Pcf e pci: due facce del comunismo europeo

Pcf e pci: due facce del comunismo europeo L'opinione di Jean-Francois Revel Pcf e pci: due facce del comunismo europeo Un partito comunista è condannato al declino se si destalinizza, seppure di poco? La regolare perdita di voti del pcf dalle elezioni parziali dell'autunno 1974 fino alle più recenti sembra dimostrarlo. Il sistema staliniano nei pc occidentali (semplifico le ben note analisi di Annie Kriegel) si caratterizza nell'appartenenza al movimento comunista internazionale, nell'attaccamento al modello e alla direzione sovietici, nel monolitismo autoritario all'interno del partito e nel rifiuto d'ogni compromesso, che non sia tattico, con le forze politiche e le ideologie estranee al comunismo. Quando ai militanti e agli elettori si demoliscono i pilastri della loro fedeltà, cioè il dogma del lontano paradiso sovietico e la certezza che soltanto il partito ha sempre ragione, si distrugge l'organizzazione mentale protettiva che li rendeva invulnerabili alle tentazioni. Proclamare il pluralismo è come incitare gli elettori a servirsene, cioè a indirizzare altrove i loro suffragi. Ma perché l'operazione che è I riuscita così bene al partito co| munista italiano è tanto nociva a quello francese? L'obiezione, ! anche se giustificata, si fonda su un parallelismo ingannevole. L'identità di evoluzione dei due partiti è soltanto apparente. La desovietizzazione del pei (da non confondere con la democratizzazione) è stata lenta e coerente. Quella del pcf è stata improvvisa e rimane piena d'incoerenze. I comunisti italiani hanno cominciato a dissociarsi dal sistema repressivo sovietico dal momento in cui erano gli avvenimenti ad imporlo, nel 1956, dopo il rapporto Kruscev su Stalin e l'invasione dell'Ungheria. Hanno continuato progressivamente su questa strada, senza ripensamenti. I francesi, per aver aspettato troppo, hanno dovuto agire in modo brutale. Da buoni comunisti credono che sia sufficiente «correggere» i loro errori per cancellarne le conseguenze. Ma l'uomo della strada non può non pensare: poiché, per loro stessa ammissione, hanno commesso in passato errori tanto gravi, chi mi assicura che non si sbaglino pure oggi? Riconoscere all'improvviso, alla fine del 1975, che nell'Urss esistono campi di concentramento va molto bene, ma l'ammissione suona anche condanna retroattiva per la campagna del pcf negli anni precedenti contro la te¬ stimonianza di Solzenicyn. Ci guadagna la morale, ma ci perde la credibilità comunista. La nuova linea del pcf, troppo improvvisa per non sconcertare, è poi piena di incoerenze. Dopo le prime perdite elettorali, alla fine del 1974, i comunisti per un anno hanno attaccato i socialisti e, più che mai, l'«antisovietismo». Poi, alla fine del '75, diventano «eurocomunisti». Essi continuano tuttavia a difendere tutti gli aspetti della politica estera sovietica, a combattere ogni passo in direzione dell'integrazione europea occidentale, a negare che l'Urss constituisca un pericolo militare, o che Mosca applichi in modo imperfetto gli accordi di Helsinki, o infine che la Russia periodicamente abbia bisogno di crediti in dollari per rianimare la sua economia paralitica. I comunisti francesi sono «pluralisti», ma appoggiano Alvaro Cunhal in Portogallo. Riprovano la «collaborazione di classe» alla maniera di Helmut Schmidt — la loro «bestia nera» — ma, in vista delle elezioni Jean-Francois Revel (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Alvaro Cunhal, Annie Kriegel, Francois Revel, Francois Revel Pcf, Helmut Schmidt, Kruscev, Solzenicyn, Stalin

Luoghi citati: Helsinki, Mosca, Portogallo, Russia, Ungheria, Urss