Le gocce che fanno l'Oceano di Nicola Adelfì

Le gocce che fanno l'Oceano Voi e noi di Nicola Adelfì. Le gocce che fanno l'Oceano Alcune lettere hanno un tono apertamente ricattatorio. Per esempio: «Se il governo sopprime ì viaggi gratuiti per noi ferrovieri, la nostra risposta consisterà nel fermare i treni per settimane o mesi, tutto il tempo necessario per costringere il governo a rimangiarsi l'iniquo provvedimento». Patetici sono invece l'aspetto e il contenuto della lettera di una vedova di ferroviere: esitante la scrittura, e molta timidezza nell'esprimersi. Quella vedova vive in un paese della Calabria, e solo grazie ai viaggi gratuiti può visitare due volte l'anno i figli sistematisi nel Nord. Povera com'è, la sua ricchezza è sognare giorno per giorno il momento dell'abbraccio con i figli. Tra umori così contrastanti, trovo una lettera (Angelo Stratigò, Torino) che fa leva soprattutto su ragionamenti pacati. Cerco di riassumerli. Primo: lo Stato non ha il diritto di cambiare in peggio il contratto dì lavoro stabilito al momento dell'assunzione del personale. Secondo: i viaggi gratuiti sono da considerarsi una parte dello stipendio. Terzo: il Tesoro versa alle FF.SS. ogni anno 30 miliardi come rimborso per le concessioni ferroviarie. Dunque si tratta di una goccia nell'immenso vaso dei debiti statali. Segue una considerazione: i sacrifici che si vogliono imporre ai ferrovieri sarebbero accettabili solo se fossero abolite tutte le agevolazioni, a cominciare da quelle ai parlamentari, e continuando via via con categorie particolarmente privilegiate, per esempio i dipendenti dell'Enel. Non sono un bravo contabile, e tuttavia la faccenda dei 30 miliardi mi convince poco. E' pur sempre denaro pubblico, e non fa differenza che stia nelle casse del Tesoro oppure in quelle dell'amministrazione ferroviaria. E poi mi sembra un rimborso più che altro simbolico. Quanti sono i ferrovieri in servizio? Quanti i loro familiari? Quanti i pensionati? Quante le vedove? Complessivamente vogliamo dire un mezzo milione? Sia pure. Se ciascuno di quei privilegiati fa in media percorsi per 50 mila lire l'anno, il totale è di 250 miliardi. Nella lettera del signor Stratigò c'è un altro punto che non condivido, quello della goccia nel grande vaso dei debiti statali. Anche gli oceani sono un insieme di gocce. E se noi italiani continuiamo a dirci che non sarà la amia» goccia a svuotare il vaso, è sicuro che nemmeno di un filino si abbasserà mai il livello dei debiti dello Stato. Viceversa il lettore mi trova consenziente quando scrive che l'abolizione dei privilegi deve farsi per tutte le categorìe, a cominciare dai parlamentari. Di recente l'opinione pubblica è rimasta sconcertata nell'apprendere che un terzo del Parlamento aveva lasciato ogni suo lavoro per assistere gratuitamente all'incontro di calcio Italia-Inghilterra. E ora sono in molti a domandarsi per quale motivo i parlamentari fruiscono dell'ingresso gratuito negli stadi. E' qualunquismo? E vogliamo chiamare qualunquismo anche il risentimento dei cittadini per le altre agevolazioni ai parlamentari, per esempio il cinema oppure il barbiere gratis a Montecitorio? Benissimo, diciamo che è qualunquismo. Però non ritengo che l'attività del Parlamento decadrebbe se ai suoi componenti fossero tolti certi privilegi privi di ogni pretesto plausibile. E come giustificare il fatto che l'uomo qualunque paga lire 35,80 un kWh e un dipendente dell'Enel lo paga lire 8,04? E la stessa tariffa pagano anche le vedove di quei dipendenti. Naturalmente nelle case di questi privilegiati (200 mila ì dipendenti, più le vedove) cadono nel vuoto le raccomandazioni del presidente Andreotti di stare attenti a risparmiare energia elettrica. Si calcola tra i 30 e i 40 miliardi l'anno il costo di questa agevolazione; ed è un'altra «goccia» nel vaso dei debiti pubblici. E parimenti «gocce» vanno considerate le concessioni ai telefonici: impianto gratuito, canone ridotto del 75 per cento, abbuono di 160 scatti trimestrali. Per conto suo e nonostante i grossi debiti, la Rai rimborsa gentilmente il canone di abbonamento alla tv ai suoi 11 mila e passa dipendenti. Un caso anche più curioso riguarda noi giornalisti: abbiamo diritto allo sconto del 70 per cento sulle tariffe ferroviarie, e a titolo personale. Questo significa che se uno di noi viaggia per servizio, egli da una parte paga il 30 per cento del biglietto ferroviario e dall'altra si fa rimborsare dal giornale il 100 per 100 del prezzo del biglietto. Perché mai? In base a quale logica? Basta così con gli esempi. In una sua indagine la Cgil è riuscita a contare fino a 500 le categorie di lavoratori variamente privilegiati; e il conto è molto incompleto. E da nessuna parte si è mai tentato di calcolare a quanto ammonta il costo totale per la nostra economia di questa fitta pioggia di «gocce». Ritorniamo ora ai viaggi gratuiti dei ferrovieri. Al posto loro, io non starei ad allarmarmi. Sono convinto che non se ne farà niente. Molto rumore per nulla. Ed ecco perché: al punto dove siamo il governo, questo governo, potrà al più abbattere qualche alberello, tagliare alcune liane, spianare qualche roveto, ma la giungla dei privilegi, degli omaggi e delle regalie è così estesa, così inesplorata che il vagheggiato progetto di diboscamento si dimostrerà presto inattuabile e verrà infine deposto nel mesto e desolato cimitero nazionale delle buone intenzioni.

Persone citate: Andreotti

Luoghi citati: Calabria, Torino