Incomincia il processo dei "nap" una storia di violenze e di sangue

Incomincia il processo dei "nap" una storia di violenze e di sangueIn assise a Napoli la pericolosa organizzazione Incomincia il processo dei "nap" una storia di violenze e di sangue Ventisei imputati con 199 capi di imputazione: sequestri, rapine, furti - Il gruppo è nato dal contatto tra studenti dell'ultrasinistra e delinquenti comuni "politicizzati" Napoli, 20 novembre. Una esplosione devasta un quartiere al primo piano di via Consalvo 109, nel quartiere di Fuorigrotta. Sono le 19,20 dell'll marzo dell'anno passato. Per lo scoppio, Giuseppe Vitaliano Principe, studente, ex militante di Lotta i continua, muore dilaniato: stava confezionando una bomba, gli è esplosa fra le mani. Un suo compagno, Alfredo Papale, anch'egli ventitrenne e studente, figlio di un generale in pensione, è ferito da 119 schegge e scaraventato dalla finestra. L'ordigno dirà l'accusa, era destinato ad un attentato contro i missini napoletani. Nell'appartamento vengono trovati armi, esplosivi, documenti, schedari, banconote per 41 milioni, parte del riscatto pa- e e l e o a 0 è o o e u8 n r, a e eii- gato per la liberazione dell'industriale del cemento Giuseppe Moccia. E' una base dei Nuclei armati proletari, organizzazione che si pone alla sinistra di tutte le sinistre e che fa della lotta armata pratica quotidiana. Sulle imprese di questo gruppo si apre lunedi, alla Corte d'Assise, il processo, ed è fin troppo facile prevedere, nella rievocazione di questa lunga storia di sangue e di violenze, di disperazione, ma anche di speranze, un dibattimento drammatico. Ancora sconosciuti, i Nap scrissero di se stessi: «I nuclei armati proletari sono nati da precise esperienze di massa in vari settori, che hanno spinto alcuni compagni a porsi concretamente il problema della clandestinità. Per noi, clandestinità significa conquistarci strutture politiche ed organizzative che ci mettano in grado di sviluppare e consolidare tutte quelle esperienze di lotta violenta illegale che sono state e sono un momento centrale' per la crescita dell'autonomia proletaria e dell'alternativa rivoluzionaria nello scontro di classe in Italia, oggi. Per lotta violenta illegale intendiamo sia esperienze di massa, quali l'occupazione della Fiat, San Basilio, le giornate di aprile a Milano, sia la lotta condotta da avanguardie armate clandestine che autonomamente compiono tutte quelle azioni che, pur rispondendo a profonde e generalizzate esperienze del movimento rivoluzionario in una fase come quella attuale (che secondo noi non si può considerare pre-insurrezionale) non è possibile organizzare a livello di massa». I primi militanti vennero reclutati, sembra, proprio a Napoli, fra il gennaio e il maggio 1974. La componente era duplice: studenti ed ex detenuti, ed è forse questa la caratteristica unica dei Nuclei armati proletari. E' proprio nelle carceri che i detenuti comuni vengono a contatto con studenti politicizzati, ne ascoltano i motivi di ribellione, alcuni li assorbono, altri li fanno loro. Quello che i Nap predicano, dunque, è ancora un passo più in là della «violenza che si deve opporre alla violenza di Stato»: è la guerra totale. Dicono, nella requisitoria di rinvio a giudizio, i sostituti procuratori della Repubblica Giovanni Volpe e Lucio di Pietro, che sosterrà l'accusa pubblica in aula: «Combattono contro lo Stato, quindi, visto come complesso d'istituzioni al servizio di una classe dominante». Gli imputati sono ventisei. In aula mancheranno Martino Zichitella, fuggito dal carcere di Lecce nell'evasione collettiva alla quale prese parte anche Graziano Mesina, e Petra Krause, detenuta a Zurigo ma dichiarata «irreperibile» dal giudice istruttore, che pure l'aveva interrogata poche settimane avanti. Il numero dei capi d'imputazione è incredibilmente cospicuo: 199, poco meno di un terzo del totale dei 734 reati elencati nel Codice penale. Sul mandato di cattura di un imputato, Giovanni Gentile Schiavone, ne figurano 133. Tra l'altro, i nappisti sono accusati di associazione sovversiva costituita in banda armata, di rapina, di sequestro di persona e di sostituzione di persona, di porto abusivo d'armi, di detenzione di materiale esplodente, di furto. La loro storia si snoda lungo un cammino intriso di sangue. I Nap eseguono sequestri di persona a scopo d'estorsione, per autofinanziarsi: il 25 luglio del 1974 è rapito Anto- e l | nino Gargiulo, figlio di un gii necologo napoletano. Riscatto pagato, settanta milioni. Poi, in dicembre, un miliardo è il prezzo per la liberazione di Moccia. Ma ci sono anche i morti, numerosi. Il 19 ottobre di quell'anno, a Firenze, sono uccisi dai carabinieri, all'uscita da una banca ove avevano compiuto un «esproprio», Giuseppe Romeo e Luca Mantini. Ai primi di maggio, sul tetto del manicomio criminale di Aversa, definito «lager» anche da organi ufficiali, salta in aria Giampiero Taras: in tasca aveva una bomba e in mano stringeva una bandiera rossa che voleva piantare sul tetto. E ancora, il 9 luglio successivo, a Roma, un colpo sparato a bruciapelo uccide Anna Maria Mantini. Rientrava in un appartamento trasformato in base, un brigadiere le ha sparato a bruciapelo. Nel maggio '75, comunque, l'azione più clamorosa. A Roma è catturato il giudice Giuseppe Di Gennaro, impegnato nello studio della riforma carceraria. Rimarrà prigioniero alcuni giorni e sarà rilasciato l'il maggio, dopo un tentativo d'evasione dei nappisti Pieto Sofia, Giorgio Panizzari e Martino Zichitella. L'istruttoria è stata condotta a marce forzate. Dice Saverio Senese, del «soccorso rosso» napoletano, uno dei trentacinque avvocati che compongono il collegio di difesa: «In sei mesi l'hanno chiusa, quando a Napoli i tempi per una normale istruttoria per rapina sono di due anni». Senese, in una conferenza stampa, ha poi elencato una lunga serie di «maltrattamenti inflitti agli imputati, di vessazioni, di torture, durante la detenzione» e di «ostacoli posti alla difesa». Continua: «Da soli otto giorni sono a Napoli, prima erano sparsi in tutte le carceri d'Italia ed era impossibile raggiungerli: quando uno di noi si recava in una prigione per un colloquio ci informavano che erano appena partiti. Claudio Carbone, fra agosto e settembre, ha cambiato venti volte penitenziario». In città c'è tensione, agli angoli delle strade ci sono posti di blocco, si parla di «stato d'emergenza». Si teme, insomma, che i Nap si facciano vivi in occasione del processo. Vincenzo Tessandori Alfredo Papale