Alto Adige: l'autonomia ritarda Riaffiora l'ombra della protesta di Giuliano Marchesini

Alto Adige: l'autonomia ritarda Riaffiora l'ombra della protesta A colloquio con Magnago, leader della "Volkspartei„ Alto Adige: l'autonomia ritarda Riaffiora l'ombra della protesta La questione doveva essere risolta entro il gennaio 1974, ma il termine ultimo è slittato a quest'anno - Rimangono in piedi vertenze alle quali i sudtirolesi attribuiscono grande importanza (come l'uso del tedesco nei pubblici uffici) (Dal nostro inviato speciale) Bolzano, 2 dicembre. A San Leonardo di Passiria, il primo febbraio scorso, si svolsero i funerali di Georg Klotz, stroncato da un attacco cardiaco in un paesino del Tirolo poco lontano da Innsbruck. Nevicava fitto, e la bara era coperta da un cuscino bianco. Dietro il carro funebre, avanzavano al rullo dei tsnmpdtsbrr tamburi compagnie del corpo speciale degli «Schuetzen» venute dall'Austria, dalla Germania. E poi c'era gente che portava corone con le scritte di associazioni «patriottiche» tirolesi, del partito nazionalista tedesco. Georg Klotz faceva il fabbro a Valtina, nella Val Passiria. Convinto di poter ripetere le gesta di Andreas Hofer, erlemdsmSleAspilB eroe della resistenza sudtirolese contro i francesi nel primo Ottocento, diventò uno dei protagonisti del terrorismo in Alto Adige negli Anni Sessanta. Concluse la sua violenta attività con una fuga in Austria, dopo una sanguinosa sparatoria sulla montagna. Alle esequie di Georg Klotz, il maggiore degli «Schuetzen» Bruno Hosp tenne un'orazione. Disse tra l'altro: «Quando servivi alla patria, tutti ti veneravano. Ora che non hanno più bisogno di te, ti hanno dimenticato e ti hanno lasciato morire come un cane». Se spogliato degli accenti di nostalgia nazionalistica, il discorso di Hosp inquadrava la realtà: mentre si dava sepoltura a Klotz, era sepolto da tempo un mito, quello dell'irredentismo sudtirolese fatto di tritolo, di tralicci abbattuti, di agguati e scontri a fuoco. «Idealisti traviati», definiva i terroristi altoatesini Silvius Magnago, leader indiscusso della «Volkspartei». In possesso di straordinarie capacità diplomatiche, il capo del partito sudtirolese aveva contrapposto al motto irredentista «L'Italia comincia da Salorno» lo slogan politico «Los von Trient» («Via da Trento»), coniato in occasione di un'assemblea popolare a Castel Firmiano per far capire che l'autonomia si conquistava sganciando il carro della provincia di Bolzano dalla motrice dell'amministrazione regionale trentina. Lontano il ricordo della «notte dei fuochi», in Alto Adige è andato avanti il lavoro paziente, ma anche duro, di Silvius Magnago. Cosi si è giunti alla legge costituzionale sul nuovo statuto di autonomia del Trentino - Alto Adige, approvata quasi quattro anni fa dal nostro Parlamento. La questione altoatesina avrebbe dovuto essere risolta il 20 gennaio 1974, ma il termine ultimo per la completa attuazione del «pacchetto» è slittato fino a quest'anno. E restano in piedi vertenze alle quali i sudtirolesi attribuiscono molta importanza: ad esempio, quella che riguarda l'uso della lingua tedesca negli uffici pubblici, quella che consente di costituire nella provincia aziende municipalizzate per l'energia elettrica in alternativa all'Enel. Si arriverà in tempo, per Capodanno, a chiudere anche questi fascicoli della vicenda altoatesina? Oppure la macchina della burocrazia, mandando sbuffi, non ce la farà a smaltire? Tra gli esponenti sudtirolesi si colgono sintomi di malumore, si avverte un certo logorio della pazienza. Silvius Magnago ci riceve nel suo studio ovattato, circondato da efficientismo di origine tedesca. Il leader della «Volkspartei» è piuttosto inquieto. Gli ricordiamo una sua dichiarazione, rilasciata qualche giorno fa, secondo la quale se entro l'anno non saranno approvate le ultime norme di applicazione del «pacchetto» potrebbe essere convocata un'assemblea straordinaria del partito sudtirolese per un esame della situazione. Gli chiediamo se conferma. Domanda quasi retorica, perché quando Magnago dice una cosa è impossibile che la ritratti o la modifichi. «Sì — risponde — ho detto che mi riservo di convocare una riunione del partito, il quale dovrebbe valutare se si è creata una situazione nuova e, se sì, decidere sul da farsi. Posso aggiungere, da quanto so, che purtroppo la commissione per le norme di attuazione non lavora con un ritmo tale da far prevedere una conclusione entro l'anno». Per la verità, anche la scrupolosa verifica dei diversi punti, da parte sudtirolese, ha contribuito a rallentare il meccanismo burocratico dell'applicazione del pacchetto. «Ma adesso — avverte Silvius Magnago — stiamo a vedere che cosa viene fuori entro l'anno: se dovessero uscire cose molto importanti, noi non faremo certo una questione di qualche settimana in più o in meno. In caso contrario, non resterebbe che convocare l'assemblea straordinaria». Questo significherà, chiediamo, un irrigidimento dei sudtirolesi nella questione dell'Alto Adige? Magnago si passa una mano sui capelli a spazzola e risponde senza imbarazzi, ma con quel rigore diplomatico che gli è congeniale: «Io non posso anticipare quanto il congresso dovesse decidere. Penso, comunque, che una delle cose da fare sarebbe quella di rivolgerci al governo austriaco, l'altro partner dell'accordo di Parigi, per chiedere che intraprenda urgentemente i passi necessari perché i termini previsti, già largamente superati, non vengano ancora spostati». A parte il problema delle scadenze, dicono che nella lunga tenace trattativa per le norme di autonomia Magnago abbia avuto «tutto quel che voleva». E' vero?, gli domandiamo. «Non direi. Nonostante i miei sforzi, non ho ottenuto tutto quanto avevo chiesto a nome del partito. Però posso affermare che ho ottenuto molto». Ma nel fondo dell'animo, al presidente della «Volkspartei» è rimasto un pizzico di delusione: avrebbe voluto ricavare qualcosa di più per i sudtirolesi. Allarga le braccia: «Io credo di aver fatto il massimo possibile, in quelle circostanze. E mi sono battuto per l'approvazione del "pacchetto" con un occhio sorridente e l'altro lacrimante. Posso aggiungere, però, che in politica non esiste niente di eterno: non escludo che, con l'evolversi dei tempi, richieste non ancora accolte possano essere soddisfatte, in uno spirito di reciproca comprensione, anche se saranno al di fuori del "pacchetto"». Silvius Magnago, insomma, vuole che si chiuda al più presto la vertenza dell'Alto Adige, ma che si lasci aperta la porta dell'ufficio. Giuliano Marchesini