Più attenti che a scuola di Maurizio Caravella

Più attenti che a scuola L'incontro dei ragazzi all'Erba con i campioni della canoa Più attenti che a scuola Molte domande a Ferri e D'Angelo, premiati da Aldo Salvadore, presidente dell'Armida - Pozzi racconta il suo raid Torino-Venezia - Uno sport per tutti: si può cominciare a sei anni e proseguire fino a settanta Erano più attenti che a scuola. Un pomeriggio al Teatro Erba, con i campioni della canoa: conosciuti, sì, ma non divi, non esiste divismo in uno sport povero, che distribuisce poche medaglie e nessun soldo. Eppure la platea era piena, lunedì: c'erano ragazzini di neppure dieci anni, che hanno imparato ad andare in canoa prima d'imparare a scrivere senza errori d'ortografia; c'erano ex campioni vicini alla sessantina. D'Angelo, lo specialista degli slalom in fiumi e torrenti, ha detto: « SI può cominciare a sei anni, si può andare avanti fino a settanta, e anche più All'Inizio ci vuole un po' di coraggio, è vero, ma la paura passa subito. Poi il fiume diventa un amico. Un amico che svela i suoi segreti e non tradisce. Parla ancora Roberto D'Angelo. E' magro, ha pochi capelli, non sembra neppure che sia un campione, a vederlo in borghese. Ma quando sale sulla canoa si trasforma, lì si sente veramente se stesso, onde, correnti e scogli sono II suo pane quotidiano, prima di andare In ufficio o subito dopo. Spiega: « Nello sci, se salti una porta, sei squalificato. Nella canoa fluviale danno delle penalità, ma in pratica è la stessa cosa: le porte sono larghe un metro e mezzo, bisogna centrarle in pieno, senza toccarle né col corpo, né con le braccia e né tantomeno con la pagala ». Le onde spingono da una parte e dall'altra, la canoa sembra debba ribaltarsi, eppure D'Angelo — perfetto equilibrista sull'acqua — riesce sempre a infilarsi in mezzo a quelle porte. Prosegue D'Angelo: • Alle Olimpiadi hanno fatto dei canali artificiali: ma non è bello, sembra di essere in uno stadio, non c'è contatto con la natura ». E ancora: • Oltre allo slalom, c'è la discesa libera, proprio come nello sci. A volte anche 40 chilometri ». Quaranta chilometri su una barchetta che sembra un guscio di noce, e con la pagaia sempre in movimento, chi si riposa ha perso. Tocca a Perri, che al confronto di D'Angelo è una specie di gigante: circa 1 metro e 85, musco- latura possente: sembra difficile che una canoa cosi piccola possa racchiuderlo tutto. Ha vinto due titoli mondiali a Belgrado, è andato alle Olimpiadi e tutti dicevano che era il grande favorito: e invece è arrivato prima un settimo posto, poi un quarto. Nessuna medaglia. Perché? ■ Non lo so neppure io — spiega —. Mi è spiaciuto non poter incontrare i miei rivali di Montreal prima delle Olimpiadi, o subito dopo, per capire se sono davvero più forti di I me, oppure se sono stato battuto ' perché proprio in quei giorni non ero al massimo della forma. Dovevo vincere, anche per rilanciare questo sport in Italia. Ma un quarto e un settimo posto non sono da buttar via ». Come dire: non gettatemi la croce addosso, non la merito. Interviene Cesare Beltrami, l'allenatore: » La prestazione di tutti gli azzurri, a Montreal, è stata al di sotto delle aspettative. Ragazzi che l'anno scorso avevano accusato tre o quattro secondi di ritardo dal primi, alle Olimpiadi sono stati staccati di diciassette. Segno che qualcosa di anormale è successo ed ha coinvolto la squadra intera. Di chi è la colpa? Voglio solo fare una considerazione: ci sono federazioni, come ad esempio quella della scherma e quella della ginnastica, che portano tutta la squadra, per tradizione, alle Olimpiadi. Noi, invece, abbiamo conosciuto le decisioni del Coni, lo non ho avuto una vera équipe a disposizione ». Cioè: nello sport, per vincere, non s'improvvisa. E Beltrami, che di improvvisare non ha più voglia, minaccia di lasciare l'incarico. Una questione di coerenza. Un Intervallo, per la presentazione di due film sulla canoa. Il primo riguarda gli allenamenti, molto intensi, che i futuri campioni devono fare, anche in palestra. Fra tanti futuri atleti, un ragazzo grasso, che solleva pesi e sbuffa. Qualcuno ride. Perché? Quel ragazzo può diventare un asso, dovrà solo applicarsi un po' più degli altri. Ricordiamo un certo Ambroselli, aveva anche lui problemi di peso, perse molti chili e guadagnò molti muscoli, diventò campione d'Italia di canottaggio. Nessuno rideva di lui, dopo. Secondo film. Si vedono campioni discendere torrenti, atleti lottare con la natura: ogni tanto qualche canoa si capovolge, ma niente paura, tutti hanno il salvagente, recuperano la canoa e vanno avanti. Ci sono anche ragazze, in mezzo alle onde, e non sembrano preoccupate. Uno spettacolo d'equilibrismo, e anche di forza. I ragazzi applaudono, forse vorrebbeo essere lì anche loro. C'è anche Luciano Pozzi, chissà quanti si ricordano di lui. Fu Pozzi a portare questo sport a Torino, prima della guerra, nel '38. Gareggiava per li Fiat, vinse parecchi titoli, si allenava la sera dopo il lavoro. Fece, in canoa e da solo, un raid Torino-Venezia: aveva i panini Infilati sotto la tela; di giorno remava, di notte dormiva sull'erba, sulle sponde del Po, vicino alla sua canoa. Smise di vogare e cominciarono a chiamarlo « Brill ». Suo fratello vendeva lucido da scarpe, lui gli faceva pubblicità andando in giro con scarpe lucidissime. E il soprannome gli è rimasto. Il presidente dell'Armida, Aldo Salvadore (un vero sportivo: è anche presidente della squadra di calcio di Settimo), premia personalmente Perri e D'Angelo, poi cominciano le domande dei ragazzi, che per un giorno diventano giornalisti. Sono rivolte un po' a tutti: ai due campioni, ad Amigoni (allenatore di Perri), a Beltrami, allo scrittore Carlo Brizzolara (ex dirigente federale), ad Emanuele Genovese (responsabile della sezione canoa all'Armida) e ad altri. Sulle domande torneremo domani, più diffusamente. Una di esse, comunque, ha trovato tutti d'accordo: • Perri, se dovessi gareggiare in Cile, ci andresti? ». La risposta: • Certo che ci andrei. Secondo me lo sport deve affratellare, non dividere ». D'Angelo era della stessa idea, e anche gli altri ospiti. Certo, lo sport deve affratellare: sarebbe molto bello se questo potesse succedere sempre, ma purtroppo non è così. Si estraggono omaggi: i libri di Carlo Brizzolara, altro ancora. Poi, un momento di suspense: si tirano a sorte una canoa messa in palio dalla ditta Rear di corso Raffaello e una pagala, offerta da Genovese. Vince un canoista del Fiat, Massimo Del Corso. Salvadore aveva invitato il vincitore per un anno all'Armida, Del Corso dice che ci penserà, po! dice di no, resta dov'è. E' giusto. Maurizio Caravella Oreste Perri firma autografi ai suoi giovani ammiratori (F. «La Stampa»-E. Deangelis)

Luoghi citati: Belgrado, Cile, Italia, Montreal, Torino, Venezia