Mario Soldati tra cantine e vigneti di Lorenzo Mondo

Mario Soldati tra cantine e vigneti Mario Soldati tra cantine e vigneti Cara Italia contadina Mario Soldati: « Vino al vino », Ed. Mondadori, pag. 283, lire 7500. Esce per la terza volta un Vino al vino di Mario Soldati, un libro di letteratura, come egli ama ripetere, e non un manuale enologico più o meno camuffato. Non si stenta a credergli, sapendo come Soldati sia scrittore fino in fondo alle viscere, e del resto basta, per sincerarsene, aprire questo volume che trasuda voglia e gusto di raccontare. Pur essendo pienamente autonomo alla lettura, è complementare agli altri due già pubblicati, trattando di zone che mancavano alla sua esperienza di scrittore-degustatore: Sardegna, Calabria, Lucania, Molise, Abruzzi, Lazio, Umbria, Liguria e, in Piemonte, le province di Alessandria, Asti, Cuneo. Va detto subito che Soldati, lasciandosi guidare dalla sua esilarante passione, non fa che personalizzare un'antica tradizione e un antico genere letterario: è l'erede infatti dei promeneurs settecenteschi, fossero erborizzatori o archeologi, ed anche di certi rari e bizzarri collezionisti (penso d'impulso alle Lettere odorose del Magalotti). Mentre sarà da attribuire al romanziere Soldati la disponibilità e la cordialità ch'egli pone nei rapporti umani, la curiosità per le storie, spesso secolari, che poggiano sugli archivolti di una ben costrutta cantina, per le incrostazioni culturali che accompagnano i trapianti dei vitigni. In Sardegna Soldati si muove lungo itinerari lawrenciani, scoprendo « vastità nordiche, runiche » e volti aztechi, ricollegandosi a profondità cosmiche attraverso gli enzimi viventi dell'uva e la sua ipersensibilità geologica. Parlando delle vigne ad alberello piantate in Lucania, vi trova qualcosa « dì profondamente diverso dalla monotonia militaresca dei vigneti piemontesi e gesuitica di quelli toscani ». Così, i terreni un tempo episcopali dello scrit- tore Luigi Malerba prendono luce dal duomo di Orvieto arroccato sul tufo; e per il regista Castellani fattosi coltivatore, il vino diventa «transfert di una rivalsa nei confronti di una delusione artistica e morale ». Ma amici intellettuali, nobili campagnards, tecnici aggiornatissimi, viticultori sapienti sono tutti accomunati da una specie di fascinazione per il folletto che si acquatta nella trasparenza di un buon bicchiere di vino. Soldati si cimenta con questa variabile e inafferrabile essenza, « torce il collo » al vocabolario per definirla: «vibrante Vernaccia », « Malvasìa luminosa », « una dolcezza che s'infiltra nell'amarognolo, quasi una freschezza di lampone », « vellica la lingua gradevolmente come un impalpabile velo fragrante e setoso »; ma confessa alla fine l'inadeguatezza di ogni invenzione. Tanto più che esiste una imprevedibile quantità di vini, cui concorrono la natura del terreno, l'esposizione al sole, il dosaggio delle uve, la quantità dei travasi, l'ossigenazione, i luoghi in cui si conservano e perfino il genio linguistico dei produttori. Soldati, è il suo chiodo fisso, mette in guardia dalla possibile frode delle etichette e delle denominazioni di origine, non perde occasione di anatemizzare gli stabilimenti dove « si solfito, si refrigera, si pastorizza », invita gli amatori ad un personale viaggio di ricerca e di scoperta. Vino al vino esalta così, per traslato, una gioia di vivere che non può nascere dallo sradicamento, che non può essere immemore di natura e storia; rammenta l'autenticità e la libertà che stanno al fondo di un lavoro ben fatto; restituisce dignità all'umile e civilissima Italia delle regioni. Diventa perfino, nei modi che sono propri a Soldati, tra innocenza e sfrontatezza, un possibile ritratto d'autore. Lorenzo Mondo