I segreti della Italimpianti rivelati dal suo direttore

I segreti della Italimpianti rivelati dal suo direttore Commesse, bustarelle e progetti futuri I segreti della Italimpianti rivelati dal suo direttore Lucien Sicouri smentisce le voci di corruzione e racconta come l'azienda Iri di Genova è riuscita ad affermarsi in campo internazionale - Ambiziosi piani pel futuro (Dal nostro corrispondente) Genova, 2 dicembre. «E' vero: il buon esito della nostra penetrazione in Iran, è stato propiziato da una cena a Saint-Moritz tra me ed il principe Vittorio Emanuele di Savoia. Il principe, com'è noto, è un "protegé" dello scià Rheza Pahlevi. Così, con la presentazione di Vittorio Emanuele, ho potuto ottenere un incontro con l'imperatore. E' importante poter parlare con lui: è un uomo brillante, sempre ben informato. Se è convinto, l'affare va in porto». Lucien Sicouri, 52 anni, nato ad Alessandria d'Egitto, figlio di padre copto e di madre italiana è cittadino francese ed «italiano d'adozione, come Stendhal, come Paul Valéry», precisa. Parla dal suo ufficio al 12° piano del «grattacielo di Piecapietra», come se la ventata di polemiche che hanno scosso nei giorni scorsi l'Italimpianti, la società Iri di cui è amministratore delegato, non lo riguardasse neppure. Sicouri vive in Italia da nove anni ed ha percorso i gradini della carriera manageriale nella società genovese: vicedirettore generale, direttore generale e amministratore delegato. Ha studiato matematica e ingegneria ad Haifa ed a Parigi. Pur vantandosi di essere un «manager moderno», non ama concedere interviste. Precisa subito che non gli va di parlare dello «scandalo» delle «bustarelle» che ha sollevato tanto clamore, poi in¬ vece si butta subito in argomento. «E' un polverone — dice sorridendo, con sufficienza — che fa solo del male ad una azienda come questa che opera sul mercato internazionale con un certo successo. Io sono convinto che si tratti di un equivoco destinato a chiudersi nel tempo più breve ». L'«equivoco», come lo chiama l'ingegner Sicouri, viene da un'accusa di «corruzione» che sarebbe stata avanzata da una società canadese, «battuta» daU'Italimpianti nella commessa per la realizzazione «chiavi in mano», (cioè completa in ogni dettaglio), d'una centrale nucleare a Cordoba, in Argentina. «E' tutto nato da un errore di traduzione — continua —: la relazione di cui si parla è stata stesa da un organismo canadese, che corrisponde alla nostra corte dei conti, grosso modo. In questo documento si polemizza proprio per un "caso" specifico di corruzione che ha impedito all'industria canadese di realizzare una centrale in Corea del Sud, un Paese nel quale l'Italimpianti non opera. Subito dopo si faceva cenno, in termini generici, ad un'altra mancata "commessa", appunto quella di Cordoba. Tutto Zi. Non va dimenticato che in Canada in questo momento è in corso una vivace polemica politica: il partito conservatore sta incalzando il partito liberale che è al potere ». Ma non s'è parlato d'una eventuale indagine della magistratura? «Macché — risponde — anche in questo caso è stata una mia frase al consiglio di fabbrica che è stata male interpretata. Nel riferire al consiglio su questo caso, ho detto: noi siamo al sicuro, siamo puliti; ci sono comunque gli strumenti di controllo dell'Iri, c'è la magistratura... Intendevo dire che avevo fiducia nella giustizia». Quale è dunque la radiografia di questa Italimpianti che con i suoi 1600 dipendenti, quasi tutti laureati e diplomati e con un bilancio attivo «netto» di qualche miliardo è l'unica azienda Iri di Genova che appare in buono stato di salute? «Assumiamo personale — dice Sicouri — con una media di 120-150 persone l'anno; siamo l'unica azienda che ha in parte frenato a Genova, la cosiddetta "fuga dei cervelli". Le commesse che ci aspettano sono note: Arabia Saudita, Iran, Brasile, forse. Abbiamo un grosso progetto da realizzare, in partnership con i l'Urss, delle centrali: forse in Algeria ». C'è dell'altro. Sicouri non lo dice, ma è abbastanza noto, nell'ambiente industriale che egli da tempo coltiva una ambizione: la istituzione di una nuova «finanziaria» delle Partecipazioni statali riservata all'impiantistica. Una «Finimpianti » di cui Sicouri potrebbe essere il presidente. A quale fine? La creazione in Italia e all'estero di aziende come l'Italimpianti: eventualità possibile, sul piano pratico, solo in nazioni molto popolose che hanno l'ambizione di crearsi una struttura industriale avanzata. L'Iran, l'Egitto, tanto per fare un esempio. Evitando di incappare nelle ma¬ glie del discorso «finanziarie» Sicouri entra in argomento: «Credo che i prossimi progetti dell'Italimpianti dovrebbero inquadrare la prospettiva di creare aziende "gemelle" in altre nazioni: per esempio una "Iranimpianti", una "Egittimpianti": non è un sogno; si crea un circuito economico di prim'ordine, con una serie di fenomeni indotti. Intanto c'è un forte "tourbillon" di personale che noi dovremmo formare, poi si lascerebbero delle "basi" di mercato considerevoli perché un'azienda impiantistica è la base d'una serie di altre iniziative produttive». Il primo ad essere d'accordo, pare sia proprio lo Scià. Paolo Lingua Lucien Secouri

Persone citate: Cordoba, Lucien Sicouri, Pahlevi, Paolo Lingua Lucien, Paul Valéry, Vittorio Emanuele