Delitto sulla "Eugenio C": chiesti dal p. m. 25 anni all'uomo, assoluzione all'amante di Filiberto Dani

Delitto sulla "Eugenio C": chiesti dal p. m. 25 anni all'uomo, assoluzione all'amante Verso la conclusione il processo in assise a Genova Delitto sulla "Eugenio C": chiesti dal p. m. 25 anni all'uomo, assoluzione all'amante (Dal nostro inviato speciale) Genova, 26 novembre. Venticinque anni di carcere per Dominique Lagier, assoluzione con formula dubitativa per Serafina Manca. Sono le 7 di sera quando il p.m. Francesco Meloni, concludendo la sua requisitoria, tira le somme del processo per il «giallo» dell'«Eugenio C». Nell'aula della Corte d'Assise di Genova tutti gli sguardi sono tesi a cogliere le reazioni dei due imputati, seduti in mezzo ai carabinieri. Lui è come raggelato in un'espressione cupa, lei, testa bassa e occhi semichiusi, appare indifferente. Il dubbio dell'accusa, dunque, riguarda soltanto Serafina Manca, la focosa trentaduenne che animava gli squallidi festini della cabina L46 del ponte lance durante la traversata da Buenos Aires, e non il suo trentottenne arnico, Dominique Lagier, duro della malavita francese. Il pubblico ministero è stato categorico nell'indicare nell'uomo colui che la notte del 9 gennaio '75, ha ammazzato, con un colpo di rivoltella alla testa, l'argentino Italo Troisi, cinquant'anni, proprietario di rivendite di giornali, manager iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiii di pugilato, ammaestratore di un cane che si esibiva alla TV. Il magistrato ha parlato per tre ore. Buon oratore, accenti caldi e suadenti, la sua requisitoria è risultata asciutta, densa, precisa. Comincia con una rapida pennellata per dare uno sfondo sociale alle figure dei due imputati. «Prostituta lei, protettore lui. Questo rapporto ha giocato un ruolo di primo piano nella tragedia dell' "Eugenio C": un rapporto di interesse al quale la coppia era legata fin dal primo momento in cui mise piede per la prima volta nella cabina di Italo Troisi». L'argentino, si sa, era un tipo cui piaceva divertirsi in un certo modo, a bordo aveva raccolto attorno a sé una comitiva di amici disinibiti, ne era venuta fuori una ruggente sarabanda erotica che rallegrava le sue notti. Poi, il colpo di rivoltella. E' vero che nessuno l'ha udito, ma c'è, a questo proposito, la testimonianza-chiave di un cameriere di bordo, Raimondo Pagliara: «Alle 3,45 di quella notte, sentii un tonfo e un rumore come di piatti rotti. Bussai alla cabina L46, ma nessuno rispose. Dieci minuti più tardi vidi nel corridoio i due francesi». E il colpo di rivoltella? Il pubblico ministero offre ai giudici questa spiegazione: «Il cameriere, che si trovava nella riposteria del ponte lance, non lo percepì perché stava sonnecchiando. Ma fu quel colpo a destarlo. Poi sentì gli altri: il tonfo del corpo che cadeva, il rumore dei piatti finiti sul pavimento con un mobiletto rovesciato». E qui la circostanza si lega alla successiva, cioè a quella della presenza della coppia nel corridoio. «Nessun dubbio — dice il magistrato — che i due provenissero dalla direzione della cabina. E nella cabina, a quell'ora, c'era già il cadavere». E' noto che l'edificio dell'accusa ha sempre avuto un punto debole nella causale del delitto. A suo tempo si è parlato di droga, di valuta, di gelosia, ma per il pubblico ministero l'ipotesi più realistica, e certamente più squallida, è quella della «resa dei conti». «Non si può pensare — dice — che Dominique Lagier abbia fatto possedere la sua donna da Italo Troisi a puro titolo di beneficenza. La coppia era alla fine del viaggio, era perciò venuto il momento di far pagare all'argentino le prestazioni di Serafina. Intendiamoci: non sostengo che il francese sia andato nella cabina dell'argentino con il proposito di fargli la pelle. Sostengo, però, che, di fronte alla reazione dell'argentino, che non aveva alcuna intenzione di saldare il conto, il francese non ha esitato a tirar fuori la rivoltella e a farlo secco». C'è dell'altro, a carico di Dominique Lagier. Al momento del sopralluogo nella cabina da parte degli ufficiali della nave, il francese raccolse la rivoltella, che era accanto al cadavere, fece cadere i proiettili dal tamburo, che poi prese in mano. Perché? «E' stato un gesto istintivo, di curiosità», si giustificherà l'uomo. «No, fu un gesto interessato», dice il magistrato. E spiega: «Era quello l'unico modo per cancellare le sue impronte dal calcio della rivoltella e dai bossoli». Concludendo: per il pubblico ministero, Dominique Lagier è certamente colpevole (oltre tutto, il suo burrascoso passato non depone a suo favore), mentre a Serafina Manca dev'essere accordato il beneficio del dubbio perché la sua corresponsabilità nell'omicidio non è stata provata. Domani, l'arringa del difensore, avvocato Silvio Romanelli, e, in serata, la sentenza. Filiberto Dani

Persone citate: Dominique Lagier, Francesco Meloni, Italo Troisi, Raimondo Pagliara, Silvio Romanelli

Luoghi citati: Buenos Aires, Genova