i libri di Luciano Pellicani

i libri i libri Santa rivolta Luciano Pellicani: « I rivoluzionari di professione. Teoria e prassi dello gnosticismo moderno », Ed. Vallecchi, pag. 312, L. 5500. Le rivoluzioni moderne hanno un carattere comune, quello « gnostico », che pare ispirato dallo « gnosticismo », la corrente di pensiero giudaico-cristiana, che s'appella ad una conoscenza speculativa capace di giungere ad un definitivo superamento dei contrasti mondani ed alla liberazione dal male. Da quella inglese di Cromwell alla rivoluzione francese ed alle rivoluzioni novecentesche di ispirazione marxista ci troviamo infatti innanzi ad un'identica idea di fondo: instaurare un processo che trasformi radicalmente la società e faccia nascere un uomo nuovo, completamente trasfigurato. E' un antico ideale religioso, che i rivoluzionari moderni non rinviano all'aldilà. E poiché le rivoluzioni, anche quando coinvolgono grandi masse, sono opera di élites, sono queste che assumono in modo spiccato il contrassegno gnostico. Puritani, giacobini ed attivisti marxisti, sia pur con contenuti diversi, sono intellettuali che si sentono in possesso d'una certa verità superiore da partecipare con qualsiasi mezzo agli altri uomini. Le classi oppresse tutt'al più si ribellano; ma i progetti rivoluzionari sono dovuti a gruppi di intellettuali — gli « attivisti gnostici » — che si sentono emarginati dalla società e si investono della funzione di denunciatori dei mali presenti ed enunciatori della felicità futura. Con il tipo moderno di rivoluzione nasce quindi anche una nuova attività: quella dei « rivoluzionari di professione », che sentono in modo religioso la loro missione. Marx è il grande ideologo dell'intelligencija gnostica. Più che la filosofia di classe del proletariato, la sua opera è « la legittimazione filosofica del desiderio degli intellettuali alienati di pensare ed agire in nome di tutta quanta la società ». Il teorico socialista ha per lui una conoscenza dell'andamento generale della storia ignorato dalla classe operaia; l'intellettuale gnostico diventa così la « coscienza incarnata del proletariato ». Lenin rimase fedele a questa concezione quando distinse il socialismo rivoluzionario — attuantesi mediante le teorie filosofiche, storiche ed economiche, elaborate dagli intellettuali borghesi — dal riformismo tradeunionistico, che esprime solo il bisogno dei lavoratori di migliorare le proprie condizioni. Anzi, egli perfeziona la marxiana filosofia della rivoluzione in una « tecnica della rivoluzione », facendo del Partito rivoluzionario un ordine « poiemo-ierocratico », assai simile agli ordini di monaci guerrieri. Nell'ambito di questo quadro storico, e valendosi della vastissima letteratura sui protagonisti delle rivoluzioni moderne, Pellicani ci dà una minuziosa e pur suggestiva analisi fenomenologica del rivoluzionario di professione: un tipo che, sia pur in scala ridotta, è facile da incontrare per chi viva nelle università. Psicologicamente sono individui che hanno un'alta concezione di se stessi: si sentono eletti ad un grande compito, poiché per essi, dominati dall'ossessione dell'assoluto, non ha alcun interesse il vivere nel relativo. Il loro risentimento per una società, che non li valorizza e li lascia ai margini, si volge infine in uno sfrenato utopismo. Essi rifiutano l'argomentazione pacata ed i valori della società che vogliono totalmente trasformare. Amoralismo e machiavellismo ne sono caratteristiche precipue: ogni strumento di lotta è valido per la realizzazione dei fini ultimi della loro politica filosofica. Dato il carattere sacrale della strategia rivoluzionaria, ne derivano con ferrea coerenza tutti gli aspetti, anche i più repugnanti, della tattica relativa: nella loro prospettiva « l'uomo dev'essere costretto ad essere libero ». Ciò ch'è più singolare in tutta la vicenda storica, da cui emergono i rivoluzionari di professione, è il destino a cui sono andate incontro le realizzazioni da essi suggerite o imposte. Gli esempi sono eloquenti: Io sconvolgimento della vecchia società non ha generato il paradiso in terra, bensì lo Stato burocratico totalitario. E ciò non è, come parve a molti rivoluzionari, tra cui Trotsky, una « degenerazione », ma piuttosto la conseguenza inevitabile della « tirannia gnostica ». Non c'è quindi da stupirsi che l'ideale rivoluzionario termini in uno scacco della concezione gnostica da cui ha preso le mosse. Il motivo di stupore è piuttosto un altro. E' un dato di fatto che si abbiano intellettuali alienati anche nelle democrazie liberali, in cui la politica è concepita « come il regno della diversità e della pluralità degli interessi », e non ci si illude di poter sopprimere una volta per tutte i conflitti. Ma parrebbe incredibile che in tali democrazie si potessero allevare di proposito intere generazioni di giovani intellettuali destinati a sentirsi alienati e respinti dalla società. Eppure l'esempio di questa cosa incredibile l'abbiamo davanti agli occhi: è la politica attuata per le nostre università, generatrici inesauste di laureati disoccupati, in gran parte futuri « attivisti gnostici ». Francesco Barone

Persone citate: Cromwell, Francesco Barone, Lenin, Marx, Pellicani, Trotsky