Tito e Breznev: come restare in un cordiale disaccordo

Tito e Breznev: come restare in un cordiale disaccordo Conclusa la visita del leader russo a Belgrado Tito e Breznev: come restare in un cordiale disaccordo La visita di Leonid Breznev a Belgrado non sembra aver cambiato, né in meglio né in peggio, lo stato dei rapporti russo-jugoslavi. La tradizione è stata rispettata. Sempre, alla vigilia dei rari incontri al vertice tra sovietici e jugoslavi, si fa molto rumore (forse proprio perché sono così rari) per poi accorgersi, a colloqui conclusi, che è stato per nulla. Si esaminano alla lente d'ingrandimento le parole dei brindisi, si studia da tutte le angolature la mimica dei protagonisti per rendersi conto, alla fine, che parole, sguardi e gesti non riescono a nascondere una reciproca diffidenza di fondo, storica e istintiva. La sintesi migliore del viaggio di 49 ore di Breznev è stata offerta da un portavoce jugoslavo: l'Unione Sovietica e la Jugoslavia, ha detto, allargano la cooperazione, ma restano divergenze, che riflettono la diversa collocazione internazione dei due Paesi e i differenti modelli di sviluppo interno. All'analisi degli osservatori é stato offerto un documento di una ventina di pagine, firmato da Tito e da Breznev, sostanzialmente privo di novità. Vi si ritrovano, soprattutto, echi di testi antichi e recenti: la dichiarazione Tito-Kruscev del 1955 (che gli jugoslavi considerano il decalogo dei rapporti con Mosca), la dichiarazione Tito-Brez nev del 1971 (con la quale Breznev sperava di cancellare dalla storia il documento krusceviano), la risoluzione finale del «vertice» dei «non allineati» a Colombo, in agosto, e il documento conclusivo della conferenza comunista paneuropea di Berlino, in giugno. Ma, più che i documenti pubblici e ufficiali, conta quello che si sono detti Tito e Breznev durante la solitaria passeggiata di martedì pomeriggio nei boschi di Dobanovce. Non si hanno testimonianze dirette su quella chiacchierata a quattr'occhi, ma si può egualmente individuare il contenuto della contrattazione attraverso le sapienti indiscrezioni filtrate dalle fonti autorizzate jugoslave. Breznev ha cercato di dimostrare a Tito che la distanza politica tra la Jugoslavia e la «comunità socialista» in gestazione nell'Europa orientale (il parto avverrà, forse, la prossima settimana a Bucarest, in occasione del «vertice» del Patto di Varsavia) si sta sempre più riducendo. Ma Tito ha replicato che la «comunità socialista» — o «nazione socialista», come dicono cecoslovacchi e bulgari — comprende soltanto i Paesi del Patto di Varsavia, mentre la Jugoslavia è estranea ai blocchi. Breznev ha tentato di convincere Tito affinché la Jugoslavia svolga in futuro un ruolo particolare tra i «non allineati», funga cioè da «trait d'union» tra i Paesi non allineati e i Paesi socialisti. Ma Tito, anche nel brindisi ufficiale, ha risposto che il «non allineamento» è un fattore indipendente e insostituibile nei rapporti internazionali. Breznev, insomma, ha continuato quel paziente lavoro di recupero della Jugoslavia nell'area socialista europea e nell'ortodossia ideologica, che i sovietici conducono ormai da molti mesi e finora senza molto successo (ma i russi sono pazienti e sanno che la congiuntura economica giuoca a loro favore). In cambio ha offerto certe garanzie per l'indipendenza jugoslava espresse pubblicamente nella metafora del «Cappuccetto rosso» jugoslavo, che non corre alcun rischio di essere divorato dal «lupo» sovietico. Ma, ammesso che gli jugoslavi siano disposti in generale a fidarsi delle garanzie sovietiche, resta da chiedersi — nel caso specifico — quale valore possano avere le garanzie fornite dal settantenne Breznev all'ottantaquattrenne Tito. Le cronache giunte da Belgrado ci hanno portato l'immagine di due statisti anziani e in condizioni di salute imperfette. Per la prima volta, Breznev portava in pubblico un apparecchio acustico, segno che l'oscuro male alla mascella non è stato completamente debellato, anzi continua ad indebolire le condizioni fisiche generali del «leader» sovietico. Tito, da parte sua, ha dato l'impressione di non essersi completamente ristabilito dall'indisposizione che lo ha colpito in settembre e gli ha imposto quasi due mesi di cure e riposo. 1 successori di Tito possono fidarsi dei successori di Breznev, specie quando a Belgrado si dice apertamente che la «linea Breznev» non è la linea di tutto il «Politbjuro»? A conforto delle nostre osservazioni vorremmo riferire, per concludere, un episodio accaduto stamane, durante la conferenza stampa del portavoce jugoslavo, e raccontatoci da un testi mone oculare. Un giornalista jugoslavo ha chiesto maliziosa mente al portavoce: «A che punto siamo con la storia del lupo che non intende divorare Cappuccetto rosso?». «E' una domanda delicata — ha risposto il portavoce — sarebbe stato meglio non porla». A questo punto, il corrispondente della Pravda, con la voce alterata dall'irritazione, ha rimbeccato il portavoce jugoslavo: «In questo modo, lei alimenta tutti gli equivoci che la visita avrebbe dovuto eliminare». Paolo Garimbertì Belgrado. Il maresciallo Tito