Questi brusii dall' Europa dell'Est di Paolo Garimberti

Questi brusii dall' Europa dell'Est Questi brusii dall' Europa dell'Est Mentre a Bucarest Leonid Breznev, attorniato dagli alleati del Patto di Varsavia, teneva a battesimo la «comunità socialista» — simbolo, secondo lo stesso leader sovietico dell'«unità cementata» dell'Europa orientale —, a Berlino Est veniva messo agli arresti domiciliari, dopo un lungo interrogatorio, il filosofo e scienziato Robert Havemann, l'uomo che dal 1964 impersona la coscienza critica della Germania comunista. La quasi simultaneità delle due notizie dimostra quanto sia fittizia la coesione politica, ma soprattutto ideologica della «comunità socialista» stessa. A Bucarest, in un comizio davanti a settemila persone, Breznev ha definito «ciniche calunnie» le «speculazioni» occidentali sulle «presunte difficoltà» dei Paesi socialisti. Ma, proprio in questi giorni, le sue parole sono state drammaticamente smentite dai fatti in almeno due dei sette Paesi del Patto di Varsavia. Anzi, mai negli ultimi cinque anni, vi sono stati tanti sintomi di malessere nell'Europa dell'Est. In Germania orientale, la revoca della cittadinanza al poeta e cantautore Wolf Bierman, mentre si trovava in tournée all'Ovest, e le misure di polizia contro Havemann, che di Bierman è il padre spirituale, hanno fatto scattare la molla dell'inquietudine déll'intelligencija, finora compressa dai servizi di sicurezza. I due provvedimenti sembrano indicare che Erick Honecker vuole sbarazzarsi di quel gruppo di «dissidenti» che fanno capo proprio a Havemann e predicano una democrazia socialista non dissimile dai programmi di Berlinguer e di Santiago Carrillo. Ma perché questa decisione è stata presa ora? Perché il regime di Berlino-Est ha deciso di attaccare a fondo il «gruppo Havemann» dopo averne tollerato per anni le critiche anche violente, i libri abrasivi, ancorché pubblicati soltanto in Occidente? La risposta viene dallo stesso Havemann: «La situazione in cui si trovano i nostri dirigenti — ha detto non molto tempo fa — è tragica. Essi vivono isolati dal popolo e dal partito. Hanno paura di muoversi liberamente, vivono in un ghetto circondato da mura e da reticolati». Lo scollamento tra il potere e la popolazione, in Germania Orientale, è diventato evidente soprattutto dopo la Conferenza di Helsinki. Centomila persone hanno chiesto di emigrare, invocando la disposizione dell'Atto Finale della Conferenza relativo alla riunificazione delle famiglie. La Germania Orientale e soprattutto Berlino-Est, vittima di una divisione contro natura, guardano sempre più a Ovest. Ogni sera, il novanta per cento delle famiglie sintonizzano i televisori sui programmi della Germania Occidentale. Il tenore di vita in quella che si chiamava una volta «la Repubblica di Pankow» è tra i più alti dell'Europa orientale. Ma il relativo benessere materiale — importante e sufficiente negli anni della ricostruzione — non basta più ad una popolazione frustrata dal dogmatismo politico ed ideologico del partito e dall'intolleranza amministrativa dello Stato (mi riferisco specialmente al regime dei visti). I fermenti polacchi hanno origini completamente diverse, anche se il rapporto tra potere e popolazione è caratterizzato da un grado di sfiducia analogo a quello esistente in Germania. La situazione economica sfiora il collasso, riflettendosi negativamente sulla compattezza dello stesso partito dove è ormai palese l'esistenza di una «guerra fredda» tra Gierek e il primo ministro Jaroszewicz. Rapporti riservati, redatti dalle ambasciate occidentali, parlano ormai di «situazione esplosiva». Meno di una settimana fa, l'Unione Sovietica ha concesso alla Polonia un «pacchetto» di aiuti, comprendente un prestito a medio termine e a bassissimo tasso d'interesse per un miliardo di rubli, forniture di prodotti alimentari, altri beni di consumo, materie prime e macchinari industriali. E' il più massiccio intervento mai compiuto dal Cremlino in favore di un alleato in difficoltà, a conferma della profonda preoccupazione dei dirigenti sovietici per il malessere che attanaglia la Polonia dopo gli incidenti di giugno, provocati dagli aumenti dei prezzi (poi revocati di fronte alla rabbia popolare). In cambio, però, il Cremlino deve aver chiesto a Gierek di soffocare drasticamente il malcontento popolare. Immediatamente, la polizia ha preso misure intimidatorie contro i membri di un «Comitato» di intellettuali, creato per perorare la causa degli operai processati dopo i disordini di giugno. Ma l'intervento della polizia ha finito, invece, per dare maggiore pubblicità, soprattutto all'estero, all'attività del «Comitato» e alle notizie da esso raccolte sull'ampiezza del malcontento e della repressione in Polonia, II pei è stato tra i più attenti, e anche tra i più severi, osservatori degli avvenimenti di questi giorni in Germania Orientale e in Polonia. Giovedì, un terzo dell'ultima pagina dell'Unità era dedicato all'attività del «Comitato» in Polonia e al «caso Bierman» (titolo: «Un provvedimento che mortifica la Rdt»), Il giorno precedente, ancora l'Unità polemizzava con il Rude Pravo, che aveva accusato i comunisti italiani di scrivere sulla Cecoslovacchia in modo più sfavorevole di «molti giornalisti borghesi». Perfino ai ricevimenti diplomatici, a Roma, è possibile accorgersi che i rapporti tra il pei e alcuni dei governi dell'Europa dell'Est non sono mai stati ad un livello così basso. Anche questo è un sintomo della precarietà della «comunità socialista», dell'inquietudine dei dirigenti dell'Europa orientale per quanto sta accadendo nei loro Paesi. Paolo Garimberti