso. Questi « Primi piani » si leggono con un piacere inaspettato, con una forte consolazione professionale: si credeva che l'incontro ormai, dopo la tirannia televisiva, fosse chiuso soprattutto nel giro del dialogo, nella cadenza delle domande, nell'uso della provocazione. Invece Porzio «racconta» i suoi personaggi, fedele alla vocazione di scrittore; non c'è un aggettivo che cresca, una frase che debordi. C'è un grattar di lima sereno, un sofferente mezzo tono, una pazienza che si credevano perduti. Il libro, una galleria di personaggi famosi, è nato in gran parte da una serie di ritratti scritti per Epoca. Forse rielaborati, forse no, ma senza la data dell'occasione, l'asprigno del frutto conservato. E questa, poi, mi sembra la verifica più diretta della natura letteraria dell'autore; del suo non-giomalismo che ha una civetteria stilistica: la prosa nei contatti più vivi si flette ai modi e ai tic del ritrattato, sia che si tratti di poeta (poniamo, Montale), sia che si parli di sport (poniamo, Brera). Se dovessi scegliere tra i ritratti, prenderei proprio quelli dove il gioco è più sottile e segreto: la Fallaci caricata e tesa, tra spie e pericoli, perfino a Roma; Celentano idealmente diviso tra anticamera e salotto; Umberto Eco tra segni « semiotici » e segni familiari, tra scherzi e dottrina, incline a un grande trattato sul riso. Osserva Biagi nell'introduzione: « Porzio interpreta e giudica, ma non vuole dimostrare ». Forse, qualche volta, vuole confermarsi e ritrovarsi nei personaggi, li carica di sé e delle sue speranze, come accade nell'ultimo ritratto, quello del Papa, che non deve mai averne avuto, di questi tempi, uno così cordiale e semplice. Stefano Reggiani

Persone citate: Biagi, Brera, Celentano, Domenico Porzio, Porzio, Umberto Eco

Luoghi citati: Roma