I lavoratori precari di Giuseppe Galasso

I lavoratori precari I lavoratori precari Gli inattesi risultati di un convegno studentesco al Maschio Angioino Il convegno che gli studenti del corso di laurea in sociologia della facoltà di Lettere dell'Università di Napoli hanno tenuto al Maschio Angioino il 19 e il 20 novembre merita attenzione e farà discutere a lungo per molte ragioni. Ma non c'è dubbio che il lavoro da essi portato a termine in alcuni mesi di attivo e disinteressato « volontariato di studio » sui problemi del proletariato marginale e del sottoproletariato napoletano merita rispetto, innanzitutto per il grosso sforzo che essi hanno fatto per definire l'oggetto del loro interesse sul piano dello studio. Mi provo qui a riassumerne in primo luogo i risultati proprio dal punto di vista della conoscenza di un mondo di cui si paria molto, ma sul quale le informazioni di prima mano e attendibili sono, per antica tradizione, assai scarse. Gli studenti stessi fanno presente che molto della loro ricerca andrebbe, dal punto di vista statistico e materiale, ricontrollato. Però, chiunque li abbia letti ed ascoltati capisce subito, per poco che conosca un po' della realtà napoletana, che il quadro è realmente quale essi lo hanno disegnato. Il punto di partenza è stato costituito dal sasso in piccionaia recentemente lanciato da Giorgio Fuà col suo volumetto: Occupazione e mercato del lavoro. Il caso italiano, edito dal Mulino. Fuà si era chiesto, tra l'altro, se la diminuzione della popolazione attiva sul totale della popolazione, registrata in tutte le statistiche degli ultimi anni, rispondesse davvero alla realtà. La risposta al suo interrogativo era che — a parte l'aumento indiscutibile del numero di pensionati, studenti e altre categorie, per cui è giusto dire che c'è un numero crescente di persone alle quali deve provvedere il lavoro degli altri — c'è un numero anche maggiore di persone che, nella struttura assunta oggi dal processo produttivo, lavorano ben al di là delle cifre ufficiali dell'occupazione, che sono, quindi, in sé e per sé, poco attendibili. Fuà prospettava con ciò l'esistenza di una fascia vastissima di sottoccupati, precari, attivi in secondi e terzi lavori, lavoratori illegali o marginali e così via; e la tendenza di questa fascia ad aumentare, anziché a diminuire con il progresso dell'industria. Gli studenti napoletani lo hanno constatato nella loro città, e hanno descritto i settori in cui il proletariato marginale e il sottoproletariato sono sollecitati a formarsi. Si tratta di settori molteplici e differenziati. Vi appartengono in primo luogo le ditte che hanno appalti da parte dell'industria in attività che vanno dalla pulizia all'imballaggio, al trasporto a breve e media distanza e così via. Naturalmente, se il committente cambia la sua organizzazione, l'appalto immediatamente svanisce. Ma non è questa la sola ragione di precarietà per chi vi lavora, visto che si può calcolare più o meno ad un terzo la percentuale di coloro che sono in regola col contratto e le assicurazioni e la previdenza sociale. Un'altra vasta branca è quella che nella storia economica si chiama della « manifattura sparsa »: la commessa, cioè, di lavoro a piccoli laboratori, nuclei familiari, singoli lavoratori di pezzi e parti del prodotto industriale venduto poi sotto etichette spesso prestigiose e costosissime o addirittura dell'intero prodotto. Vi sono interessati il calzaturificio, le confezioni di abbigliamento, la pelletteria, lo scatolificio, il mobilificio e, in genere, le manifatture di consumo più rapide. Gli studenti napoletani lasciano pensare che più della metà della produzione di alcune grandi firme italiane passi per questa via. Il profitto è altissimo: una tomaia lavorata costa 150 lire; una scarpa completa 1500 lire. Aggiungetevi un duemila lire di materia prima e le spese generali e di distribuzione e, con un'etichetta importante, avrete il paio di scarpe da 40.000 lire, immesso sul mercato come prodotto in Lombardia o in Piemonte. Qui l'illegalità è completa: tranne la minoranza degli occupati in piccoli laboratori, per il resto si lavora del tutto fuori di ogni norma. Le commesse sono fatte da persone che mutano ogni giorno e passano coi loro mezzi di trasporto per il vicolo in cui si sa che una data attività ha luogo. Il prodotto viene ritirato dagli stessi in giornata o a scadenza fissata. Impossibile stabilire se questi committenti mutevoli, che si possono rivedere di tanto in tanto, lavorino per commessa di altri committenti, se appartengano alla ditta che poi etichetterà il prodotto o se siano legati ad essa da altri rapporti. Nei casi delle produzioni più importanti, il produttore o il mediatore locale ha rapporti diretti con la ditta di vertice e si reca egli stesso a ricevere la commessa fuori di Napoli; ed è spesso un uomo d'affari intraprendente, con esperienza delle lingue, del mondo industriale regolare e con patrimoni e profitti a loro volta ingenti. In altri casi i produttori del vicolo o della cittadina suburbana (la marginalità e gli altri fenomeni interessano un po' tutta l'area metropolitana) ricevono in fìtto, a condizioni onerosissime (che accrescono la loro necessità di sfruttare il lavoratore dipendente da essi) alcune attrezzature: torni, macchine varie. L'industria committente bada, in ogni caso, a salvaguardare la sua esclusività tecnica in questo e in tutti gli altri rapporti coi suoi « reparti fuori fabbrica». In tal modo la grande industria lontana si configura come una realtà a due piani: uno collocato nel nostro secolo e distinto dai rapporti sociali che si esprimono, fra l'altro, in un proletariato moderno, agguerrito, protetto dalla legge e tenuto in regola con essa; il secondo collocato nella realtà industriale di uno o due secoli fa, con altri salari, altri orari di lavoro, senza protezione sindacale, legale o contrattuale e senza personalità sociale, non diciamo riconosciuta, ma nemmeno visibile. E, tuttavia, la realtà dolorosa di questa condizione umana è ben lontana dal finire a questo punto. Giuseppe Galasso

Persone citate: Fuà, Giorgio Fuà, Mulino

Luoghi citati: Lombardia, Napoli, Piemonte