La paga del rapitore di Luciano Curino

La paga del rapitore La paga del rapitore (Dal nostro inviato speciale) Novara, 26 novembre. «Sono convinto che manca qualcuno», dice l'avvocato indicando la gabbia piena di imputati. «Tanti, non qualcuno», risponde un altro avvocato. Chi sono gli assenti? ■ Nelle carte processuali si par' la di «persone non identificate». Sono gli organizzatori, i mandanti, i generali di quella che ormai può definirsi una strategia dei sequestri. Sono i grossi protagonisti del riciclaggio. Tutti quelli che hanno intascato i nove decimi del riscatto, il resto lo hanno sbriciolato per la manovalanza: i rapitori materiali, i carcerieri, i telefonisti, i becchini. Il «caso Mazzotti» lascia intravedere qual è la strategia e la contabilità dell'industria dei sequestri. C'è nella zona di Varese un gruppetto di contrabbandieri che intende arricchire con un rapimento. Ma non hanno le idee molto chiare, non sanno come incominciare e chi rapire, ed esitano, rinviano, si guardano in faccia, pasticciano. Finché capita tra loro il calabrese Achille Gaetano. Si legge nella sentenza di rinvio a giudizio: «Il Gaetano uscì allo scoperto e assunse la direzione delle operazioni. Non è dato sapere se abbia provveduto anche a reclutare gli organizzatori e i criminali che eseguirono materialmente il rapimento di Cristina Mazzotti. Si può però presumerlo poiché è certo, secondo quanto narra l'Angelini, che egli si presentò non facendo mistero di essere l'emissario di una potente organizzazione specializzata in sequestri di persona. Questa prosa del giudice Roggero è scarna, essenziale, altamente drammatica. Continua: «Il Gaetano non aveva presumibilmente ricevuto soltanto l'incarico di reperire un luogo per la custodia della vittima. Assicurò anche che, in caso di bisogno, avrebbe provveduto ad inviare persone fidate per aiutare nell'esecuzione del piano criminoso e specificò che "loro erano in tredici"». Sicché la potente organizzazione progetta, sceglie la vittima, pianifica il rapimento, ma non si espone e non corre rischi. Recluta sul posto la mano d'opera. Lo stesso Gaetano, secondo l'accusa, non sembrerebbe nemmeno un uomo di primo piano dell'organizzazione, ma sarebbe l'elemento di raccordo tra questa e la manovalanza. Incassato il riscatto, l'azienda paga gli uomini che l'hanno servita e conclude il rapporto tra di loro. Potrà reclutare ancora qualcuno per un prossimo rapimento. E ora, un'occhiata ai libri contabili. Risulta che la potente organizzazione paga poco. Poco, naturalmente, se rapportato all'entità del riscatto incassato. Poco, soprattutto, per quanto ha preteso: un delitto che può portare diritti all'ergastolo. Si conoscono alcune quote. Quindici milioni quella dello svizzero Ballinari, uno dei carcerieri e uno dei tre che hanno sepolto Cristina. Stessa somma a Gianni Geroldi, che ha svolto le medesime mansioni. Secondo l'accusa, il plenipotenzia¬ rio Achille Gaetano è stato pagato con 17 milioni. Giuliano Angelini è andato in Calabria a ritirare un centinaio di milioni per sé e per i suoi collaboratori. La parte di Angelini e della sua donna Loredana Petroncini, detta Pupetta, è stata di 30 milioni. Il compenso per avere messo a disposizione la cascina di Castelletto, avervi scavato la cella, per essere stato capocarceriere lui e lei sua collaboratrice, Angelini è anche uno dei tre che hanno trasportato e infossato la ragazza. Gli altri hanno ricevuto quote minori. Per esempio, Angelini ha dato a Luigi Gnemmi e a Rosa Cristiano, 4 milioni 800 mila lire. Nel loro appartamento Cristina ha vissuto gli ultimi tre giorni, la Rosa ha svolto anche turni di guardia dell'ostaggio nella cascina di Castelletto. Altri pagamenti a persone che Angelini nel suo taccuino indica con «x» («Non li conosco», dice) e restavano 17 milioni da ripartire. Fatti i conti, risulta che del miliardo 50 milioni pagati dalla famiglia Mazzotti, soltanto 127 milioni sono stati recuperati. Mancano oltre 900 milioni. E' la parte del leone. La quota toccata alla potente organizzazione. Secondo l'accusa, il denaro è finito in Calabria. E' un fatto che Angelini è andato là, a Lamezia Terme, per incassare. Gl'imputati calabresi negano: cercateli qui, al Nord, quei milioni. Trovarli questi milioni significa scoprire i manager e i banchieri della potente organizzazione. Ma il denaro è certamente già riciclato, rimesso in circolazione pulito, potrebbe già essere servito alle «persone non identificate» per qualche speculazione, per un traffico di droga o per finanziare trame eversive. Luciano Curino

Luoghi citati: Calabria, Lamezia Terme, Novara, Varese