Il campo socialista

Il campo socialista Il campo socialista C'è l'«eurocomunismo», come si definisce correntemente il complesso delle tendenze innovatrici dei tre maggiori pc dell'Europa occidentale, e ora pare stia nascendo anche lVeurosocialismo», cioè un insieme di atteggiamenti comuni e fra loro coordinati dei partiti socialisti e socialdemocratici. Il panorama della sinistra europea sta cambiando: probabilmente per il meglio, e comunque in vista di una maggiore aderenza alla realtà sempre più complessa di questa parte del mondo. Eurosocialismo, come eurocomunismo, è uno slogan; ma sono un fatto, e un grosso fatto, i partiti socialisti democratici che vi stanno dietro, partiti come quello tedesco, quello inglese, quello francese, quelli scandinavi, e così via: partiti al potere o nuclei principali dell'opposizione, in un caso o nell'altro impegnati in misura decisiva nella diffìcile gestione delle società industriali dell'Europa dell'Ovest. Ed è proprio da questa constatazione elementare, in un momento in cui tutta l'attenzione sembrava concentrarsi sul processo evolutivo del comunismo occidentale, sulle sue speranze e sulle sue incognite, che è scaturita la tendenza, psicologica prima ancora che politica, dei partiti socialisti europei a porsi come una realtà omogenea, con un'identità largamente comune, e con una forza comune. Il tema «eurosocialista» sta dominando il XIII congresso dell'Internazionale (che è la vecchia, storica Seconda Internazionale, contro la quale Lenin fondò la Terza, nel segno della rivoluzione proletaria, oltre ogni gradualismo democratico), benché a Ginevra siano presenti delegazioni di ben 52 Paesi, di ogni continente. E ne è una conferma l'elezione alla presidenza di un personaggio come Willy Brandt, che è per molti versi un simbolo della socialdemocrazia europea più moderna e consapevole, meglio attrezzata per cogliere le occasioni della storia. Brandt, la cui linea non s'identifica con quella, più dura e chiusa, dell'attuale cancelliere socialdemocratico tedesco, ha subito posto la questione dei rapporti con gli eurocomunisti in termini aperti, ma vigili: «La nostra azione deve tener conto dei profondi mutamenti intervenuti nella storia del dopoguerra, fra i quali è il policentrismo crescente del campo comunista»; al vertice di Berlino Est «la divisione è stata netta» fra gli ortodossi fedeli all'Urss e al suo modello e «coloro che intendono invece esporsi e "rischiare" l'esperienza della democrazia». Tutta¬ via «non è ancora del tutto chiaro se ci troviamo di fronte a una tattica per raggiungere il potere, o se l'evoluzione è sincera»: nell'incertezza, occorre essere consapevoli che l'eurocomunismo non sarebbe comunque nato «se non vi fosse stalo costretto dalla vitalità e dalla competizione del socialismo democratico europeo», che in ciò può ritrovare motivi di orgoglio e di forza. In altre parole: la crescita democratica dei comunisti non mette in crisi i socialisti europei, ma ne rinvigorisce la funzione storica, come precursori di un modello di socialismo nella democrazia e come garanti, ora, della realtà effettiva di certi progressi. E' quanto ha anche detto ieri, nella seconda giornata, Giuseppe Saragat, ponendo l'accento, in particolare, sulle garanzie internazionali, sulla persistenza del vincolo atlantico e dell'alleanza con gli Stati Uniti, «solo Paese in grado di garantire la pace e la politica di distensione, di sbarrare la strada alla volontà di potenza dell'Urss ». La questione comunista, in un primo momento, pressappoco un anno fa, aveva diviso i socialisti europei, quelli del Nord (Schmidt) contrari a ogni apertura di credito, quelli del Sud (Mitterrand) decisi a un'azione comune, con certe garanzie: e questo, naturalmente, anche per una ragione specifica, che i tedeschi, gli inglesi, eccetera, non hanno forti partiti comunisti in casa, a differenza di francesi, italiani, spagnoli; questi ultimi non possono non farci i conti. Era parsa addirittura possibile una frattura tra le due aree del socialismo europeo. Ginevra ora sembra dimostrare che il pericolo è passato (benché Schmidt, personalmente, non abbia molto attenuato i suoi toni). Mitterrand e Craxi, non meno di Brandt e Palme, hanno sottolineato l'importanza e la forza di un polo socialista omogeneo, capace di «ambizioni universali», cioè capace di essere un punto di riferimento e di confronto per tutta la sinistra, comunisti compresi. Questo confronto promette di essere, in prospettiva (nella prospettiva, anche, del futuro, anzi prossimo Parlamento europeo) uno dei temi di fondo, forse il più importante del dibattito politico euro-occidentale. a. r.

Luoghi citati: Berlino Est, Europa, Ginevra, Stati Uniti, Urss