Il prezzo del petrolio nei colloqui di Perez di Franco Mimmi

Il prezzo del petrolio nei colloqui di Perez Il Presidente venezuelano a Roma Il prezzo del petrolio nei colloqui di Perez Roma, 17 novembre. Il presidente del Venezuela, Carlos Andrès Perez, è giunto stamane a Roma insieme con la moglie, alcuni ministri (Ramon Escovar-Nalom, affari esteri; Manuel Perez Guerrero, affari economici; Carmelo Lauria Lezzer, produzione), il presidente dell'Istituto del commercio Estero (Reinaldo Fugueredo Planchart) e l'ambasciatore all'Onu. E' stato accolto dal presidente della Repubblica, Leone, accompagnato dalla signora Vittoria. Per il governo era presente il ministro Pedini. Vi erano anche l'ambasciatore venezuelano a Roma, Proilan Alvarez Jepez, e quello d'Italia a Caracas, Silvio Falchi. E' la prima volta che un capo di Stato venezuelano visita l'Italia, anche se i rapporti tra i due Paesi sono sempre stati buoni (nel 1965 si recò a Caracas l'allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat). Alle 15,30 il presidente del Venezuela si è recato a rendere omaggio al milite ignoto, quindi al monumento a Simon Bolivar, l'eroe sudamericano dell'indipendenza. Alle 17,30, primo colloquio con Leone, mentre si incontravano anche i ministri degli Esteri — Forlani e EscovarNalom — per una prima analisi dei punti che di questa visita sono all'ordine del giorno: la situazione dell'America Latina, i rapporti con la Cee, uno scambio di idee sulla riunione conclusiva della conferenza Nord-Sud (tra nazioni produttrici di materie prime e nazioni consumatrici), che si terrà a Parigi in dicembre. I fattori che hanno mantenuto ottime, per tutti questi anni, le relazioni tra Italia e Venezuela sono di ordine politico e economico. Perez, che e stato eletto presidente alla fine del '73 per il periodo 1974-79, è sostenitore di una linea democratica che nel Sudamerica trova ben pochi riscontri: il suo programma di governo ha come base l'equa distribuzione della ricchezza (una grande ricchezza, che si chiama petrolio), potenziamento dell'agricoltura, ferma posizione contro i regimi dittatoriali (ha duramente condannato la giunta fascista di Pinochet). Dunque, è per il mondo occidentale un valido interlocutore, tantopiù perché ha avviato anche un rimarchevole piano di politica estera con il quale ha rivendicato la piena autonomia dagli Stati Uniti (è del 1° gennaio di quest'anno la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere americane che operavano nel Paese), ha dato vita al Sela (Sistema economico latino■americano) per difendere i prezzi delle materie prime, si è rivolto alla Cee (e in particolare all'Italia) per avviare nuovi rapporti con Paesi ad alto livello tecnologico. Dal punto di vista economico, è da rilevare che gli scambi con il nostro Paese sono da tempo attivissimi (nel '75 abbiamo importato merci per 104 miliardi, soprattutto petrolio e ferro, e esportato per 210 miliardi). I campi in cui gli italiani operano in Venezuela riguardano fino a oggi soprattutto la siderurgia, i trasporti e la cantieristica. Tra le opere più importanti realizzate laggiù, l'impianto siderurgico dell'Orinoco, impianti petrolchimici e meccanici. Alla base di questi buoni rapporti bisogna considerare la presenza in Venezuela di oltre duecentomila italiani, fortissimi specialmente nei settori della piccola e media industria. La grande ondata di emigrazione avvenne negli anni Cinquanta. Si bloccò nel '58, quando Caracas decise di chiudere le frontiere. Ma ora le crescenti necessità dell'industria locale, i grandiosi programmi di sviluppo, hanno riaperto le porte alla mano d'opera specializzata proveniente sia dal resto dell'America Latina, sia dall'Europa (solo nel settore delle costruzioni sono richiesti 10 mila operai specializzati, e per ■■illuni nulli iiiiiiitiiiit imi duemila è già pronta l'autorizzazione per l'immigrazione). Nei colloqui romani, uno dei protagonisti sarà certamente il petrolio. Ieri, all'Onu, Perez ha dichiarato che i Paesi del Terzo Mondo produttori di greggio sono decisi a ricorrere «ragionevolmente ma con fermezza» al potere contrattuale che viene loro dall'oro nero. Il Venezuela è tra quelli che alla prossima conferenza dell'Opec (che si svolgerà a metà dicembre a Doha, nel Qatar) chiederanno grossi aumenti: il 25 per cento. Perez sostiene che i Paesi produttori non sono responsabili dell'inflazione che ha colpito l'economia mondiale, e poiché le merci importate dai Paesi dell'Opec sono cresciute negli ultimi due anni del 40 per cento, egli ritiene necessario un adeguamento dei prezzi del greggio. Sarebbero gli stessi Paesi produttori nel piano di Perez, a compensare finanziariamente le nazioni del Terzo Mondo non produttrici. Un aumento del greggio anche solo del 10 per cento comporterebbe per l'Italia un maggior onere annuo di oltre 700 miliardi. E' dunque evidente che ogni accordo che potesse avvenire tra Roma e Caracas in tema di petrolio sarebbe un aiuto notevole alla nostra disastrata situazione economica. Non si esclude che propro in questo senso — con forniture di greggio — possa essere usato il nostro attivo negli scambi tra i due Paesi, attivo che dovrebbe aumentare grazie a una maggiore presenza delle industrie italiane nel Venezuela. Significava a questo riguardo la serie di incontri che Perez avrà con i maggiori esponenti del mondo economico italiano: da Petrilli (Ili) a Sette (Eni), da Agnelli (Fiat) a Angelini (Enel), da Ratti (Montedison) a Jacoboni (Efirn). Fin da ieri il presidente Leone, in un'intervista rilasciata alla televisione venezuelana, dopo avere ricordato i vincoli di simpatia e tradizioni comuni delle due nazioni, aveva dichiarato che l'amicizia con il Venezuela, «al quale riteniamo di poter offrire quanto di valido ha espresso il nostro progresso industriale e tecnologico», sarà di grande utilità per il nostro Paese. Franco Mimmi 111 111 11 presidente Perez